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Lo scippo dei fondi per il Sud

La Corte dei Conti mette sotto esame l'utilizzo del Fondo per le aree sottoutilizzate, finito a finanzare il taglio dell'Ici, gli ammortizzatori sociali, il ripiano dei debiti di Roma

di Francesco Dente

La Corte dei Conti tira le orecchie al Governo sui fondi per il Sud. Il ricorso alle risorse per il Mezzogiorno per finanziare la spesa ordinaria statale rischia di alterare la programmazione delle politiche di sviluppo e di far naufragare gli interventi di riequilibrio territoriale. Il Fondo per la aree sottoutilizzate (Fas), osserva in sintesi la magistratura contabile, non è il bancomat del Governo. Nel quadrimestre gennaio-aprile 2009, l’ultimo preso in esame, la copertura economica delle leggi varate dal centrodestra è stata assicurata, infatti, prelevando ancora una volta dal Fas.

È il caso, ad esempio, delle norme per il diritto allo studio universitario che prevedono il finanziamento di alloggi e di borse di studio. La relazione della Corte dei Conti interviene su un argomento, i soldi destinati alle regioni meridionali, al centro di aspre polemiche fra Pdl e Pd in questo primo anno di Governo Berlusconi. Sul tema, tuttavia, era mancata finora una voce autorevole e terza che facesse chiarezza. La parte preponderante degli oneri di spesa delle ultime leggi, certificano i magistrati, ha trovato copertura «attraverso diverse forme di riduzione di precedenti autorizzazioni di spesa». Il primo fondo a rimetterci è stato, appunto, quello per il Sud. Per finanziare interventi attuativi di politiche pubbliche ordinarie «non direttamente connessi con la missione concernente il riequilibrio territoriale» si è fatto ricorso, infatti, in modo «massiccio» al Fas.

I fondi per il Sud sono serviti per finanziare di tutto e di più: dal taglio dell’Ici, agli ammortizzatori sociali, al ripiano dei debiti di Roma e Catania. Un prelievo che rischia di snaturare la funzione di queste risorse: e cioè il «principio di addizionalità». Si tratta, infatti, di somme che si aggiungono a quelle comunitarie per sostenere le politiche di riequilibrio territoriale delle aree depresse.

L’utilizzo, invece, per le politiche ordinarie non finalizzate allo sviluppo del Sud «altera infatti il quadro complessivo di riferimento della programmazione unitaria». E i primi effetti, sottolinea la Corte, iniziano a vedersi. «Risulta infatti che, già anteriormente al quadrimestre in esame, i tagli al Fondo e la riprogrammazione per intero della destinazione della quota nazionale hanno comportato la sospensione di una serie di interventi, alcuni dei quali previsti in specifiche disposizioni normative». Si tratta di una pratica, osservano i giudici contabili, che «rientra a pieno titolo nella fisiologia del sistema» ma che presuppone «accurate indicazioni – da fornire nella relazione tecnica – sui motivi del mancato utilizzo delle risorse per la finalità cui erano originariamente destinate». Il Governo, invece, rincara la dose la magistratura, ha omesso queste indicazioni «nella quasi totalità dei casi anche nel quadrimestre in esame».

L’indicazione degli interventi connessi al Fas e della parte di Fondo a cui si rinuncia a favore della copertura di nuove leggi di spesa, continua la Corte, consentirebbe «anche di poter valutare con migliore approssimazione i diversi tempi degli effettivi pagamenti e pertanto i diversi effetti sugli aggregati di finanza pubblica». Insomma, l’operato del Governo, dice tra le righe la magistratura contabile, rischia, non solo di penalizzare il Sud, ma anche di rendere meno agevole la lettura del bilancio dello Stato.


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