Ci sono almeno due modi, in questo convulso periodo politico, di concepire il “senso di responsabilità”. Uno è quello, balzato agli onori della cronaca parlamentare nelle settimane scorse, di mettersi a disposizione del presidente del consiglio per garantire, in modo determinante, il permanere di una sia pur risicata maggioranza parlamentare, tanto che si è parlato di governo Scilipoti, tanto per citare il nome più singolare e facilmente memorizzabile, ma non è il solo.
Un altro modo di dimostrare senso di responsabilità è quello di cui danno prova, in circostanze diverse, molti dipendenti pubblici. Aldo Cazzullo, in un breve pezzo sul supplemento del Corriere della Sera, Io Donna, ricorda, con una punta di tristezza, il racconto del caposcorta di Emilio Fede, che a un certo punto ha deciso di raccontare in che modo era costretto a svolgere il proprio lavoro, dalle 8 del mattino alle 4 del giorno dopo, costretto a fine turno a riaccompagnare a casa tutte le ragazze, più o meno virtuose, provenienti dalle feste di Arcore. A un certo punto il suo senso di responsabilità gli ha imposto di raccontare i fatti, e di comportarsi da servo dello Stato, e non di un altro padrone.
In tutto un altro contesto, che più mi sta a cuore per le conseguenze vitali che il gesto di responsabilità è destinato a comportare, balza agli occhi la forza di una lettera aperta, scritta dai responsabili nazionali dell’associazione dei medici Inps, alle principali associazioni delle persone con disabilità: Anmic, Fish, Uic, Ens, Unms. Parto dalla frase finale, che non è scritta da uno dei primi obiettori di coscienza, ma proprio da medici del servizio pubblico: “Persino nel mondo militare, laddove l’ordine ricevuto sia palesemente in contrasto con il diritto, è ammessa la disobbedienza.” Caspita. Una frase durissima. Che viene al termine di una lettera sorprendente per chiarezza e onestà professionale e morale. Una conferma clamorosa dei dubbi e delle proteste, rispetto alla straordinaria manovra di controlli sulle certificazioni di invalidità concordata fra il ministero dell’Economia e l’Istituto di Previdenza Sociale.
Il testo integrale della lettera viene riportato nel sito della Fish, www.fishonlus.it. Quindi mi limito a citarne alcuni passaggi cruciali.
“Ormai si naviga a vista in un mare sempre più tempestoso, imbrigliati in disposizioni contraddittorie, inapplicabili e discutibile, se non addirittura illegittime – scrivono Silvio Vagnarelli e Francesco Ammaturo, a nome del direttivo dell’associazione dei medici Inps – È nostro dovere, a questo punto, fotografare la gravità della situazione a tutela non solo dei cittadini, ma anche dei Medici dell’Istituto, nei confronti dei quali si tende, sempre di più, a scaricare la responsabilità di un disservizio che vede ben altre responsabilità. NON SIAMO PIÙ DISPOSTI A PARTECIPARE A QUESTO ASSURDO GIOCO – aggiungono in grassetto – Per mesi abbiamo tentano invano di offrire la nostra disponibilità per proporre correttivi, segnalare disfunzioni, migliorare una procedura LENTA, MACCHINOSA, FARRAGINOSA E PIENA DI CRITICITÀ DI QUALSIVOGLIA NATURA, in poche parole UNA PROCEDURA CHE NON FUNZIONA”.
Si scopre, tra l’altro, che nelle condizioni nelle quali si trovano a lavorare, i medici Inps non riescono a garantire la loro presenza nelle commissioni previste appunto per questa straordinaria mole di verifiche. Un’altra frase mi ha molto colpito per la sua brutale evidenza giornalistica: “Per le verifiche straordinarie si è inopinatamente deciso di predisporre gli inviti con un intervallo di 15 minuti. Il risultato sono le lunghe attese nelle sale d’aspetto, che mettono a dura prova Cittadini che, in molti casi, si sentono vessati per il semplice fatto di essere stati convocati e la cui protesta si rivolge unicamente al Medico verificatore, spesso malamente apostrofato e offeso, talora anche con la complicità dei Media, senza che si sia mai levata una sola parola di sostegno da parte dell’Ente, che prima lo pone in una condizione di estremo disagio operativo, poi non lo sostiene nel momento in cui un cittadino protesta per un presunto disservizio”.
La Fish, che pubblica integralmente la lettera, chiosa in questo modo: “Ecco spiegata anche l’assenza dei Medici INPS nelle sedute delle Commissioni di accertamento ASL: la Legge (102/2009) la impone, ma la Dirigenza dell’INPS invita i suoi prima a non andarci, poi a partecipare, poi a redigere un verbale parallelo. Una conferma, anche dall’interno dell’INPS, dei disagi per migliaia di Cittadini, per mesi passati sotto silenzio, minimizzati, o giustificati con l’esigenza di stanare “falsi invalidi”, ma di fatto inconcludenti sia per l’ordinaria amministrazione che per le verifiche straordinarie”.
Occorre notare, fra le tante cose che non funzionano, che l’annunciata procedura telematica per l’inoltro delle richieste di certificazione d’invalidità (che nulla dunque ha a che vedere con la questione dei falsi invalidi) non sta funzionando affatto. E giustamente la Fish ha preparato un testo di possibile interrogazione parlamentare, affidato al buon cuore di deputati e senatori “responsabili”.
Ecco, io credo che mai come oggi sia indispensabile confidare nel senso di responsabilità dei tanti bravi servitori della cosa pubblica, dai funzionari delle amministrazioni centrali e locali, ai medici, agli operatori al servizio dei cittadini. Nel vuoto della politica, nel disastro delle istituzioni, la disobbedienza civile di fronte a ordini sconclusionati o illegittimi, e, di converso, il senso del dovere nei confronti delle persone più deboli ed esposte, ci possono ancora salvare dal peggio. Prima che sia troppo tardi.
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