Welfare

L’inutile legge sulle pene di pubblica utilità

Bilancio in rosso della norma approvata nel 2000

di Redazione

A più di un decennio dalla sua istituzione, il lavoro di pubblica utilità da prestare presso enti pubblici o organizzazioni del terzo settore, continua ad essere la cenerentola della giurisdizione italiana. La misura sostitutiva, alla quale il decreto legislativo 274/2000 sulle competenze penali del giudice di pace assegna il ruolo di pena principale, è stata utilizzata in pochissimi casi. Dal 2002 al 2009, secondo i dati forniti a Vita dal ministero della Giustizia, solo un migliaio di volte (il totale delle sentenze della magistratura onoraria varia dalle 15 alle 20mila all’anno). Numeri che forse potrebbero crescere nei prossimi anni. La riforma del Codice della strada del 2010 consente infatti di sostituire la pena detentiva e pecuniaria per la guida in stato di ebbrezza con attività non retribuite per la collettività. Vedremo come andrà. Quello che è certo è che per ora le cifre sono da flop. Vediamo perché.
La conclusione del processo con la sentenza di condanna, questo il primo freno, è un’ipotesi quasi residuale nel processo davanti al giudice di pace. «Merito di un procedimento che punta molto sulla conciliazione iniziale», osserva Gabriele Longo, presidente dell’Unione nazionale giudici di pace. Contano poi anche l’esiguità dei reati a cui è applicabile, l’ampio spazio concesso alla pena pecuniaria e il fatto che si possa sempre accedere, in via alternativa, alla permanenza domiciliare. Conta, soprattutto, l’obbligo di richiesta da parte dell’imputato. «Il giudice non può imporlo», conferma Longo. Pesa inoltre la scarsa informazione. «Si tratta di un’opportunità poco conosciuta dagli avvocati e dagli stessi magistrati», aggiunge Vincenzo Petralla, direttore dell’Ufficio di Esecuzione penale esterna della Puglia. Gli ostacoli più alti riguardano proprio la sfera dell’esecuzione. Sono poche, innanzitutto, le convenzioni per la realizzazione delle attività sociali fra i Comuni, il terzo settore e il ministero della Giustizia o i presidenti del tribunali. C’è poi il costo dell’assicurazione obbligatoria contro infortuni, malattie e responsabilità civile. Così per i Comuni diventa troppo “costoso” organizzare l’attività.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.