Volontariato

L’integrazione? Qui fa rima con occupazione

Congedi lunghi per immigrati, case per assicurare una vita dignitosa, nuove opportunità per i soggetti svantaggiati. Perché la diversità fa bene all'impresa.

di Francesco Maggio

Aziende che promuovono l’inserimento di extracomunitari nel proprio top management, gruppi industriali che comprano terreni sui quali edificare case da dare in locazione a basso costo ai propri dipendenti, multinazionali che accordano ferie lunghe ai dipendenti extracomunitari affinché possano ricongiungersi con le famiglie. Esempi teorici di responsabilità sociale di impresa contenuti in qualche manuale universitario? No. Tutto vero. E comincia ad accade anche da noi, nel “mitico” Nord est, patria dei distretti industriali così ammirati persino da Bill Clinton oggi alle prese con un problema di enormi proporzioni: l’integrazione delle migliaia di immigrati che lavorano nelle aziende del posto, da anni affette da cronica carenza di manodopera. Un fenomeno, quello dell’immigrazione, che riguarda una fetta sempre più vasta d’Europa, nella quale, mediamente, il 15% degli abitanti delle metropoli è costituita da cittadini di origine extraeuropea (indiani, pakistani, caraibici, turchi, nordafricani) e dove, per altro verso, si registra un significativo incremento del numero di immigrati diventati a loro volta imprenditori. A Londra, per esempio, il 10% delle nuove imprese è costituito da imprenditori appartenenti a minoranze etniche. In Germania vi sono 50 mila aziende di proprietà turca. A Stoccolma le aziende che fanno capo a comunità di immigrati hanno creato, nel solo 1998, 14 mila nuovi posti di lavoro.

Alleanza europea col non profit
Insomma la parola d’ordine che ci accompagnerà a lungo nel prossimo secolo risponde al nome di “integrazione” e a realizzarla possono e devono contribuirvi con sempre maggiore consapevolezza proprio le stesse imprese che del lavoro degli immigrati si avvalgono per produrre e macinare profitti (in proposito, può rivelarsi utile la lettura del recentissimo volume di Magatti-Monaci “L’impresa responsabile”, Bollati Boringhieri, L. 38.000). Per questo Ebnsc (European business network for social cohesion) la rete di imprese europee che opera come punto di riferimento nella Comunità sui temi della responsabilità sociale delle imprese, ha lanciato nel 1997 il programma gaining from diversity (diversità come opportunità) che si prefigge, tra l’altro, di promuovere la diversità come fattore strategico di sviluppo per le aziende, favorire l’inserimento lavorativo dei soggetti più deboli, collaborare con le organizzazioni non profit dei vari Paesi Ue per mettere a punto insieme programmi di integrazione culturale, sociale e lavorativa, offrire assistenza diretta alle imprese per moltiplicare le iniziative che valorizzino le differenze di etnia, lingua, età, genere, condizione, religione.

Gli imprenditori “responsabili”
Puntualmente, ogni anno, l’Ebnsc organizza un convegno internazionale per fare il punto e avanzare proposte sul tema e quest’anno, dopo Lione e Stoccolma, è toccato a Vicenza ospitare l’evento, intitolato “Lavoro, pari opportunità, diversità” e organizzato con la collaborazione di Sodalitas, associazione per lo sviluppo dell’imprenditoria nel sociale di Milano, partner nazionale di Ebnsc e di Altraimpresa di Vicenza, associazione sostenuta dall’Associazione industriali di Vicenza che promuove lo sviluppo delle organizzazioni non profit e della responsabilità sociale delle aziende. «Vicenza rappresenta il cuore del Nord Est, territorio dove la questione immigrazione ha assunto proporzioni decisamente rilevanti» afferma Roberto Brusutti, presidente di Altraimpresa, «e quindi abbiamo apprezzato moltissimo la convinzione con cui Sodalitas ha sostenuto la candidatura della nostra città per ospitare il convegno. Il Nord est ha un tessuto economico fatto di piccole e medie imprese ancora scarsamente strutturate per affrontare una questione così complessa come la “diversità”. D’altro canto» continua Brusutti, «le nostre aziende sono molto legate al territorio dove sono insediate e quindi avvertono più che altrove il dovere di impegnarsi in prima linea a trovare soluzioni a problemi di natura anche sociale». E che questa sia la strada maestra da seguire lo ha ribadito anche Alan Christie, vice presidente di Levi Strauss e rappresentante delle imprese europee aderenti a Ebnsc: «Le imprese leader si devono impegnare in prima persona per individuare gli strumenti più efficaci e adeguati a trasferire ai diversi attori economici il messaggio della “diversità come opportunità”».
Così il convegno si è rivelata una importante occasione per scoprire come, sebbene all’estero un simile messaggio venga già da tempo ben recepito (come nel caso di British Telecom che favorisce con iniziative ad hoc l’inserimento nel top management di extracomunitari) anche in Veneto, in alcuni casi, esso è giunto significativamente a destinazione. Basti pensare all’accordo firmato pochi giorni fa dalla Zanussi Electrolux di Susegana (in provincia di Treviso) sui congedi “lunghi” per consentire ai lavoratori extracomunitari di ricongiungersi con le famiglie che vivono in Paesi lontani. O ancora alla conceria Mastrotto di Arzigliano (Vicenza) nella quale lavorano 150 immigrati provenienti per la maggior parte dal Ghana e dal Senegal, pari al 15% della forza lavoro.

Cercasi aziende sperimentali
Qui il gruppo ha acquistato appositamente terreni per edificare abitazioni e assicurare ai dipendenti extracomunitari condizioni di vita dignitose. Inoltre, ha pubblicato Welcome, il manuale dell’immigrato extracomunitario, un libro bilingue che racconta come vivere quotidianamente nel nostro Paese affrontando e risolvendo problemi legali e fiscali, la ricerca di un’abitazione e di un’occupazione, come scegliere la scuola o la banca. La ministra per le Pari opportunità Laura Balbo, intervenendo al convegno, ha ribadito che «il Nord Est è il primo laboratorio del nostro Paese impegnato a sperimentare nuovi modelli per promuovere l’integrazione delle diversità». L’auspicio è che, date le dimensioni del fenomeno immigrazione nel nostro Paese, presto anche le imprese di altre regioni italiane aprano i “laboratori” numero due, tre, quattro….

Voglio l’azienda alla pari

La mia esperienza di imprenditore mi ha insegnato che il lavoro e lo sviluppo non nascono dal nulla, ma che al centro di ogni successo ci sono sempre delle persone che mettono in campo il loro impegno, la loro intelligenza e la loro storia. Se il capitale umano è destinato sempre più a fare la differenza, noi imprenditori abbiamo non solo il dovere etico ma anche tutto l’interesse, ai fini dello sviluppo delle nostre imprese, ad accrescere e migliorare questa immensa risorsa. Le aziende già globalizzate hanno imparato a trarre profitto dalle diversità e quando pensiamo alle diversità dobbiamo riferirci anche ai soggetti comunemente considerati deboli sul mercato del lavoro. Dare a costoro pari opportunità significa potersi avvalere delle peculiarità di ciascuno e non invece appiattirle nel tentativo di omologarle a standard comuni. Il lavoro, del resto, rappresenta una risposta efficace per una integrazione di chi è socialmente debole. La flessibilità, perciò, a cui oggi tutte le imprese devono tendere per essere competitive implica la capacità di sapersi avvalere di contributi non sempre omologabili al lavoro cosiddetto tradizionale. Storicamente il Veneto è nuovo a queste esperienze e quindi dobbiamo essere particolarmente attenti e disponibili a costruire dei meccanismi di integrazione.
presidente di Aprilia Spa

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