Welfare
L’insostituibilità del reddito di inclusione
L’editoriale del portavoce dell’Alleanza contro la povertà, che apre il numero di VITA di ottobre. «Bisogna sviluppare il Rei secondo quel disegno originario per cui la misura sarebbe stata offerta a tutti i poveri assoluti»
La povertà ha più cause, da studiare a fondo per trovare le giuste risposte. La povertà ha più forme, con tante sfumature tra povertà assoluta e povertà relativa. Intervenire su una persona senza fissa dimora non è la stessa cosa che dare una risposta ad un disoccupato. Sono entrambi poveri, ma sono… diversamente poveri.
Anche la povertà ha delle sue specificità. Se si vuole dare una risposta concreta ed efficace alla povertà assoluta bisogna sviluppare il Rei secondo quel disegno originario per cui la misura sarebbe stata offerta a tutti i poveri assoluti.
Il Reddito di inclusione è in vigore dal dicembre 2017 ed è il primo intervento nazionale e strutturale esplicitamente pensato e realizzato per contrastare la povertà assoluta. Ma al momento raggiunge solo poco più della metà del numero di poveri assoluti in Italia, con percorsi che stanno piano piano partendo in tutta Italia secondo modi e tempi differenti. Quindi, potremmo dire che la strada scelta è quella giusta, ma la strada da fare è ancora lunga. Cosa si può realisticamente chiedere, ora, al Governo? Almeno due cose. Con una premessa.
La premessa risiede non tanto nella sostanza dell’intervento, quanto nel processo che ha portato alla costruzione di una misura come il Rei. Un iter che parte da lontano, dalla fine del 2013 quando si è costituita l’Alleanza contro la povertà. Un network aperto, oggi composto da 35 soggetti sociali di varia natura e impegnati anche in ambiti diversi che si sono dimostrati capaci di trovare convergenze all’interno della rete, ma soprattutto all’esterno nel dialogo con la società civile e la politica. Un dialogo alimentato non solo dalla conoscenza “dal basso” della materia, ma anche da una produzione scientifica e analitica dei dati che ha fatto breccia nel discorso pubblico tanto da generare un intervento finora inedito nella nostra storia repubblicana. Un intervento, vale la pena ribadirlo, che proprio in ragione della sua genesi non si può catalogare come “proprietà” di una parte partitica, piuttosto che di un’altra. Credo che questo modello di interlocuzione fra soggetti sociali e attori politici sia un patrimonio da mettere al servizio del Paese, a prescindere dalla stagione politica. Fissato questo punto, torniamo alle due richieste da sottoporre al Governo…
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