Sostenibilità

Lo scandalo salmoni pazzi: di selvaggio solo il guadagno

Allarme per le condizioni in cui nel Nord Europa si alleva il pesce più natalizio che c’è. Con gravi rischi per l’ambiente e la salute. di Elisabet Lovagnini

di Redazione

Pensi al salmone, alla sua carne rosa. Alle acque vorticose piene di pesci guizzanti che nuotano controcorrente, risalendo rapide e cascate. Pensi all?eleganza, al ritmo, alla potenza di quel pesce prelibato. Immaginatevelo bene, quell?ipotetico salmone, perché i prossimi che mangerete avranno poco in comune con quei pesci atletici che navigano nelle rapide di montagna. Per quanto concerne il color rosa, infatti, non è altro che quello di un inchiostro colorante. E in quanto a risalire turbinose correnti, lo ha fatto tante volte quanto l?assistente dell?allevamento di pesci da cui proviene. Il salmone ha smesso di essere un simbolo di libertà ed è ormai ridotto male, come il resto degli animali imprigionati in allevamenti, spesso inquinanti. Oggi consumiamo tre volte più salmone di dieci anni fa: 35 milioni d?esemplari l?anno. Ci fanno credere che sia dello stesso tipo della specie di fiume e, addirittura, il governo britannico lo raccomanda per una dieta sana ed equilibrata. Ma, per la stragrande maggioranza dei salmoni, l?habitat naturale è un recinto di acqua marina trattata chimicamente, infettata di insetti e di solito tossica. Un habitat a chiazze rosse Se un essere umano decidesse di visitare alcuni allevamenti norvegesi di salmone, la prima cosa che osserverebbe sarebbe il colore caratteristico che presenta la superficie dell?acqua. Macchie arancioni galleggiano ovunque, fino a quando non si sedimentano sul fondo. E solo un attento esame permette di conoscere la natura di quelle chiazze: escrementi. La ragione per cui i salmoni in cattività producono simili macchie non è propriamente dovuto al fatto che si sottopongano ad una dieta migliore, anzi? Se per i salmoni selvatici la colorazione rosea è naturale e rappresenta il semplice risultato del loro menù, negli allevamenti questo colore ha un?origine molto più elaborata. I salmoni ingabbiati contro natura hanno, infatti, un aspetto grigiastro per nulla appetibile, ed è per restituire loro il caratteristico color rosa che sono nutriti con pillole contenenti tinture artificiali. Pillole così elaborate che il proprietario dell?allevamento può scegliere il tono esatto che desidera dare ai suoi salmoni. Gli effetti di questi coloranti sono persistenti a tal punto da modificare persino gli escrementi. Contengono carne di pesce, olio trattato di anguilla, altri pesci e, molto sovente, pezzi di salmoni morti prima di essere sacrificati per il consumo. Ovviamente, la composizione delle pillole coloranti non è pubblicizzata da nessuna parte anche perché, dopo la recente crisi della mucca pazza, i consumatori sono molto restii a consumare carni di animali che siano stati nutriti con alimenti provenienti dalla loro stessa specie. Ma tant?è. Il fotografo Christoph Gerigk ha potuto osservare in Norvegia come i salmoni morti vadano in decomposizione solo dopo lunghi periodi di tempo. Gerigk descrive le sue passeggiate tra gli allevamenti norvegesi come qualcosa di simile a «camminate tragiche tra un mare di yogurt con alcuni pezzi gelatinosi che vibrano in superficie». Ma non sono solo flaccidi: molti di questi esemplari presentano malformazioni, risultato di mutazioni genetiche per gli effetti secondari delle sostanze che sono loro somministrate. Tra le mutazioni più comuni si annoverano l?atrofia delle pinne, il ventre ingrossato in modo abnorme, le mandibole inferiori invertite e la cecità. Pidocchi e foruncoli killer Non c?è prova che questo succeda anche negli allevamenti che si moltiplicano nelle isole del nord della Scozia, anche se l?attuale legislazione di Glasgow impone solamente di concedere ai salmoni un qualche spazio dove potere sopravvivere. E quelli scozzesi sono ?compressi? in densità che arrivano anche a 20 chili di salmone per metro cubo di acqua. Il che significa che ogni salmone adulto (di 90 centimetri di lunghezza e 3,7 chili di peso) dispone di una quantità di acqua equivalente a quella che contiene una normale vasca da bagno (e cioè 185 litri). Ma non è solo una questione di maltrattamento animale. Tra i salmoni d?allevamento sono molto comuni le infezioni da pidocchi marini. Che fanno veri e propri banchetti, si riproducono come mosche e penetrano attraverso la pelle del salmone fino ad arrivare alla carne. Quando finiscono il loro ?lavoro?, la vittima morta si trasforma in oggetto d?attacchi da parte di altre specie di pesci, tra le quali bisogna includere (e questa è la cosa più dannosa) gli stessi salmoni. Anche in Scozia sta diminuendo rapidamente il numero dei salmoni in libertà perché gli allevamenti sono posti sulle loro rotte migratorie. Il dottor James Butler, biologo dell?associazione Wister Ross, dà il suo contributo con cautela da scienziato: «Disponiamo di prove abbastanza certe che dimostrano come i fiumi delle aree in cui ci sono gli allevamenti siano più infestati di pidocchi marini di quelli delle altre zone». Ma la piaga dei pidocchi non è la sola calamità che portano con sé gli allevamenti. Prigioni marine così popolate, infatti, sono luoghi perfetti per incubare ogni tipo di malattia. All?inizio degli anni 90, apparve in Scozia una virulenta foruncolosi killer che causò emorragie interne e la morte di molti pesci per setticemia, malattia che arrivò sino alle ?fattorie del salmone? norvegesi da dove si estese a sua volta, contaminando i pesci liberi dei fiumi. Alcuni anni più tardi, nel 1998, l?apparizione di un?anemia infettiva dei salmoni portò all?eliminazione di più di quattro milioni di esemplari, alla chiusura definitiva del 25 per cento delle installazioni industriali scozzesi e alla messa in quarantena del rimanente 75 per cento. In piena crisi del settore, poi, 17mila salmoni provenienti da un allevamento della costa occidentale riuscirono a scappare e a mischiarsi ai salmoni selvatici. Ma non è ancora tutto. I pescatori della Scozia guardano ormai alle acque dei loro fiumi con ansia. Quello che temono è qualcosa di molto peggiore dell?afta che ha colpito gli ovini: una piaga capace di uccidere tutti i salmoni esistenti, il ?gyrodactilus salaris?, un parassita microscopico letale che ha già portato alla bonifica di 42 fiumi in Norvegia. Contagiosissimo, per diffondersi da un fiume all?altro gli basta il contatto con uno stivale in gomma di un qualsiasi pescatore. Il nemico? La contaminazione A lungo termine, però, gli elementi più nocivi non saranno né le malattie né i parassiti, bensì gli stessi salmoni d?allevamento. In Scozia, dove il numero di fughe dagli allevamenti si è quintuplicato in due anni, passando da 95mila esemplari nel 1998 a 491mila nel 2000, i pescatori di fiume catturano quattro salmoni d?allevamento evasi per ogni esemplare selvatico. E in molti fiumi i fuggiaschi raggiungono ormai il 90 per cento della popolazione dei salmoni, incrociandosi con quelli liberi a un ritmo frenetico. La popolazione di salmoni selvatici sarà quindi presto composta dai discendenti dei salmoni d?allevamento, evasi dalle fattorie. Ci saranno pesci nell?acqua e sui tavoli ma, di fatto, l?autentico salmone sarà scomparso per sempre. Resta da chiedersi come mai le autorità non intervengono quando, secondo i criteri dell?Unione mondiale per la conservazione della natura, il salmone naturale dell?Atlantico (e cioè i salmoni nativi dei 129 fiumi scozzesi), dovrebbero essere classificati come specie in via di estinzione. Inoltre, durante l?estate del 1999, 10mila chilometri quadrati delle coste scozzesi hanno dovuto chiudere la coltivazione di frutti di mare a causa dell?inquinamento della zona. E delle 60 installazioni che hanno dovuto cessare l?attività, 57 confinavano con gli allevamenti di salmone. La lista dei disastri non finisce qui: oltre a residui organici inquinanti, vanno a finire in mare anche pesticidi, potenti e non tutti legali, usati per combattere i pidocchi di mare. Pare che tra le autorità di Glasgow cominci a esserci qualche preoccupazione e si prospetta un futuro in cui gli allevatori di salmone dovranno cooperare con i loro vicini, gli allevatori di frutti di mare. Saranno costretti a pescare in un unico periodo dell?anno e, dopo, a svuotare le gabbie per sei mesi, per disinfestare le acque dai pidocchi. Il futuro dei pochi salmoni selvatici rimasti dipende tutto da come e se questa nuova politica di collaborazione igienico ambientale, sarà attuata. Ma, finché le cose non cambieranno, banchettare con salmone potrebbe riservare qualche sorpresa. Non propriamente natalizia.


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