Formazione

L’integrazione è il loro mestiere

Multidisciplinari e trasversali: i master e i corsi che formano i professionisti del sociale si muovono tra ambiti e competenze diverse: senza perdere d'occhio la gestione dei conflitti

di Chiara Sirna

Nascono da Scienze della formazione, Sociologia, Scienze politiche, ma anche da Lettere e filosofia. In altre parole sono figli interfacoltà e infatti è proprio sotto questa voce che compaiono nei portali universitari. Di cosa stiamo parlando? Né di casi isolati né tanto meno di percorsi accademici fini a se stessi. Anzi, al contrario. Sono quei bacini di formazione da cui le amministrazioni pubbliche, le scuole e gli ospedali attingono per arruolare professionisti in grado di gestire e coordinare servizi, progetti di assistenza o integrazione rivolti agli strati deboli emergenti della società. Stranieri o italiani che siano. Non a caso, infatti, il tasso medio di placement per i master sociali oscilla tra il 60 e il 70%. A patto però che il percorso formativo sia trasversale.

Chi opera nell?ambito della mediazione culturale così come dei servizi e della comunicazione sociale, deve sapersi districare tra ambiti e competenze diverse, ma complementari: dalla sociologia, meglio se d?impronta antropologica multiculturale, al diritto, fino alla psicologia e alla pedagogia. Senza mai perdere d?occhio la gestione dei conflitti. «Una formazione che permetta semplicemente di comunicare sulla falsariga di una traduzione piatta non è sufficiente», spiega Milena Santerini, docente di Pedagogia interculturale e coordinatrice del master di I livello in Formazione interculturale all?università Cattolica di Milano. «Quando si ha a che fare con gruppi migratori consistenti non basta un?infarinatura, anche di ampio respiro, sulle culture d?origine», continua, «bisogna invece preparare gli studenti all?impatto che quelle stesse culture subiscono nelle società di accoglienza, in modo che imparino a gestire i conflitti e le differenze senza renderli statici». Obiettivo al quale il master tenta di rispondere proprio con laboratori pratici. Docenti del Center for international conflict resolution della Columbia University di New York, per esempio, esaminano «passo passo situazioni di conflittualità e disagio attraverso simulazioni di casi reali», spiega Margarite Cohen- Emerique, docente della Sorbona, specializzata in tecniche di lavoro sullo shock culturale, che insegna vis à vis «a percepire e superare le differenze culturali». Infine Daniele Novara, del Centro psicopedagogico per la pace di Piacenza, entra nel merito della riappacificazione delle divergenze.

«La conoscenza del diritto è basilare, ma bisogna essere in grado di ammorbidire i conflitti. È naturale che si creino, ma non sono necessariamente dannosi. Tutto sta a riequilibrarli», spiega Pietro Basso, direttore del primo master nato in Italia in materia di immigrazione – Migrazione, fenomeni migratori e trasformazioni sociali – dell?università Ca? Foscari di Venezia, che per quanto sia arrivato ormai alla sesta edizione vanta ancora una media di placement del 65%. «Nelle carceri, per esempio», continua Basso, «è esplosa l?emergenza mediazione: alcuni nostri corsisti hanno attivato gruppi di lavoro interni, altri sono entrati nelle commissioni provinciali per i rifugiati, altri ancora hanno avviato indagini sui Cpt, piuttosto che progetti per conto dei sindacati».

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