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L’influencer Alessia Lanza: «Sdoganare la fragilità è un atto di coraggio»
Nel numero di maggio di VITA Alessia Lanza, tiktoker da 4 milioni di follower e il rapper Chicoria leggono con il loro originale sguardo il malessere della Generazione Z. Parola ai giovani e a chi li frequenta ogni giorno
Quattro milioni di follower su Tik Tok, un libro all’attivo e ora anche un podcast prodotto da OnePodcast in cui affronta i disagi della sua generazione, dal titolo Mille pare: la content creator ventiduenne Alessia Lanza sicuramente sa interpretare e comunicare bisogni, linguaggio e malessere dei giovani. E anche se al momento utilizza prevalentemente i social, vorrebbe “sconfinare” su altri media, per svolgere meglio un ruolo di mediazione tra il mondo dei ragazzi e quello degli adulti.
Cosa caratterizza la sofferenza dei giovani di oggi e cosa la distingue rispetto al passato?
La differenza sostanziale risiede, credo, nel perché stiamo male: ci sono dei fattori che non hanno aiutato. Uno, il più ovvio, è la pandemia. I ragazzi di qualsiasi età si sono ritrovati a stare chiusi per un periodo davvero lungo e questo ha creato dei problemi. Poi, per quanto io ami lavorarci, i social hanno anche dei lati negativi, hanno fatto nascere in noi molte paranoie, legate al fatto di non sentirsi mai abbastanza e di mettersi a confronto con altri. Che poi, alla fine, con tutti i filtri e gli effetti ci si paragona a persone che non esistono realmente.
Il modo in cui si parla del malessere dei giovani li fa sentire un po’ ingabbiati in una narrazione secondo la quale sarebbero deboli, fragili, vittime?
Veniamo considerati più deboli perché parliamo di più di quello che ci passa per la testa e di quello che ci fa stare male: abbiamo proprio bisogno di affrontare determinate tematiche. La generazione dei miei genitori certe cose non le affrontava, non dava loro nemmeno un nome. Penso banalmente all’ansia sociale: i primi anni di superiori già non stavo bene in mezzo alla gente, ma non ne parlavo; penso che mio padre e mia madre pensassero che fossi chiusa o timida. Ora siamo fortunati a poterci aprire. Posso dire “Non riesco ad andare a quella festa, perché c’è troppa gente”, posso essere fragile e questo, in realtà, è bello. Saper chiedere aiuto agli altri è importante. Io l’ho capito da poco, perché sono sempre stata molto orgogliosa.
Qual è, invece, la narrazione che i giovani vorrebbero fosse fatta di loro?
Io sento una grande responsabilità nel parlare con la mia voce rappresentando un’intera generazione. Personalmente sono stufa che qualsiasi cosa indossi, fai o dici non vada mai bene. C’è una pressione troppo grande e noi siamo troppo piccoli per capire come affrontarla. Ed è qualcosa che inizia sempre più presto, è tutto esageratamente veloce. Si stanno saltando delle tappe importanti, devi mostrarti sempre perfetto, bello, intelligente e alla moda. Devi dare tante risposte a domande che nemmeno comprendi appieno. Se cambi idea ti dicono che sei incoerente, quando invece dovrebbero vederti all’interno di un percorso di crescita e di consapevolezza, stiamo tutti imparando.
Il tuo podcast parla proprio di questi argomenti. Come l’hai strutturato?
L’ho pensato in modo che siano bei messaggi, chiari e semplici, da cui comunque si possa imparare qualcosa. Il podcast non è per gli adolescenti, è per tutti. In special modo, vorrei che i genitori mi dicessero “Figo, mi piace quello che hai fatto, mi ha permesso di conoscere meglio mio figlio”. Il mio desiderio è di avvicinare anche gli adulti, per questo mi piacerebbe affacciarmi anche al mondo della televisione: è un modo per arrivare a un altro target, che magari non si trova sui social network. Ci devono essere più giovani che parlano, perché abbiamo tante cose da dire e ogni tanto sembra che le persone non ci vogliano ascoltare.
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Foto di Federico Laddara
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