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Lo schema vuoto de: “I ragazzi del Presidente vs i ragazzi di Primavalle”

«Sono sempre gli adulti a parlare per conto dei giovani, una sorta di ventriloquismo paternalista che genera una narrazione che si incastra perfettamente nel nostro senso comune: giovani cattivi, amorali, devianti versus giovani buoni, docili e mansueti. Occorre invece cambiare questa rappresentazione e lasciare ai ragazzi la libertà di raccontarsi» L'intervento del direttore di Ashoka Italia

di Federico Mento

Crescere nella società italiana non è affatto semplice. Siamo uno dei Paesi più "vecchi" al mondo, scivolati da oltre 30 anni in una crisi sistemica. Crescita stagnante, salari bloccati, mobilità sociale ferma, maggiori squilibri demografici, disparità territoriale aumentata. Un Paese ingessato da un modello di governance farraginoso, figlio di una Politica senza visione del futuro, ripiegata sull'autoconservazione, quasi disinteressata alle priorità dei cittadini. Il dibattito pubblico appare desolante, l'ingegneria elettorale, avvicinandoci al voto, diviene il nuovo mantra di partiti, da tempo privi di autorevolezza e capacità di rappresentazione.

Perché il futuro delle giovani generazioni non appare nell'agenda pubblica? Una sorta di specchio deformante restituisce immagini stereotipate dei giovani. Da una parte, i fatti di cronaca contribuiscono ad alimentare una rappresentazione sensazionalistica che mira a presentare l'equazione giovani-disagio-devianza. Giorni addietro, un autorevole quotidiano nazionale, riferendosi alla vicenda delle violenze di Primavalle a Roma, titolava "Un capodanno di sesso e violenza, il selfie di una generazione". Come a dire, vi presentiamo un'intera generazione in uno scatto. Eppure, approfondendo quel triste episodio, appaiono sulla scena adulti tutt'altro che irreprensibili. Perché non indagare, allora, la dimensione intergenerazionale e, magari, la crisi dei ruoli genitoriali, che paradossalmente si muovono tra l'iperprotezione e l'assenza di interesse.

Oppure, quando i giovani si attivano, sfuggendo alla rappresentazione della devianza, debbono necessariamente essere inscritti nelle nostre mappe mentali. Le studentesse e gli studenti scesi in piazza a seguito del tragico incidente nel quale ha perso la vita Lorenzo Parelli, diventano i "ragazzi del Presidente". Di nuovo, non consentiamo loro di esercitare la propria autonomia nemmeno nella manifestazione del conflitto. Giovani cattivi, amorali, devianti versus giovani buoni, docili e mansueti.

Se vogliamo davvero affrontare la questione giovanile dobbiamo smontare, pezzo per pezzo, queste modalità di rappresentazione. Perché la voce dei giovani deve essere sempre "mediata"? Nel dibattito pubblico, sono sempre gli adulti a parlare per conto dei giovani, una sorta di ventriloquismo paternalista che genera una narrazione che si incastra perfettamente nel nostro senso comune. Porre il tema della rappresentazione, far si che i giovani possano avere "voice", senza mediazioni depauperanti, diviene oggi una condizione fondamentale per rigenerare la scuola, l'università, le politiche, i modelli di partecipazione, la società. Facciamo un passo di lato, lavoriamo ad un patto intergenerazionale multi-attore per smontare stereotipi, lasciamo che i giovani possano raccontarsi, anche da questo dipende la qualità del futuro in cui vivranno e agiranno.


In foto un gruppo di giovani del Csi

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