Economia
L’intesa sul Trans-Pacific Partnership, Europa e Cina le grandi escluse
Mentre in Europa è in corso la settimana di mobilitazione contro il TTIP e gli altri accordi di liberalizzazione economica, nulla è riuscito a fermare il più ampio accordo commerciale finora mai negoziato, quello tra Stati Uniti e 11 Paesi del Pacifico, il Trans-Pacific Partnership
Mentre in Europa è in corso la settimana di mobilitazione contro il TTIP, trattato di libero scambio tra USA ed Unione Europea, e gli altri accordi di liberalizzazione economica, nulla è riuscito a fermare il più ampio accordo commerciale finora mai negoziato, quello tra Stati Uniti e 11 Paesi del Pacifico: Giappone, Australia, Nuova Zelanda, Canada, Messico, Perù, Cile, Vietnam, Singapore, Brunei, Malesia. Si tratta del Trans-Pacific Partnership (Tpp), un patto di libero scambio che ha il potenziale di cambiare il volto del commercio globale. Il TPP copre il 40% dell'economia mondiale con un Pil complessivo di circa 28 mila miliardi di dollari, un terzo del commercio globale su di un bacino di 800 milioni di persone. L’accordo, in attesa di essere approvato dal Congresso Usa e poi ratificato dai rispettivi governi degli altri Paesi, non solo ridurrà al minimo le barriere al commercio in quasi tutti i settori, inclusi quelli generalmente protetti come l’agricoltura, ma introdurrà per i partecipanti l’adozione di standard comuni nel settore degli investimenti, dell'ambiente e del lavoro
Una vittoria per Obama che fin dal 2007, quando partirono i primi negoziati tra Cile, Nuova Zelanda e Singapore, ha considerato l’area del pacifico un pivot to Asia per guadagnare spazio in estremo Oriente. E per il primo ministro giapponese Shinzo Abe una rivincita su chi lo accusa da anni di essere un grande imbonitore per aver non aver ammesso che l’ Abenomics, null’altro che il quantitative easing messo a segno dalla Fed all’apice della crisi post mutui sub-prime, ha fallito tutti gli obbiettivi che si era posta.
Un accordo storico che impone comunque una riflessione mettendo da parte per una volta le polemiche sul Ttip. Cosa significa il Trans-Pacific Partnership per la Cina e l'Europa? Se qualcuno avesse ancora qualche dubbio il Presidente degli Stati Uniti non ha mai fatto mistero di voler sfidare il dominio crescente della Cina nella regione del Pacifico. “Ho passato ogni giorno della mia presidenza a combattere per far crescere la nostra economia e rafforzare la classe media. In un momento in cui il 95% dei nostri clienti vivono fuori dai confini degli Stati Uniti, non possiamo far scrivere a paesi come la Cina le regole dell'economia globale. Dobbiamo scrivere queste regole, aprendo nuovi mercati ai prodotti americani e allo stesso tempo fissare alti standard per proteggere i lavoratori e conservare il nostro mercato". La pensa diversamente Bernie Sanders, il candidato "socialista" dei democratici è primo nel poll dello Stato chiave dello Iowa, che ha condannato apertamente il patto. “Si tratta di un accordo commerciale disastroso progettato per proteggere gli interessi delle grandi multinazionali a scapito dei lavoratori, dei consumatori, dell'ambiente e per minare le fondamenta della democrazia americana”.
A questo proposito, l’armonizzazione delle differenti normative relative alla protezione della proprietà intellettuale, delle indicazioni geografiche dei prodotti agricoli, della libertà di stampa, sono stati i cardini del successo degli Stati Uniti nei suoi negoziati con i partner TPP. E il prezzo che un paese come il Giappone è stato disposto a pagare per contare sull’appoggio di Washington in caso di attacco da parte della Cina. Nel frattempo, il dragone in affanno punta a ridare slancio alla Rcep, il Partenariato economico globale regionale, un FTA multilaterale che include Cina, Corea del Sud, Giappone, i dieci rappresentanti dell’Asean, India, Australia, Nuova Zelanda. Ma non gli Usa.
E l’Europa? "Il TPP cambierà la relazione concorrenziale tra le imprese europee e americane per quanto riguarda l'accesso al mercato dell’Asia-Pacifico “, sostengono gli esperti del Centro europeo per la Politica Economica Internazionale.
D'altra parte, molti dei benchmark definitivi nel Trans-Pacific Partnership continuano a rappresentare gli ostacoli principali alla conclusione dei negoziati di libero scambio tra Stati Uniti e Europa. Tra cui la clausola relativa all’Investor-state dispute settlement (ISDS) che consentirebbe alle aziende di citare in giudizio i governi presso tribunali privati in caso di azioni statali che, a loro giudizio, interferiscono con i loro investimenti e riducono i profitti previsti.
Patrick Messerlin, celebre esperto di scienze politiche, ha dichiarato che "l'Unione Europea dovrebbe accelerare i negoziati commerciali con il Giappone, la quarta economia più grande del mondo, ampliare la sua cooperazione con questo paese e pensare seriamente di unirsi al RCEP”.
Resta da vedere a questo punto cosa sia minaccia diretta e cosa non lo sia.
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