Famiglia

L’Italia fa i conti col suo baby (s)boom

Iniziati a Roma gli Stati generali della Natalità: ministri, studiosi e associazioni a confronto. Valditara: «Fra 10 anni dagli odierni 7,4 milioni di studenti, nell'anno scolastico 2033/34 si scenderà a poco più di 6». Roccella: «Sostenere il lavoro femminile, la conciliazione e l'armonizzazione tra vita e lavoro, creare un ambiente lavorativo favorevole alla maternità e alla paternità». Bordignon (Forum associazioni familiari): «Il sistema tributario si orienti verso una maggiore equità orizzontale, il rispetto della numerosità del nucleo familiare e la valutazione del reale reddito disponibile». E domani tocca al Papa

di Redazione

«La crisi della natalità e lo squilibrio demografico in Italia hanno assunto una dimensione tale per cui non sono più sufficienti dei piccoli interventi correttivi ma è necessario un intervento choc, una inversione a U per non deragliare». È una premessa che non ha lasciato spazi per i dubbi quella del presidente del forum delle associazioni familiari Adriano Bordignon, tra i relatori della giornata di apertura degli Stati Generali della Natalità, la due giorni dedicata all'analisi dello stato di salute demografico del nostro Paese, interessato dal più grave calo delle nascite da 160 anni a questa parte. Una premessa che poggia su solide basi, i numeri dell’Istat con un dato su tutti: siamo al record negativo di 339 mila nascite a fronte di 700 mila morti.

«Se non cambia qualcosa, tra qualche anno, crollerà tutto», dice il presidente della Fondazione per la Natalità, Gigi De Palo promotore e organizzatore degli Stati generali.

Numeri che fanno il paio con le parole ancora più taglienti e lucide di Gian Carlo Blangiardo, past president dell’istituto di statistica: «Oggi abbiamo più morti che nati. Questa è la fotografia di oggi, ma la previsione per i prossimi anni è che i 59 milioni di oggi scendano a 48 milioni e quindi spariscono 11 milioni di persone. Avremo 800 mila morti l'anno, a fronte di 300 mila nascite. In più per questo perderemo 500 miliardi di Pil. Viviamo in un mondo che invecchia. Gli 800 mila ultranovantenni di oggi saranno 2,2 milioni nel 2070, di cui 145 mila ultracentenari. Teniamone conto perché ci sarà una spesa sanitaria enorme per dare una qualità di vita ad una popolazione così invecchiata». Secondo Bordignon in particolare «il baby bust causerà problemi reali come: pensioni non finanziate, insostenibilità nell’assistenza sanitaria, spopolamento delle aree rurali ed interne, solitudini degli anziani, calo del Più e ogni sorta di altri problemi economici. Ma il vero problema di avere meno figli è che senza bambini oggi, non ci saranno famiglie domani, in un percorso di involuzione sociale e solitudini che è drammatico».

Le parole di Mattarella

Ad aprire la giornata è stato il messaggio del presidente della Repubblica. «Alle istituzioni», scrive Sergio Mattarella, «compete la responsabilità di attuare politiche attive che permettano alle giovani coppie di realizzare il loro progetto di vita, superando le difficoltà di carattere materiale e di accesso ai servizi che rendono ardua la strada della genitorialità. Si tratta di una puntuale prescrizione della Costituzione che, all'art. 31 richiama la Repubblica ad agevolare “con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose”. Proteggendo 'la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo».


Scuola: fra 10 anni 1,4 milioni di studenti in meno

L’inverno demografico, così ha definito la situazione il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, avrà conseguenze anche sulla scuola. «Il quadro è effettivamente allarmante», precisa il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, «fra 10 anni dagli odierni 7,4 milioni di studenti, dato del 2021, nell'anno scolastico 2033/34 si scenderà a poco più di 6 milioni, ad ondate di 110/120mila ragazzi in meno ogni anno». Se continuerà il calo delle nascite, secondo il titolare del dicastero di viale Trastevere «l’organico docente che è una variabile dipendente degli studenti rischierebbe di passare dalle attuali oltre 684 mila cattedre a circa 558 mila nel 2033/34. Una riduzione di 10/12mila posti di lavoro ogni anno, ma dobbiamo dare risposte su questo tema».

Rivoluzione culturale

Già, ma che fare? Per il ministro per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità, Eugenia Roccella «è necessaria una vera rivoluzione culturale, un cambiamento significativo per quanto riguarda la genitorialità». I fattori che mettono a rischio la natalità, spiega, «riguardano moltissimo le pari opportunità. Noi vogliamo agire attraverso tutti i provvedimenti per sostenere il lavoro femminile, la conciliazione e l'armonizzazione tra vita e lavoro, creare un ambiente di lavoro favorevole alla maternità e alla paternità e ovviamente anche sostenere la famiglia attraverso tutti i provvedimenti, considerando come fondamentale il criterio dei figli». Fondamentale, per Roccella, «intervenire sulla cultura della paternità e per questo valorizzare il ruolo delle mamme: i padri sono fondamentali anche soprattutto nell'accompagnare la maternità. Le dimissioni dal lavoro le danno le donne, i congedi li prendono le donne, è lì che dobbiamo agire anche se vogliamo coinvolgere i padri».

Sostegno, fisco e autonomia

Nell’elenco delle cose da fare, Bordignon ha indicato tre «linee operative concrete». Il primo passo fa riferimento al cosiddetto Assegno unico. «Abbiamo imboccato la strada giusta ma il lavoro è fatto solo a metà. Dopo una prima fase dobbiamo trasformarlo in uno strumento più semplice, più generoso, universale. La nostra richiesta primaria è perciò di avvicinarci ai modelli francese e tedesco che prevedono oltre 200 euro per ogni figlio, a prescindere dal livello di reddito, perché l’Assegno unico universale nasce per favorire la natalità e non come azione di contrasto alla povertà». In secondo luogo il forum delle associazioni familiari chiede che «si orienti il sistema tributario italiano verso una maggiore equità orizzontale, il rispetto della numerosità del nucleo familiare e la valutazione del reale reddito disponibile delle famiglie».

L’ultimo punto fa riferimento alla necessità di «anticipare i tempi di uscita di casa e i processi di autonomia dei giovani». Secondo i dati Istat al 2022, 7 milioni di giovani fra 18 e 34 anni vivono in famiglia con almeno un genitore: 67,4 % del totale. «È necessario predisporre un ecosistema che favorisca l'anticipazione delle autonomie, la piena libertà e responsabilità, per immaginare e realizzare progetti di vita che faranno il bene delle persone e del Paese. Politiche integrate che insistano su università, politiche del lavoro, abitare, supporto alle startup e all’imprenditoria giovanile, servizi alle giovani coppie sono fondamentali».

Interessanti anche gli interventi di Elly Schlein e Mara Carfagna. La più convincente è stata Elena Bonetti, di Italia Viva, madre della riforma che ha portato l’assegno unico. “Quella riforma”, ha detto ieri, “ha rappresentato un metodo nuovo e dobbiamo seguire sul buon lavoro fatto. E in quel lavoro c'è un pezzo di tutti”.

E domani interverrà anche Papa Francesco.

La foto in apertura è di Fanny Renaud su Unsplash, le altre sono di Alessio Nisi per VITA.

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