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L’Italia (prosciugata) brucia

Nel nuovo dossier di Legambiente “L’Italia in fumo”, occhi puntati su incendi e fattori di rischio. L’Italia è infatti il Paese europeo con più ettari bruciati nel 2021. E dal 15 giugno al 21 luglio 2022 sono già stati registrati 4mila interventi in più dei Vigili del fuoco rispetto al 2021. Con 26.270 ettari andati in fumo e le aree protette sempre più sotto tiro

di Luca Cereda

Non serve avere la sfera di cristallo per prevedere ciò che già stava accadendo prima dell’estate 2022. Basta andare a leggersi i dati dello scorso anno, già impressionanti: “Sono stati 159.437 gli ettari di superfici boscate e non devastati dalle fiamme, il 154,8 in più in più di quelli inceneriti nel 2020 (un dato sicuramente sottostimato)”. È questa la premessa dell’ultimo dossier di Legambiente “L’Italia in fumo”. Gli incendi del patrimonio naturale, i fattori di rischio e le proposte di Legambiente”, presentato poche ore fa. Un report che si spinge naturalmente fino ai nostri giorni, con poco meno di 33 mila interventi dei vigili del fuoco per incendi boschivi dal 15 giugno al 21 luglio scorso: 4.040 in più rispetto al 2021. Ed eravamo solo all’inizio. L’inizio di un’estate 2022 segnata da temperature mai così elevate e da una drammatica siccità. Basti pensare che dall’1 gennaio al 15 luglio di quest’anno, sono andati in fumo già 26.270 ettari.

In fumo le aree protette

Spostandoci al resto d’Europa, del mezzo milione di ettari bruciati nel 2021, il 20 per cento ha riguardato i siti “Natura 2000”, parte di una rete di interesse comunitario, e di zone di protezione speciale creata dall’Unione europea per la salvaguardia e la conservazione degli habitat e delle specie, animali e vegetali. E l’Italia è il Paese che ha pagato il prezzo maggiore per i siti Natura, seguita dalla Spagna: insieme rappresentano il 45 per cento della superficie totale bruciata. Per avere un’idea di cosa significhi perdere in poco tempo superfici boschive superiori ai 30 ettari, Legambiente ha caricato tutti i dati satellitari Effis , il sistema europeo di informazione sugli incendi boschivi, sull’app “Gaia Observer”, tra i servizi gratuiti che Legambiente offre ai cittadini, e aggiunta la funzione “segnala area”, che consente a chiunque, appena entri in una delle aree percorse dal fuoco (quelle mappate a scala europea) di essere avvisato, tramite un bip, dall’app.

Brucia tutto in Italia, non vanno in fumo solo i boschi

Dall’analisi degli ultimi vent’anni sugli incendi in Italia, risulta che quasi il 50 per cento del territorio colpito è costituito da foreste (fonte Ispra), mentre la maggior parte degli incendi riguardano aree di interfaccia urbano-rurale che spesso si propagano al bosco provenendo dall’esterno. Ed è evidente come i cambiamenti climatici stiano acuendo criticità, frequenza, intensità e durata del fenomeno degli incendi che si sviluppano per tutto l’anno, con gravissimo pregiudizio per eco-sistemi e biodiversità, attività umane e maggiori rischi di incolumità per i cittadini. A proposito di ecosistemi e habitat, è chiaro che gli effetti di un incendio non riguardano solo la perdita del patrimonio boschivo, ma anche dell’habitat, della biodiversità animale e del suolo. Soffermandoci sugli effetti di un incendio per il suolo, e ipotizzando un riscaldamento del terreno fino a 500 gradi centigradi, a farne le spese sarebbe il 99 per cento della sostanza organica.

Le Regioni sono poco virtuose nel contrasto degli incendi

Ed eccoci alle regioni protagoniste, purtroppo, dei maggiori incendi causati dalla mano dell’uomo negli ultimi 14 anni. Servendosi sempre dei dati geolocalizzati, Legambiente ricorda (utilizzando soprattutto i numeri forniti dalle Forze dell’ordine del rapporto Ecomafia 2022) come non sia l’Italia intera a bruciare, ma alcune aree protette: con la Sicilia, la cui superficie vegetale percorsa dal fuoco ha rappresentato, negli ultimi 14 anni presi in esame, il 40 per cento del totale di 38 aree protette. Con Calabria e Campania arriviamo al 78 per cento e si raggiunge il 97 per cento, considerando Puglia, Lazio, Abruzzo e Piemonte. E se prendessimo, in questo arco di tempo (gli ultimi 14 anni) l’intera superficie italiana andata in fumo, dovremmo scrivere che poco meno di 724mila ettari sono stati bruciati, una estensione che coprirebbe l’intera Umbria. Ma in un’ottica di prevenzione non sarebbe male ricordarsi che moltissime aree boschive hanno subito più volte un incendio in questi 14 anni: da 2 a 10 volte di seguito: «E il fatto che un incendio distrugga la medesima area anche più volte certifica l’ulteriore relazione tra la mano umana e la sua regolare presenza e interesse criminale in quel territorio», scrivono gli autori di Legambiente nel report, sottolineando quanto l’utilizzo di dati e strumenti modellistici aiuterebbe nel tentativo di contrastare gli incendi. E proprio per questo, a conclusione del report “L’Italia in fumo”, l’associazione ambientalista segnala dieci proposte per contrastare il fenomeno degli incendi, promuovendo la cultura della prevenzione.

Cosa fare per invertire una rotta così drammaticamente ben impostata?

«L’elevata separazione delle competenze (ripartite fra servizi e agenzie foreste e protezione civile regionali, corpi forestali delle regioni e province autonome, carabinieri forestali, protezione civile nazionale, volontariato, vigili del fuoco, enti parco e comunità montane) ha portato ad una marcata frammentazione del governo e difficoltà di coordinamento degli incendi». Di che cosa ci sarebbe bisogno, allora? «Di una gestione integrata degli incendi», oltre che di «Pianificazione e politiche di adattamento» (e siamo alla seconda proposta): in pratica, in attesa che si realizzi il Piano di adattamento ai cambiamenti climatici, attraverso i «Piani forestali di indirizzo territoriale, si potrebbero definire le aree più esposte al pericolo incendi». Sarebbe, inoltre, auspicabile, ricordano, una «interazione della politica forestale con quella agricola»; così come «il Pascolo come strumento di prevenzione» (la quarta proposta) aiuterebbe il decespugliamento.

Dalla campagna alle città il passo è breve, ma non semplice: un primo passo potrebbe essere quello della “Responsabilizzazione e coinvolgimento dei cittadini”. Ci sono poi, “Statistiche e catasto incendi”, utilissimi per avere una banca dati dell’esistente, e “Pianificazione e progettazione del ripristino ecologico e funzionale”: un principio valido sia per le aree esterne che per quelle a ridosso delle città, e sulle quali insiste l’ottava proposta del report di Legambiente. All’interno della stessa inchiesta, è dedicata, naturalmente, molta attenzione sia alle “Pene più severe”, sia al concetto di “Potenziare i presidi statali nella lotta agli incendi boschivi”: le ultime due proposte del decalogo.

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