Mondo

L’insostenibile teatrino dei dibattiti TV sull’immigrazione

Ogni giorno, in una specie di staffetta tra i vari canali, vanno in onda trasmissioni di cosiddetto “approfondimento” che hanno come tema l’immigrazione. Lo schema è sempre lo stesso e mancare sono proprio le voci dei migranti

di Marco Ehlardo

Ci ricasco ogni volta. Come un cretino. Accendo la TV e praticamente ogni giorno, in una specie di staffetta tra i vari canali, va in onda una di quelle trasmissioni di cosiddetto “approfondimento” che hanno come tema l’immigrazione. Dovrebbe bastarmi un minuto; una carrellata degli ospiti presenti e dovrei già capire che no, non è il caso di perderci tempo. E invece mi faccio fregare da un’irrazionale speranza che magari questa volta è diverso. E invece non lo è. Lo schema è ormai sempre lo stesso.

Da una parte c’è il politico di destra, anti-immigrazione se non apertamente xenofobo, con le solite retoriche frasi: “siamo invasi”, “aiutiamoli a casa loro” e “blocchiamo l’immigrazione”. Che poi sarà magari anche laureato, ma un po’ scarso in geografia, visto che l’Italia ha ben 7.458 chilometri di coste (più i confini terrestri al nord), e vorrei capire proprio come pensa di presidiarle tutte. Sull’aiutarli a casa loro vorrei una volta tanto capire cosa propone, ma vallo a sapere.

Dall’altra parte il politico appartenente ad una delle cosiddette “sinistre”, il cui ruolo è essenzialmente dare del razzista al suo collega di destra, e niente altro. Anzi, sostanzialmente, le analisi si discostano poco da quelle sentite in precedenza. Semmai cambiano solo i toni. Al concetto di “invasione” si sostituisce quello di “emergenza”; che è in pratica la stessa cosa. Quando poi, anche lui, parla di “aiutare l’Africa” riesce a fare addirittura peggio. Considerando il recente accordo che hanno fatto con la Turchia, e quelli con Paesi di provenienza dei migranti come l’Afghanistan (qualcuno gli dica che non è in Africa) o l’Africa subsahariana, in cui si danno finanziamenti a quegli stessi governi da cui i migranti fuggono, paradossalmente preferisco il generico “aiutiamoli a casa loro” del leghista di turno.

Immancabile il collegamento con i cittadini, tutti necessariamente iscritti al partito dei “non siamo razzisti, ma”. Gli slogan sono sempre gli stessi, tragicomici: “non siamo razzisti, ma i neri ci rubano il lavoro”; “non siamo razzisti, ma i neri stuprano le nostre donne”; “non siamo razzisti, ma i neri portano malattie”.

Ci manca solo che qualcuno dica ““non siamo razzisti, ma se vedo un nero gli sparo”. Ci arriveremo, temo. Infine, non può mancare il rappresentante di qualche mega organizzazione per i diritti dei migranti. Che, se va bene, è un’organizzazione internazionale di quelle para-istituzionali, che almeno hanno una sufficiente autorevolezza, ma scontano, purtroppo, la necessità di non poter mai prendere posizioni troppo nette. Se va male, invece, c’è il rappresentante di qualche corporation del tipo “Aiutiamo i migranti S.p.A.”, che un migrante magari non l’ha mai visto da vicino e si presenta pure con l’appello per la raccolta fondi per la sua organizzazione.

L’unica variabile di questi programmi è, paradossalmente, il conduttore. Ce ne sono di due tipi: quello apertamente schierato contro l’immigrazione, e li conosciamo (ed evitiamo), e quello più o meno neutrale ma che almeno contesta, ogni tanto, le affermazioni dei politici quando sono proprio troppo fantasiose. Visto che nella TV italiana vanno sempre più di moda i talk in cui gli ospiti sono dei giornalisti, tanto varrebbe che si proponessero solo dibattiti in cui il giornalista/conduttore intervistata giornalisti/ospiti e facciamo prima (e forse meglio). Quello che manca, drammaticamente, sono voci nuove, diverse, che propongano analisi e soluzioni originali. Ce ne sono alcune in giro, ma, per i reali obiettivi di chi mette in piedi queste trasmissioni/teatrini, non interessano, anzi sarebbero controproducenti.

Vi immaginate uno che, davanti alle affermazioni del politico di destra, invece di limitarsi a dargli del razzista gli risponda che sui dati magari ha ragione (panico nello studio!) ma ne contesta analisi e soluzioni proponendone, però, altre più concrete? O che, davanti alle affermazioni del politico di sinistra, gli contesti che dicono una cosa e ne fanno un’altra? O, più spesso, in realtà non fanno nulla di concreto?

Mancano le voci degli operatori, quelli che lavorano da anni tutti i giorni sul campo con i migranti, ed allo stesso tempo conoscono davvero il loro territorio, i loro concittadini, e possono dare una visione complessiva ed obiettiva, da entrambi i punti di vista.

Mancano, ovviamente le voci dei migranti. Personalmente non ritengo che siano sempre necessarie o utili; essere migrante non significa necessariamente essere esperto del fenomeno, così come operarsi al cuore non ti rende un esperto di cardiochirurgia. Ma almeno porterebbero esperienze reali e concrete, che non guasterebbe far ascoltare al pubblico.

Qualche trasmissione ha provato, col tempo, ad ovviare con la presenza di un nuovo tipo di politico: il parlamentare o amministratore locale di origine straniera. Meglio se africana. Con risultati ancora più frustranti. Perché, essendo il personaggio abituato a fare politica (quella italiana, per giunta) da anni, ormai si distingue ben poco dai loro colleghi “autoctoni”. Col risultato, ad esempio, che davanti ad eventi quali la protesta di cittadini italiani contro un centro di accoglienza, ho sentito tranquillamente dire a questo tipo di personaggio politico “nuovi” che sì, è grave e bisogna stare con i migranti, ma hanno ragione anche gli italiani, e bisogna stare anche con loro.

Se la satira politica la fanno gli stessi politici, siamo davvero alla frutta. In definitiva vi faccio un appello: smettetela di vedere queste trasmissioni. Anche perché, nell’era della dittatura degli ascolti, potrebbero finalmente essere costretti a farle in maniera diversa. Se vi piace il teatro, andate in quelli veri. Se vi piacciono le banalità, andate a vedere un cinepanettone, che vi fa più bene. E se volete approfondire davvero, leggete un bel libro.

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