Welfare

Lo scandalo dei falsi naturali. Il biologico cerca setacci

Riso convenzionale spacciato per biologico, mangimi naturali inquinati dal transgenico: dopo la grande crescita degli anni scorsi si apre la stagione degli scandali?

di Giampaolo Cerri

“Evviva i Nas”. Gino Girolomoni non è tipo da mandarle a dire. E anche sul recente mini-scandalo del biologico, la franchezza di questo pioniere dell?agricoltura naturale è addirittura scioccante: «Contro i delinquenti, ci vogliono i Carabinieri». Parla degli arresti nel Pavese, dove un grossista avrebbe gabellato riso convenzionale, e per giunta straniero, per biologico. Tecnicamente quindi, neppure una frode di settore, perché il commerciante non era un?azienda bio. Eppure, vedere l?agricoltura senza chimica sbattuta in prima pagina, addirittura in un articolo di cronaca giudiziaria , fa sempre un certo effetto. «Questo biologico che punta solo al ?residuo chimico zero? non mi piace. Inevitabilmente attira i furbi. L?agricoltura naturale è un sistema di vita e di lavoro. Per questo le inchieste non mi disturbano, anzi». Inutile, a lui che trent?anni fa finiva regolarmente sotto processo perché con i suoi soci di Alce Nero produceva una pasta che per la legge non esisteva, lanciare l?idea del complotto ordito dalle grandi industrie alimentari, tesi che pure circola a mezza voce in tutto il settore ogni volta che qualcuno finisce sotto inchiesta. «Non siamo simpatici a molti», ammette, «ma questa storia non c?entra. Qui c?è un?idea di agricoltura che perde la sua idealità e finisce in pasto ai criminali. C?è troppa materia prima biologica che arriva dall?estero senza controlli adeguati». Guai però a generalizzare. «Anche il ministro Alemanno», spiega, «cui voglio bene perché ci difende dagli ogm, è una voce nel deserto, ma mi fa arrabbiare quando spara nel mucchio. Stamani, alla radio, ha detto che gli agricoltori si sarebbero avvicinati al bio solo per i contributi europei: nel 1992, quando scattò questa possibilità, eravamo già 10mila in Italia a coltivare così». Contributi europei La vicenda dei contributi fa sbottare anche Vincenzo Vizioli, presidente dell?Aiab – Associazione italiana agricoltura biologica: «Ah questa litania dei contributi europei!», dice, «chi la usa farebbe meglio a domandarsi come sono stati spesi questi soldi. Io dico che sono finiti per essere i soliti ammortizzatori sociali a pioggia e non uno strumento operativo di politica agricola. Certo, hanno ingrossato le nostre fila, ma non sono stati un sostegno di sviluppo autentico». Contadini parte civile Quanto allo scandalo, anche il patron di Aiab abbraccia la linea giustizialista: «Benvenga tutto ciò che può ripulire questo mondo da operatori disonesti», scandisce al telefono, «anzi, le dico che con tutta probabilità ci costituiremo parte civile in un eventuale processo: gli agricoltori onesti, così come i consumatori, sono danneggiati dagli illeciti». L?inchiesta ?Riso amaro?, così come la Benemerita l?ha battezzata, riapre comunque il tema della certificazione. «C?è un disegno di legge di iniziativa governativa, presentato nella Conferenza nazionale di settembre, che armonizzerà la disciplina esistente. Benissimo. Ma quel provvedimento interessa solo due articoli sui 18 che riguardano il Regolamento europeo del 1991. Questo settore ha bisogno di politiche complessive, di un piano nazionale, non solo di controllo». In relazione al quale, peraltro, il presidente Aiab auspica che la norma venga «applicata rigidamente», contrariamente a quanto fanno le Regioni: «Sì, i governi regionali, cui è delegata la materia, sono poco rigorosi nell?interpretare i criteri». Insomma gli enti si aggiornino, facciano formazione, ma a ciascuno il suo. Roberto Pinton, giornalista e memoria storica del settore, dal suo Bollettino Bio, informatissima newsletter settimanale, lancia un appello agli operatori: «Assedio degli ogm da una parte (in Piemonte, erano finiti nei mangimi, ndr), frodi. Non ci penserà Babbo Natale. Sembra proprio il caso che il settore debba cercare lui, e in fretta, delle soluzioni». Dirige anche Consortium Bio, organismo che raggruppa le maggiori realtà imprenditoriali del settore (Esselunga in testa), e questo lo rende un interlocutore ancor più interessante. Già, quali soluzioni? «Sugli ogm bisognerà abbandonare i toni da crociata e mettersi a ragionare», spiega, «perché l?inquinamento c?è. Basta che un camion non sia stato a ripulito a dovere, per trovare tracce di transgenico». Quell?inezia, quel seme, che possono rovinare una reputazione, un?azienda, un settore. «Occorrerà arrivare a una tolleranza dello 0,1%», chiarisce. «Austria e Germania sono allo 0,3%, noi rischiamo il paradosso: coltivatori biologici che finiscono per pagare il prezzo dell?inquinamento ogm». Appello ai grandi consorzi È la posizione di Consortium? «Non proprio. Il consorzio segue una linea più ambiziosa: quella di chiedere ai suoi grandi omologhi, dal Parmigiano-Reggiano al Grana Padano, al Prosciutto di Parma, di scegliere la via dell?ogm-free, di chiudere le porte al transgenico anziché di ammiccare con dei simpatici spot televisivi. Nella loro filiera c?è una buona parte del foraggio e della mangimistica italiana: sarebbe un formidabile stop al biotech». Quanto alle frodi il direttore di Consortium bio batte la strada della tracciabilità assoluta: «Nelle grandi catene è già una realtà», dice, «per una conserva bio, si risale fino al produttore di pomodoro. Il disciplinare di Consortium, approvato a novembre, lo prevede per le aziende associate. Altri sono ancora indietro, anche se alcuni enti di controllo offrono ai consumatori la possibilità di controllare i certificati online. Bisognerà arrivarci per tutti». Una volta che i dati di tutti saranno noti, con il supporto del web, i furbi non potranno più ?giocare ?con i certificati. Il biologico salvato da Internet: chi l?avrebbe immaginato? Info: Quanto costa il cibo naturale. Se quel prezzo resiste all?euro Si chiama prezzo, l?obiezione più ricorrente al consumo biologico. La forbice con i prodotti convenzionali si attesta intorno al 30%. Un compenso alle lavorazioni più accurate e alla più bassa resa di piante e animali. Dopo il passaggio all?euro e con l?aumento generalizzato dei prezzi dell?agroalimentare, la forbice si è probabilmente ristretta. Lo dimostra il calcolo fatto da Aiab e Legambiente su un carrello della spesa Coop biologico. Fra gennaio 2001 e gennaio 2002, la differenza è dello 1,01% pari a 52 centesimi. Manca la controprova sul convenzionale, ma basta essere andati a fare la spesa in quest?anno per capire come l?aumento sui prodotti ?non bio? sia stato molto più elevato. Dall?Osservatorio prezzi bio (Aiab e Cciaa di Roma) che mette in linea i listini prezzi dei prodotti naturali dal 1983, arriva invece una comparazione fra tre prodotti ortofrutticoli, biologici e non, che indica una diminuzione del prezzo dei primi da maggio a novembre. PrezziBio


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