Non profit

L’insurrezione del popolo dell’accoglienza

Napoli: la mobilitazione contro i ridardi nei pagamenti. Dal giugno 2006 sono 150 le organizzazioni che, ricoprendo servizi per conto del Comune, non vedono un euro. Il sindaco corre ai ripari, con un

di Sara De Carli

Alla fine san Gennaro ha fatto il miracolo. Dopo 18 mesi di ritardo nei pagamenti e dopo aver accumulato nei confronti del terzo settore cittadino un debito di 60 milioni di euro, il Comune di Napoli ha trovato il modo di metterci una toppa. Ci sarà una grande operazione finanziaria che darà la cessione del credito a una banca (nel momento in cui scriviamo, martedì 20 novembre, la banca deve ancora essere individuata), con oneri finanziari a carico del Comune e non delle organizzazioni sociali. Nel giro di 15 giorni il terzo settore potrà così riscuotere il suo credito. Ci sono volute le dimissioni minacciate dell?assessore ai Servizi sociali, Giulio Riccio e quelle date (ma poi ritirate) del presidente della commissione Politiche sociali, Franco Moxedano. C?è voluta la minaccia della sospensione dei servizi (il primo sciopero della storia) da parte di 150 organizzazioni sociali che ogni giorno per conto del Comune garantiscono servizi a 40mila tra minori, disabili, anziani, non autosufficienti, immigrati, tossicodipendenti. E ci sono volute (soprattutto?) Le Iene, che hanno sbertucciato il sindaco Rosa Russo Iervolino.

Ma la soluzione proposta dal Comune è poco più di un pannicello caldo, che risolve l?emergenza ma non cambia la situazione complessiva. «Non ci sono in ballo solo i ritardi del Comune di Napoli», dice Sergio D?Angelo, portavoce del Forum del terzo settore della Campania. «Ci sono i ritardi degli altri Comuni, delle Asl, e in generale una revisione strutturale delle politiche sociali».

Per questo il terzo settore napoletano, unito in modo trasversale, resta di malumore. E ha confermato la manifestazione che mercoledì 21 novembre ha portato in piazza tra le 5 e le 10mila persone, sospensione dei servizi inclusa. Schierate tutte le grandi sigle: innanzitutto il Forum del terzo settore campano, con le sue 21 organizzazioni, dalle Acli all?Arci, da Federsolidarietà e Legacoopsociali, più il comitato ?Il welfare non è un lusso? e il ?Sam Campania?, un comitato che riunisce 107 strutture di accoglienza per minori, il primo a denunciare i mancati pagamenti e a sospendere le nuove accoglienze già dal 1° novembre 2007. In tutto 150 organizzazioni, 240 strutture di accoglienza residenziale, 4mila operatori e 40mila utenti nella sola città di Napoli: tutti decisi ad andare fino in fondo.

O gli stipendi o i pannoloni
«La nostra non è una prova di forza con il Comune», precisa D?Angelo. «I servizi li costruiamo, non ci piace per niente l?idea di sospenderli. Questa vicenda ha dimostrato il grande senso si responsabilità del terzo settore napoletano, che si è accollato responsabilità non sue».

Gli fa eco Cesare Romano, portavoce del Sam: «Sono venuti al pettine i nodi di un sistema di politiche sociali sbagliate. Il problema è come evitare che la situazione si ripresenti. Chiediamo la stabilizzazione dei servizi, l?adeguamento delle rette ai costi reali, il riconoscimento di alcuni servizi sociali come servizi indispensabili».

Anche Arnaldo Rossi, presidente del consorzio CoRe, è della stessa idea: «C?è una concezione vecchia del welfare come qualcosa di residuale, non come fattore di sviluppo. La 328 è pochissimo applicata, ai Piani di zona non ci chiamano mai. È necessario avviare un tavolo di concertazione».

Alla manifestazione plaude anche Giuseppe Sottile, direttore della filiale napoletana di Banca Etica. «Gli ultimi pagamenti sono stati fatti a giugno 2006: un ritardo che avrebbe fatto fallire qualsiasi impresa. Il sistema cooperativo ha retto perché i soci lavoratori hanno accettato di non pagarsi lo stipendio per mesi. Era l?unica spesa rimandabile, non potevano certo non comprare cibo e pannoloni».

Per far fronte al credito di 60 milioni di euro che il terzo settore vanta nei confronti del Comune di Napoli, moltissime cooperative si sono indebitate con gli istituti bancari, arrivando complessivamente a 40 milioni di euro. Banca Etica è uno degli istituti più coinvolti: da sola ha anticipato al sistema quasi 25 milioni di euro.

Quadruplicare la spesa sociale
È ancora D?Angelo che dettaglia le richieste per il futuro. Lui non crede né allo scaricabarile della Iervolino sui mancati pagamenti da parte del governo, né al patto di stabilità come capro espiatorio: «Sono concause, ma il problema è che questa amministrazione deve stabilire se le politiche sociali sono davvero una priorità. Sulla carta sì, ma quando arrivano due soldi li usano sempre per altri settori».

Basti dire che sia al Comune di Napoli sia alla Regione Campania la spesa sociale è vicina ai 32 euro pro capite l?anno, contro una media nazionale di 120 euro. «Chiediamo che la spesa sociale venga innalzata alla media nazionale: quella di quadruplicarla può sembrare una richiesta inverosimile, ma è ugualmente necessaria», dice D?Angelo. E poi un tavolo di concertazione con il Comune che trovi da subito soluzioni strutturali, la modifica dell?articolo 28 del regolamento comunale, in modo che i servizi sociali vengano inseriti tra quelli indispensabili e sia così garantita la priorità nei pagamenti, la riduzione dell?Irap per le onlus («in Campania paghiamo il 5,25%, mentre in altre Regioni versano meno della metà»), l?approvazione della legge regionale sulla cooperazione sociale («siamo l?unica Regione a non averla, con un ritardo di 15 anni»).

E una richiesta anche al governo: «Un meccanismo perequativo che colmi il divario di investimento nelle politiche sociali tra Nord e Sud e un contributo al reddito minimo di cittadinanza. In una regione che ha il 25% di poveri, mi sembra il minimo».


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