Sul lungo periodo l’impoverimento intellettuale degli spettatori può avere un effetto grave sull’intera società, lo sosteneva il filosofo austriaco Karl Popper che per questo propose di istituire “una patente per fare la televisione”. Le ragioni di questa presa di posizione, che potrebbe assomigliare alla volontà di censura, si trovano nel suo saggio Cattiva maestra televisione del 1994, pubblicato pochi mesi prima della sua morte. La provocazione lanciata nello scritto è giustificata dalla volontà di Popper, che si era occupato dell’educazione dei bambini con difficoltà di apprendimento, di difendere la libertà dei singoli e delle loro menti.
Il filosofo viennese, in particolare accusava la televisione di immettere violenza nel tessuto sociale, un veleno che va contro quello che Popper considera “il nucleo fondamentale dello Stato di diritto”, cioè “l’educazione alla nonviolenza”. Scrive: “I cittadini di una società civilizzata, le persone cioè che si comportano civilmente, non sono il risultato del caso, ma sono il risultato di un processo educativo. E in che cosa consiste fondamentalmente un modo civilizzato di comportarsi? Consiste nel ridurre la violenza.”
La violenza è infatti contraria alla libertà che rappresenta la base portante della democrazia. Per questo motivo la televisione, diffondendo e perpetrando dei modelli culturalmente scadenti e violenti, andrebbe a minare le basi dello stato di diritto e del vivere insieme. Non è perciò per Popper solo in questione una cattiva educazione ma di tenuta stessa della democrazia perchè la tv provoca “una perdita dei sentimenti normali del vivere in un mondo bene ordinato in cui il crimine sia una sensazione eccezionale”. Il meccanismo che rende banale il crimine e la volgarità si aggrava nel caso dei giovani che, essendo più influenzabili, rischiano di confondere la finzione con la realtà, cedendo a una visione irreale della vita.
Il filosofo austriaco scriveva queste cose quasi trent’anni e non aveva ancora conosciuto l’esplosione dei social e le oscenità dei nostri talk show, non poteva immaginare le baruffe a Cartabianca o le urla acute di Mario Giordano, non aveva visto i modellini di Vespa e quelli tarocchi di Formigli, e neppure aveva visto gli ospiti improbabili di Floris o di Giletti, eppure sosteneva che il mezzo televisivo essendo una forma di libertà di cui spesso si abusa richiederebbe una limitazione. Più una società riesce a gestire in modo consono la libertà, meno sarà necessario un suo controllo. Ma se, come nel caso della televisione, questo potere diventa incontrollato, al fine di salvaguardare la democrazia, esso va sorvegliato e limitato. ““Ora è accaduto che questa televisione sia diventata un potere politico colossale, potenzialmente si potrebbe dire anche il più importante di tutti, come se fosse Dio stesso che parla. E così sarà se continueremo a consentirne l’abuso. Essa è diventata un potere troppo grande per la democrazia. Nessuna democrazia può sopravvivere se all’abuso di questo potere non si mette fine. Credo che un nuovo Hitler con la televisione avrebbe un potere infinito”, scrisse il filosofo.
Il saggio di Popper individuava una soluzione nel controllo rigoroso dei produttori di televisione, chi decide quali sono i contenuti e perciò i messaggi che essa finisce col trasmettere. Popper parla di una vera e propria patente revocabile che autorizzi a far tv solo chi supera un esame ben preciso. Questa proposta va in apparente contrasto col liberalismo tipico del filosofo teorico della società aperta. Ma le sue paure erano tanto forti da non aver paura a fare la sua proposta : “Chiunque sia collegato alla produzione televisiva deve avere una patente, una licenza, un brevetto, che gli possa essere ritirato a vita qualora agisca in contrasto con certi principi.”
La proposta di Popper di rilasciare un’autorizzazione specifica alla fine di un corso per responsabilizzare i produttori televisivi, e renderli consapevoli del loro ruolo di educatori, è dovuta alla consapevolezza che spesso gli autori sacrificano la qualità dei loro prodotti per l’audience. La sua proposta non voleva dunque limitare la libertà, ma preservarla dal totalitarismo televisivo, e oggi potremmo aggiungere dal totalitarismo idiota dei media. Popper rispose ai suoi critici in un'intervista per l’Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche di Rai Educational del 1993: “Bisogna privare il consumatore del suo piacere? Sì, se il suo piacere costituisce un pericolo per gli altri”.
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