Welfare

L’integrazione si fa (anche) allo sportello

Credito L'esperienza di Extrabanca

di Martino Pillitteri

Ad Extrabanca, il primo istituto di credito in Italia nato nel marzo 2010 per servire in prevalenza i cittadini stranieri residenti nel nostro Paese e le imprese da loro gestite, l’apertura di un conto corrente non è solo una transazione tra una banca e un cliente. È un rapporto a lungo termine la cui mission è favorire il processo d’integrazione sociale e il perseguimento di uno sviluppo economico equo dei nuovi cittadini. «Noi aiutiamo i clienti, italiani e non, a conseguire obiettivi che possono cambiare la loro vita in meglio e lo facciamo attraverso l’erogazione di un prestito per l’apertura di un’impresa o per far studiare i figli», spiega Simona Ettorre, direttore commerciale e marketing dell’istituto. «A fare la differenza, rispetto ad altre banche, è il nostro modello di servizio: interazione con il cliente, consulenza in lingua, documentazione multilingue, orario continuato dalle 9 alle 19 ( dal lunedì al sabato e occasionalmente anche la domenica), un’atmosfera e un layout delle filiali in grado di rassicurare i clienti, una gamma dei prodotti molto competitiva sui prodotti di risparmio e sul credito al consumo. A mio avviso, sono tutti valori aggiunti che vanno al di là dell’importanza dei servizi tipici delle banche».
Ma dietro il conto corrente e la gestione del risparmio, c’è anche qualcos’altro, ovvero un’interessante lettura sulle caratteristiche della galassia migratoria. «I clienti filippini e cingalesi, ad esempio, tendono a chiedere i servizi tipici dei lavoratori dipendenti forse perché spesso si occupano di lavori domestici; l’esatto opposto dei clienti pakistani e cinesi, proprietari di imprese. Il senso di comunità tra i cinesi si traduce spesso in prestiti privati tra di loro, soprattutto quando sono in difficoltà finanziaria; i filippini invece si distinguono per un passaparola molto efficace; i clienti romeni tendono a defilarsi dai gruppi organizzati comunitari».
Ma non solo. «Il rapporto con la banca stabilito dai nostri clienti», sostiene Ettorre, «ribalta anche le nostre convinzioni sugli immigrati come individui a basso tasso civico. Al contrario, sono grandi risparmiatori e guardano al futuro con molta attenzione. Non sperperano i risparmi». «Grazie a un’alta propensione al risparmio volta ad accantonare risorse finanziarie di cui usufruire in un momento futuro, spesso nel Paese di origine, e il forte impegno lavorativo, i clienti stranieri, pur con redditi mensili netti del tutto ordinari, sono a volte in grado di sostenere impegni finanziari che, in una logica puramente creditizia e con una metodologia di scoring convenzionale, non sarebbero nemmeno erogati», conclude il direttore.

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