Cultura

L’Islam italiano ha voglia di fare impresa

Un immigrato su dieci dai Paesi mediterranei di religione musulmana apre una ditta individuale.

di Redazione

L’Islam in Italia ha soprattutto voglia di lavorare in proprio: lo affermano dati dell’Istat elaborati dall’Ufficio studi della Camera di commercio di Milano, secondo i quali in Italia un immigrato su dieci dai Paesi mediterranei di religione musulmana – donne, bambini e anziani compresi – apre una ditta individuale. In tutto in Italia nel 2005 sono 51mila i cittadini provenienti da Paesi a maggioranza islamica del bacino del mare comune (Algeria, Cipro, Egitto, Giordania, Libano, Libia, Marocco, Siria, Tunisia, Turchia, Territori palestinesi) che hanno aperto una microimpresa, con un aumento del 243% rispetto alle circa 15mila partite Iva registrate nel 2000. I titolari di una ditta individuale provenienti dal Mediterraneo in Italia sono prevalentemente originari del Marocco (con 31.552 attivita’, il 61% del totale), della Tunisia 7.582 (15%), dell’Egitto 6.557 (13%), della Libia 1.766 (3%) e dell’Algeria 1.288 (2,5%). Rispetto a 5 anni fa, a crescere maggiormente sono proprio le attivita’ marocchine (+421%), seguite da quelle algerine (+296%) e turche (+224%). L’unica nazionalita’ a mostrare un trend in discesa e’ la Libia (-11%). Tenendo comunque presente che sempre piu’ spesso l’apertura di una partita Iva non presuppone l’avvio di una vera microimpresa ma e’ dettata dalle richieste dei datori di lavoro che vogliono allentare le responsabilita’ nei confronti dei dipendenti, il settore dove sono maggiormente concentrate le attivita’ imprenditoriali con titolare mediterraneo e’ quello del commercio, che conta quasi 29mila ditte individuali, cioe’ il 56% del totale. Questo settore appare quasi di monopolio degli immigrati marocchini, che hanno aperto oltre 24mila microimprese, pari all’83% del settore. Seguono i tunisini con 1.431 imprese. Con oltre 12mila imprese l’edilizia e’ il secondo settore con la piu’ forte presenza di imprese con titolare proveniente da Paesi mediterranei non europei. I tunisini coprono il 35% del comparto, i marocchini il 32%. Seguono le attivita’ manifatturiere con quasi 3mila imprese, pari al 5,8% del totale, e i trasporti con 2.864 imprese (5,6% del totale). Numerose anche le attivita’ immobiliari, di noleggio, informatica e ricerca: sono 1.705 le imprese ‘mediterranee’, il 3,3% del totale, con gli egiziani particolarmente attivi (46% di queste ditte sono aperte da immigrati dall’Egitto, seguono i marocchini con il 23%). I titolari di alberghi e, soprattutto, di ristoranti sono in tutto piu’ di 700, il 49% egiziani. ”Questi dati – commenta Yahya Sergio Pallavicini, vicepresidente della Comunita’ religiosa islamica (Coreis), membro della Consulta sull’Islam voluta dal ministero degli Interni italiano – ribaltano la percezione che purtroppo si ha dell’Islam in Italia, percezione che nasce a causa di limitati fatti di cronaca o per la difficolta’ d’interazione da parte di piccole nicchie. E’ invece importante avere una visione non distorta della realta’, soprattutto per favorire il processo di integrazione e i rapporti con la societa’ sia degli immigrati sia degli italiani di religione musulmana. In questo modo – conclude Pallavicini – possiamo portare i nostri migliori valori culturali e religiosi a tutti i livelli della societa’, non solo sul posto di lavoro”.

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