Welfare
L’indulto è stato un successo, ma nessuno lo vuole scrivere
Intervista a Luigi Manconi, padre del provvedimento di clemenza
di Redazione

Nessun tg ne ha parlato. Censura dai grandi giornali. Eppure i numeri sono clamorosi: la recidiva è metà di quella abituale. E gli stranieri… Leggeteli bene, perché sono numeri praticamente introvabili. I detenuti usciti dal carcere grazie al provvedimento di clemenza varato dal Parlamento nell’estate 2006 sono stati 27.965. A tre anni di distanza hanno fatto rientro in cella 8.477 persone. Con un tasso di recidiva del 30,31%, pari a meno della metà della percentuale ordinaria di chi sconta per intero la pena dietro le sbarre (68%). Numeri introvabili, nascosti, si diceva. Non ne hanno parlato i tg. Ha taciuto la grande stampa. Eppure fino a ieri bastava solo accennare alla parola “indulto” per accendere gli appetiti dei grandi media. Oggi qualcosa è cambiato. E intorno alle cifre definitive e incontestabili di quella norma è calato inesorabile il sipario (malgrado da oltre una settimana siano state presentate alla Camera e riprese dalla più importante agenzia di stampa italiana). Luigi Manconi, nel 2006 sottosegretario alla Giustizia con delega alle carceri, è certamente il politico italiano che più di ogni altro ha scommesso sull’efficacia di quella misura di clemenza, di cui ancora oggi in molti (pur avendola votata) disconoscono la paternità. Non sorprende dunque che sia stato proprio lui a finanziare di tasca sua («ci ho messo 6mila euro») l’ultima tranche della ricerca condotta dal ricercatore torinese Giovanni Torrente che inizialmente aveva voluto proprio il ministero della Giustizia.
Vita: L’indulto è stato un successo. Ma nessuno se ne è accorto. Perché?
Luigi Manconi: Quella norma non è stato un evento ordinario, né ordinariamente politico. La lotta ideologica che ne è scaturita non è stato un comune conflitto. Di cui sono rimasti vittime non solo i politici, ma anche i giornali. E i giornali oggi dimostrano di non avere la forza di riconoscere gli errori. Ma con queste cifre non c’è possibilità di equivoco. Io stesso non ero sicuro di dove saremmo andati a parare. Proprio io che su questo fronte ho giocato la mia reputazione non ero certo di avere ragione. Quando poi ho letto gli ultimi dati di Torrente ho tirato un sospiro di sollievo. Ma se oggi a 100 opinion leader sottoponiamo la frase «con l’indulto sono tornati tutti dentro» registreremmo un consenso spaventoso.
Vita: In altri termini i media hanno deformato la realtà. Si potrebbe raccontare anche così la storia dell’indulto?
Manconi: Sull’indulto il ruolo dei mezzi di comunicazione è stato fortemente attivo, soggettivo e politico. Ma questa operazione è stata resa possibile perché nell’opinione pubblica c’era un’ampia disponibilità. Non dimentichiamo che fra il 2005 e il 2008 sui tg di Rai, Mediaset e La7 i minuti dedicati alla criminalità sono passati, vado a memoria, dal 10 al 23% del tempo disponibile. In questo stesso periodo però i crimini sono rimasti stabili o in alcuni casi sono perfino diminuiti. Le testate che sono riuscite a mantenere l’equilibrio sono state ben poche e tutte con tirature ridotte. Oltre a Vita, ricordo Liberazione, Il Riformista, Il Foglio e, con qualche contraddizione, il Manifesto.
Vita: Questo cortocircuito che effetti ha avuto sulla politica?
Manconi: A fronte di dati confortanti, l’indulto è divenuto il principale capo di accusa nei confronti del governo Prodi. Il centrodestra ha compiuto un’operazione straordinaria che il centrosinistra non è riuscito minimamente a rintuzzare. Eppure, come è noto, quella misura fu decisa dal parlamento con il voto di autorevoli esponenti del centrodestra, come Altero Matteoli di An.
Vita: Dai suoi dati si evince che gli stranieri sono tornati a delinquere in misura minore degli italiani. La sorprende?
Manconi: In effetti il dato della recidiva è inferiore di 10 punti percentuali. Posso fare solo illazioni. La prima, è che i reati degli immigrati sono agevolati dalle circostanze sociali ed economiche.
Vita: Un po’ buonista come spiegazione: le carceri sono piene di immigrati, lo dicono proprio i numeri a cui lei è tanto affezionato?
Manconi: Dire che la maggioranza dei detenuti è di immigrati è una cazzata.
Vita: Non saranno la maggioranza, ma il 38,5% sì. Tanti rispetto al numero di stranieri presenti in Italia?
Manconi: Due osservazioni: il tasso di criminalità degli immigrati regolari è inferiore a quello degli italiani. Secondo: se confrontiamo due persone con lo stesso reato, un immigrato e un italiano, il primo passerà in carcere più tempo del secondo.
Vita: Perché?
Manconi: Per lo straniero la custodia cautelare durerà di più; al processo avrà una pena maggiore e una volta detenuto usufruirà di meno benefici.
Vita: Andiamo verso le 64mila presenze in carcere, 20mila oltre il limite di legge. Serve un nuovo indulto?
Manconi: Non credo che una misura del genere possa avere chances. Più facile sarebbe riformare il sistema delle pene, riducendo la carcerizzazione. Oggi ci sono 20mila detenuti per reati legati a sostanze stupefacenti. Di questi non sappiamo nemmeno quanti sono legati a organizzazioni di spaccio e quanti sono i tossici.
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