Formazione

L’Italia è viva, restiamo

di Serena Carta

Pochi giorni fa sul blog di Beppe Severgnini, Italians, leggo la lettera di Aldo, 50enne libero professionista, che lamenta l’assurdità del sistema tributario italiano che lo ha gettato sul lastrico. Conclude con queste parole, Aldo, 20 mila like su Facebook ottenuti nel giro di poche ore: «Severgnini, lei dice, ai bravi ragazzi volenterosi che vogliono emigrare, di non farlo, e, se lo fanno, di tornare presto; io dico loro: “Andate fino a che siete in tempo. Quando avrete 50 anni (io ne ho 55), vi morderete le mani per non averlo fatto. L’Italia è un paese perduto. Lasciate i Trota, i Batman, i Formigoni e le Minetti al loro destino, e costruitevi una vita dignitosa altrove. L’Italia è morta”».

Un po’ scossa dai toni radicali e irreversibili di Aldo, faccio una ricerca su Google per scoprire quanti sono i giovani italiani che hanno seguito il suo consiglio. Trovo un’infografica realizzata nel 2012 da Il Bureau, blog gentilmente offerto da giovani italiani che vivono, guarda un po’, tra Amsterdam e la Puglia. 4.115.235 italiani all’estero, mi dice l’infografica.

Poi digito “fuga di cervelli”. Google mi suggerisce 730 mila risultati. Nella prima schermata trovo, nell’ordine: la definizione di Wikipedia; il sito di un nuovo film che ha come protagonisti Emilio e Nadia, cervelli in fuga o presunti tali; un articolo de La Stampa dal titolo “Non si arresta la fuga di cervelli. Il nuovo Eldorado si chiama Cina” (pagina che mi fa rimbalzare sullo speciale “Ragazzi in fuga, così l’Italia perde cervelli” in cui si raccontano storie di connazionali che sono passati dalla #disperazione nostrana alla #svolta estera); pagine su Facebook; canali su YouTube… Niente che catturi la mia attenzione.

Faccio una nuova ricerca. Questa volta scrivo “cervelli di ritorno”. 2.780 milioni di risultati. Un bel progresso. Fioccano gli articoli: “Una generazione perduta”; “Fuga di cervelli, quanto ci costa”; “Politica spenta, ma si muove la società”; “Rientro fallito”; “Trucchi per espatriare”. Quello che mi colpisce di più ha un che di sarcastico: “Fuga di cervelli, Gerry Scotti ne «adotta» quattro” (Gerry Scotti, quello del Quizzone e del Riso Scotti, proprio lui).

Mi fermo un attimo, ho bisogno di un caffè. Manca qualcosa, penso, un altro punto di vista. Il mio, per esempio. Nel momento in cui scrivo, mi trovo all’estero, in Svizzera. Sono gli ultimi mesi di un’esperienza che mi ha fatto capire soprattutto una cosa: voglio tornare in Italia. Poco m’importa di quello che pensano i vari Aldo & co – la generazione dei miei genitori, che non riescono proprio a capire perché mi sia così intestardita nel voler lasciare la bolla svizzera per tornare in quello che loro definiscono “l’inferno”. Chiamatemi idealista, utopista, naïf, ingenua. Io torno. E vorrei essere chiara su questo punto. Non giudico chi non torna né chiedo di seguirmi. Una volta che hai conquistato le condizioni e i benefici – sociali e professionali – offerti dagli altri paesi europei, è difficile fare marcia indietro. Quello che pretendo, però, è di avere fiducia nel progetto di costruzione di un’Italia diversa da quella che siamo abituati a leggere sui giornali. La buona politica e il rispetto delle regole, il giornaliero impegno di milioni di cittadini per la tutela del bene comune, le reti di economia solidale insieme a quelle che propongono stili di vita meno aggressivi e “più lenti” nel rispetto della società e dell’ambiente… Tutto ciò esiste. E io voglio unirmi a quei concittadini costruttori, rinnovatori e rivoluzionari. Non mi basta guardarli dallo spioncino né leggerli su internet o sentirli per telefono. Voglio tornare a essere una di loro.

Il primo contributo lo voglio dare con questo blog. Uno spazio virtuale in cui vorrei dare voce a tutti coloro che si stanno impegnando per offrire ai giovani e meno giovani la possibilità di partire per scelta, combattendo la condizione di fuggire per necessità. Perché viaggiare è fondamentale: aiuta ad aprire gli occhi, il cuore e la mente. Un atto che, vissuto nella piena libertà di spirito, contribuisce a rendersi conto – e ad accettare – le differenze tra “noi” e “loro”, senza desiderare di diventare “loro” ma rendendo “noi” più ricchi.

Caro Aldo, sono sicura che anche tu ti emozioneresti nel vedere folle di giovani alle prese con la ricostruzione dell’Italia, piuttosto che con l’espatrio. Invece di invitarci a fare baracche e baracchini, chiedici di restare o almeno di provarci. Chiedicelo per chi ancora ci crede, per chi non si perde d’animo, per chi all’interno dei Consigli comunali, delle scuole, degli uffici pubblici, degli ospedali si fa portavoce di una cultura dell’onestà. Dimenticati per un momento dei Trota, i Batman, le Olgettine e i Berlusconi che infestano il nostro paese. Concentrati su tutti gli altri: sono di più e più forti. L’Italia è viva. E tu devi darle fiducia.

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