Lavoro sociale

L’innovazione al servizio dell’inclusione: come funziona il modello “Spazio Aperto”

Dal rapporto con le imprese ai nuovi servizi: l'esperienza della storica impresa sociale milanese raccontata dal suo presidente Gianluca Casalini alla vigilia del convegno di lunedì 20 in occasione dei 40 anni della cooperativa, a cui prenderà parte anche il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli

di Stefano Arduini

Sono tre le “i” lungo le quali negli ultimi 40 anni si è dipanata la vita di una delle maggiori cooperative sociali di inserimento lavorativo di Milano: Inclusione, Innovazione e Impatto. Spazio Aperto nasce nel 1984 e oggi, otto lustri dopo, conta numeri importanti: un fatturato da circa 25 milioni di euro e 877 dipendenti di cui 275 con disabilità fra persone con problemi fisici, persone con problemi psichiatrici e persone con entrambe le tipologie di disabilità. Il 65% del fatturato è realizzato sul mercato privato, a fronte del 35% su quello pubblico. Una proporzione anomala nel comparto della cooperazione sociale che ancora oggi spesso presenta bilanci fortemente determinati da commesse pubbliche. 

Il modello “Spazio Aperto” è stato raccontato in un volume (“Fare impresa sociale: idee, storie, responsabilità. L’esperienza di 40 anni di Spazio Aperto Cooperativa Sociale” a cura di Loris Camarin e Alberto Fontana) che sarà presentato lunedì 20 maggio nel capoluogo lombardo in occasione di un convegno a cui prenderà parte, fra gli altri, il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli.

Un’occasione non solo per ripercorrere la storia di questa importante realtà del tessuto sociale ed economico di Milano e della Lombardia, ma anche per ragionare sulla “manutenzione” del sistema normativo e di pratica dell’inclusione sociale delle persone fragili. Temi che anticipa in questo dialogo Gianluca Casalini, dal 2020 presidente di Spazio Aperto dopo essere entrato “in azienda” a 26 anni col servizio civile da obiettore di coscienza: «Mi occupavo di raccolta di rifiuti». Anno dopo anno, ha prima raggiunto la casella di vicepresidente e poi quella di presidente: «Per me Spazio Aperto non è solo un lavoro e una vera e propria famiglia, sono “nato” qui e sinceramente non mi immagino da un’altra parte nemmeno nei prossimi anni». 

Proviamo a essere pratici: come nel concreto Spazio Aperto genera Inclusione, fa Innovazione e produce Impatto? 

Le rispondo per date. Nel 1999 Spazio Aperto apre un ufficio “Marketing e Sviluppo”. Niente di particolarmente innovativo in senso assoluto, ma – che io sappia – prima di allora mai nessuna cooperativa sociale aveva aperto al suo interno un’area del genere. L’intuizione era tanto semplice quanto rivoluzionaria: cercare commesse sul mercato “vero” senza “accontentarsi” di fornire servizi al pubblico. Quello che siamo oggi è anche figlio di quella scelta. 

Seconda data: 2005. Due anni prima la legge Biagi (art. 14 decreto legislativo 276/2003) aveva previsto che i servizi competenti e le parti sociali potessero definire convenzioni quadro su base provinciale, aventi ad oggetto il conferimento di commesse di lavoro alle cooperative sociali medesime da parte delle imprese associate o aderenti. In buona sostanza le imprese, attraverso l’affidamento di commesse a cooperative sociali, potevano assolvere agli obblighi occupazionali riferiti a persone fragili previsti dalla legge 68/99. Noi fummo fra i primi a puntarci con decisione. Fu una scommessa. Oggi posso dire che l’abbiamo vinta. 

La terza data?

Il 2012. In Italia era appena arrivato il “Car2Go”. L’azienda che lo gestiva cercava un partner che organizzasse la pulizia e la logistica del parco auto. Noi facemmo la proposta parlando non tanto della inclusione lavorativa “compresa” nel pacchetto, quanto della qualità del nostro servizio. Risultato? Per dieci anni abbiamo gestito 3mila veicoli in quattro città: Milano, Roma, Torino, Firenze. Una vera e propria innovazione nel nostro settore. 

Gianluca Casalini

Proviamo ora a guardare al futuro: quali sono le prossime scommesse? 

Siamo in una fase di assestamento. Veniamo da anni complessi dopo il Covid, lo scoppio di due guerre con forti pressioni sui costi energetici e delle forniture. E ora arriveranno gli aumenti contrattuali previsti dal nuovo ccnl di categoria. Aumenti necessari per i lavoratori, a cui corrisponde una crescita dei costi dal punto di vista dell’impresa. Ciò detto le rispondo citando i casi di quattro aziende con cui stiamo lavorando, casi esemplari di quello che dovrà essere il nostro posizionamento sul mercato privato nei prossimi anni. Ad Amazon forniamo un servizio di riparazione delle bag dei loro loro corrieri. Lo facciamo attraverso un laboratorio sociale che ci consente di far lavorare in un ambiente protetto persone con disabilità piuttosto gravi. Uno degli sviluppi sarà proprio questo: l’inserimento lavorativo di persone sempre più fragili. Il secondo punto è l’ampliamento dell’utilizzo dell’articolo 14. L’esperienza con Boehringer Ingelheim Italia per cui ci occupiamo di pulizia di alto livello è molto significativa in questo senso, tanto che con loro abbiamo avviato i primi articoli 14. Poi c’è lo strumento dell’isola formativa. Ovvero la formazione direttamente in azienda per figure come i centralinisti piuttosto che per attività come l’inserimento dati. In questo l’azienda disegna un perimetro dentro il quale noi portiamo la nostra capacità di formazione di persone fragili. Quando le cose funzionano bene come nel caso di Sanofi è l’azienda stessa che al termine del percorso può assumere il personale preparato da noi. Infine il caso di Mandarin. Un hotel 5 stelle lusso per cui gestiamo la pulizia delle cucine. Lo facciamo su tre turni (mattino, pomeriggio, sera/notte) assicurando la massima qualità e attenzione. Giusto per avere un’idea: in un albergo di quel livello la rottura di un singolo piatto può “costare” 400 euro e se per caso viene riscontrata una macchia su una cappa bisogna pulire di nuovo l’intero ambiente. Insomma ci vuole grande competenza. In futuro dovremo alzare sempre di più l’asticella per creare le condizioni per innalzare il livello delle nostre mansioni e quindi della qualità dell’inclusione lavorativa.

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