Politica

L’Italia non armi i curdi: appello al governo dalla società civile

Oggi le Commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato ascolteranno le ministre Mogherini e Pinotti sui provvedimenti da attuare per fermare la crisi in Nord Iraq. Acli e Rete Disarmo chiedono all'esecutivo di favorire la pacificazione della regione attraverso la difesa dei civili e l'intervento dell'Onu, e non con l'invio di armamenti

di Gabriella Meroni

Oggi è una giornata importante per capire quali potrebbero essere gli sviluppi dell'escalation violenta in atto nel Nord dell'Iraq, dove le milizie del Califfato seminano terrore tra i civili e sfidano  il mondo, anche attraverso la barbara esecuzione del giornalista americano James Foley, diffusa in video su internet. Presso le Commissioni riunite Affari Esteri e Difesa di Camera e Senato, infatti, i Ministri degli Esteri, Federica Mogherini, e della Difesa, Roberta Pinotti, svolgeranno le comunicazioni del Governo sui recenti sviluppi della situazione irachena con riferimento anche agli esiti del Consiglio straordinario dei Ministri degli esteri della Unione europea del 15 agosto 2014.
In vista delle decisioni che Parlamento e governo potrebbero prendere, sono stati resi pubblici gli appelli delle Acli e di Rete Disarmo affinché non si scelga la strada dell'invio di armi italiane nella regione. “La responsabilità di proteggere le popolazioni minacciate del Nord dell’Iraq non si esercita fornendo armi alle forze armate curde o irachene, ma semmai inviando una forza di interposizione militare a difesa delle popolazioni e creando le condizioni per interventi di pace”, nota Rete Disarmo, mentre il presidente delle Acli Gianni Bottalico  osserva che “l'Isis non si ferma fornendo armi ai curdi: lo può fare solo la Comunità internazionale, attraverso l'Onu, facendo luce e mettendo di fronte alle loro responsabilità quanti hanno finanziato ed armato questa orda di violenti dell'Isis, che ha tratto enorme giovamento dalla destabilizzazione della Libia e da quella in corso della Siria, e che si è radicata nell'Iraq disastrato in seguito alla lunga guerra di occupazione americana”. 
Rete Italiana per il Disarmo chiede inoltre al Governo di promuovere iniziative efficaci affinché il nostro paese eserciti, in accordo con gli organismi internazionali, il suo dovere alla responsabilità di proteggere e al Parlamento di svolgere un ruolo propositivo e di controllo delle iniziative dell’esecutivo in particolar modo sull’invio di armi e sistemi militari nella regione.
“Ogni invio di armi nella regione va assolutamente impedito – afferma Giorgio Beretta dell’Osservatorio OPAL di Brescia – ancor più se il governo intende inviare ai militari curdi delle armi in disuso per svuotare i magazzini delle nostre aziende armiere o peggio ancora quelle armi di fabbricazione sovietica sequestrate al trafficante Zhukov e detenute per anni nelle riservette dell’isola sarda della Maddalena. Quelle armi, come prevede una sentenza del Tribunale di Torino del 2006 mai resa operativa, vanno distrutte: chiediamo perciò che venga subito aperta un’inchiesta parlamentare considerato che una parte di quelle armi pare sia stata inviata nel 2011 agli insorti di Bengasi apponendo da parte dell’allora governo in carica (Berlusconi IV) il segreto di stato”.
“Le Acli – dichiara da parte sua Gianni Bottalico – rivolgono un appello a tutti i parlamentari delle commissioni Esteri e Difesa delle Camere ad esprimere un parere negativo sull'invio di armi italiane ai Curdi, e chiedono che una decisione così grave passi necessariamente da un voto delle assemblee parlamentari. È un segno dei tempi – sottolinea il presidente delle Acli – che sia stato un pontefice, papa Francesco, durante l'incontro con i giornalisti sul volo di ritorno dalla Corea, a denunciare il rischio, purtroppo molto concreto, che il mondo corre oggi riguardo al mantenimento della pace. Una crisi economica che viene affrontata rafforzando le cause che l''hanno prodotta, anziché con una nuova politica economica che ridia centralità al lavoro, e la strategia occidentale che pare prevalere, che mira ad impedire con tutti i mezzi, anche quello militare, il passaggio dall'unilateralismo americano al multipolarismo nella gestione della politica mondiale, costituiscono un mix potenzialmente in grado di innescare un conflitto dalle proporzioni inimmaginabili”.
Le Acli – conclude Bottalico – si sentono impegnate a sensibilizzare le coscienze sulla gravità di questa fase storica, per fare in modo che in questo difficile presente “non si ripetano gli sbagli del passato, ma si tengano presenti le lezioni della storia, facendo sempre prevalere le ragioni della pace mediante un dialogo paziente e coraggioso”, secondo l'auspicio di Papa Francesco formulato alla vigilia del centenario dello scoppio della Grande Guerra. 


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