Sostenibilità

L’integrazione davanti al notaio

migranti e diritti

di Redazione

Sono stranieri il 10% dei mutui stipulati e delle nuove imprese avviate. Questo significa che sempre più immigrati hanno a che fare con atti notarili. Ecco la principali problematiche, a partire dalla lingua sino al regime patrimoniale dei coniugidi Domenico Chiofalo*
Con la crescita della popolazione immigrata nel nostro Paese, proveniente da territori comunitari, e soprattutto extracomunitari, sono aumentati i processi di integrazione che consentono ai migranti di diventare parte attiva della nostra società. Basti pensare che nell’ultimo anno il 10% dei mutui è stato contratto da stranieri e la stessa percentuale si trova anche nell’avvio di nuove imprese. Questi dati sono sufficienti per capire le ragioni per cui anche gli studi notarili sono diventati luogo di incontro fra gli immigrati e l’ordinamento del nostro Paese, in momenti essenziali della loro vita, fondamentali per completare il loro percorso di integrazione, quali l’acquisto della casa, la sottoscrizione di un mutuo, l’avvio di un’attività imprenditoriale.
In concreto qual è l’attività specifica del notaio in relazione ai cittadini stranieri e quali sono le principali problematiche che si presentano?
Il diritto privato vigente in Italia presenta notevoli differenze rispetto a quello di numerosi Paesi stranieri. Occorre, quindi, svolgere un’azione di comparazione e applicazione di soluzioni trasparenti, nel rispetto del diritto dei singoli Paesi. È necessaria un’attività di assistenza e di guida che consenta una corretta integrazione e la diffusione pratica di una cultura del diritto che torni a vantaggio dell’intera comunità.
La legge riconosce allo straniero regolarmente soggiornante (ecco la prima verifica che deve fare il notaio) i medesimi diritti dei cittadini italiani: potrà acquistare una casa, costituire una società, fare un testamento. Nel caso in cui, invece, si tratti di straniero non soggiornante in Italia, bisognerà verificare la cosiddetta condizione di reciprocità, ossia se al cittadino italiano è consentita quella medesima operazione nel Paese di provenienza dello straniero (ad esempio, in Ghana un italiano non può acquistare casa).
Molto spesso un ostacolo importante è quello della lingua. Nel caso in cui lo straniero non conosca l’italiano occorre nominare un interprete e l’atto notarile (di acquisto della casa, di costituzione di una società, etc) viene redatto in doppia lingua. Ma anche nel caso in cui lo straniero capisca l’italiano, occorre che il notaio spieghi, in modo chiaro e comprensibile, cosa si sta firmando, le tasse che si stanno pagando e le agevolazioni fiscali alle quali si ha diritto, gli obblighi di un condominio, il funzionamento di un mutuo, la differenza tra un tasso d’interesse fisso e uno variabile, che cosa accade se non si pagano le rate, quali sono le responsabilità derivanti dall’esercizio di un’attività d’impresa e quale forma giuridica e societaria può essere più adatta alle proprie esigenze.
Ci sono poi gli aspetti legati alla regolazione del matrimonio nei Paesi d’origine (si pensi che esiste anche un matrimonio pakistano “telefonico”), ai diritti del coniuge e delle donne in particolare, con le problematiche derivanti, per esempio, dalla poligamia, e al regime patrimoniale coniugale. Uno dei problemi più frequenti nella pratica di tutti i giorni è proprio quello relativo al regime patrimoniale tra i coniugi nel caso di acquisto di una casa. Non sempre, infatti, lo straniero si preoccupa di questo aspetto che può diventare una questione di difficile soluzione se non affrontata per tempo. Il notaio dovrà infatti verificare il regime patrimoniale vigente nel Paese di provenienza per valutare le sorti dell’acquisto (e dell’ipoteca da concedere per l’eventuale mutuo) in capo all’altro coniuge. Se il regime vigente è quello analogo alla nostra comunione legale dei beni, occorrerà l’intervento di entrambi, con i problemi (soprattutto di tempo) che sorgono quando uno di essi non si trova in Italia: in questi casi occorre, infatti, una procura che deve essere redatta presso il consolato italiano (o l’ambasciata) all’estero o dalle autorità stranieri competenti con, in questo secondo caso, la relativa traduzione giurata in italiano e la “legalizzazione” o “apostille” (attestazione ufficiale – resa dalla competente autorità – della qualifica legale del pubblico ufficiale che ha firmato la procura e l’autenticità della sua firma), a seconda dei Paesi. In base all’art. 30 della legge 218/95, è comunque consentito anche ai cittadini stranieri residenti in Italia di poter scegliere, con un apposito atto pubblico, uno dei regimi patrimoniali previsti dalla legge italiana, facilitando il loro inserimento nella vita comune in Italia.


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