Politica

L’Italia si rifà da quì

Ci siamo inventati perfino un finto rinascimento nel desiderio di coltivare l’idea che qualcosa potesse cambiare. Ma per cambiare davvero occorre ben altro

di Redazione

Napoli siamo noi s?intitolava un libro di Giorgio Bocca di qualche anno fa. Napoli centrale: l?Italia si rifà da qui era il titolo che chi scrive aveva scelto per un librettino-intervista con Marco Rossi Doria, il figlio del meridionalista Manlio, maestro di strada nei Quartieri Spagnoli e nel 2006 candidato a sindaco di Napoli. Due titoli forse banali (perdonate l?autocitazione) ma che coglievano il ruolo di Napoli per le sorti del Paese. Di più. Giuseppe Mazzini, maieuta del Risorgimento, aveva colto il punto con una azzecatissima profezia: «L?Italia sarà quel che Napoli sarà».

Da qui dovrebbe prendere le mosse l?Esecutivo che ha tenuto il suo primo Consiglio dei ministri nella città partenopea. Noi non sappiamo se l?Italia sia diventata quel che è Napoli. Sicuramente l?identificazione Mezzogiorno-Napoli è oramai totalizzante. A Miami come a Tokyo. Napoli, nel bene e nel male, è il catalizzatore delle paure, delle angosce, degli errori e delle elaborazioni culturali che anticipano le tendenze di un intero pezzo di Paese. E non sembra si tratti di elaborazioni foriere di una qualche rinascita. Napoli è la superficialità di un classe dirigente che si è sentita al di sopra degli uomini e di Dio. Napoli è la presunzione di un ceto politico, gli ex comunisti, convinti di essere gli unici portatori terreni delle stimmate della purezza. Napoli è un uomo di pochi studi, Antonio Bassolino, che ha trascorso gran parte della sua vita rinchiuso tra le stanze di un partito e quelle del potere. Napoli è una borghesia fragile incapace di resistere ai richiami della convenienza. Napoli è l?irriformabilità dell?intervento statale, che nel momento aureo del suo autoriformismo ha concepito il semplice spostamento in latitudine dei flussi di risorse (da Roma a Napoli). Riproducendone così tutti i vizi, compresa l?elefantiasi dell?apparato pubblico, la cattiva gestione, gli sprechi. Napoli è il trionfo dell?economia informale (con le numerevoli e doppiamente lodevoli eccezioni) che, nell?indifferenza generale, ha derubricato dal suo lessico parole come legalità, contributi, sicurezza, tasse. Napoli è stata un finto rinascimento che i cronisti hanno amplificato perché troppo forte in loro – dopo anni di un?autolesionista rappresentazione di un Sud straccione e opportunista – era il desiderio di coltivare l?idea che qualcosa potesse cambiare.

E troppo forte nei napoletani era il desiderio di aggrapparsi a uno straccio di antropologia umana che non avesse a che fare con la furberia, la sciatteria, la camorra.

Napoli è un borghese per bene, colto e illuminato, che nel 2006 decise di sfidare Rosa Russo Jervolino e Franco Malvano. Marco Rossi Doria fu voluto da un pezzo di società civile che, con il movimento Decidiamo insieme, lo catapultò sulla scena politica cittadina. Per mesi centinaia di elettori dei Ds e non solo, lo vollero incontrare per dirgli che lui rappresentava il futuro e che lo avrebbero votato con gli occhi chiusi. Gli occhi dovevano essere davvero sbarrati, perché Marco Rossi Doria non è entrato neppure in Consiglio comunale.

Napoli è il maledetto pasticciaccio della monnezza, sintesi perfetta del temporeggiamento italico e del populismo demagogico di almeno 400 su 551 sindaci campani, Rosetta Jervolino in primis, che in rapida successione hanno detto di no alla raccolta differenziata, alle discariche e ai termovalorizzatori.

Cioè hanno negato pubblicamente l?intero ciclo dei rifiuti, che è come negare gli insopprimibili bisogni umani che ogni giorno in ogni parte del mondo opulento e civilizzato lasciano traccia evidente dei propri scarti. La camorra ci ha lucrato, come lucra sempre, ma non è la responsabile di questa discesa negli inferi dei rifiuti solidi urbani (i rifiuti tossici sono tutta un?altra storia). Napoli sono sei milioni di ecoballe taroccate che appestano ogni angolo della Campania infelix. Questo, finalmente, un fantasioso copyright che solo la cupa ironia partenopea poteva partorire. E, come nella migliore tradizione, sempre e solo ai propri danni.

IDEE PER NAPOLI

Hanno accettato l?invito di Vita

  • Mariano Maugeri

Giornalista del Sole 24 Ore, ha firmato alcuni dei migliori reportage dal capoluogo partenopeo

  • Ernesto Albanese

Fondatore de L?altra Napoli onlus, impegnata in un progetto nel rione Sanità sostenuto dalla Clinton Foundation

  • Arnaldo Rossi

Coordinatore del consorzio sociale Co.Re aderente a Cgm

  • Carlo Borgomeo

Manager napoletano, è uno dei massimi esperti di politiche attive di lavoro

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