Welfare

L’indice della felicità

L'idea è della London School of economics. E intanto irrompono una app e un movimento di giovani europei che vogliono costruire una società più felice

di Ottavia Spaggiari

 

Si può misurare la felicità? Eterna domanda apparentemente senza risposta. Innumerevoli i tormentoni estivi ispirati proprio da questo quesito, che non rimane però relegato al mondo delle canzonette. Era il 1968 quando Bob Kennedy, scaldava il suo elettorato con il discorso, passato poi alla storia, sull’inadeguatezza del PIL, strumento incapace di misurare effettivamente il benessere della popolazione. Di anni ne sono passati parecchi e ancora oggi, non si è trovato un metro alternativo alla misurazione del benessere nazionale, anche se qualcuno non ha smesso  di cercare. 
 
E’ atteso in Gran Bretagna il nuovo “National wellbeing index”, l’indice che dovrebbe offrire informazioni sullo stato del paese, basate proprio sull’analisi di dati relativi alla felicità della popolazione. Fortemente sostenuto da Richard Layard economista e professore della London School of Economics, si prevede che l’Indice mostrerà delle enormi differenze relativamente alla felicità della popolazione e, come ha spiegato Layard in un’intervista al Guardian, l’obiettivo è proprio questo: “Capire chi è felice e chi invece non lo è e vedere se le politiche adottate stanno facendo o meno la differenza”. A chi mette in discussione l’utilità dell’operazione, lui ne ribadisce invece l’importanza: “Se pensiamo che la felicità sia ciò a cui i nostri parlamentari devono puntare, allora diventa necessario misurare i risultati. Dopotutto  fino a 30 o 40 anni fa era giudicato impossibile misurare la depressione, cosa che poi si è rivelata assolutamente fattibile. Credo che lo stesso accadrà con la felicità”. 
 
E’ proprio figlia della London School of Economics , Mappiness, un’applicazione I-phone, sviluppata da George Mac Kerron ,nell’ambito di un progetto di ricerca sul rapporto tra ambiente e soddisfazione personale. Chiunque può diventare oggetto di studio e aiutare i ricercatori a capire cosa influenzi di più lo stato d’animo delle persone. Basta scaricare (gratuitamente) l’applicazione sul proprio telefono e prendersi  due minuti per rispondere alle domande che vengono inviate due volte al giorno su cosa si stia facendo, dove ci si trovi e quale sia il livello di felicità in quel preciso momento. Lanciato nell’autunno del 2011, il progetto ha coinvolto fino ad ora più di 50 mila persone, la maggior parte in Gran Bretagna. Per ora i dati raccolti mostrano risultati abbastanza scontati: il benessere dei partecipanti aumenta notevolmente nei weekend e il giorno più felice dell’anno, neanche a dirlo, è Natale.
 
Eppure sembra che la felicità non sia un tema poi così banale. La Young Foundation, uno degli istituti britannici più autorevoli in materia di innovazione sociale ha addirittura lanciato un progetto per aiutare le persone a vivere meglio. Si chiama Action for Happiness ed è un vero e proprio movimento sostenuto da persone intenzionate a costruire una società più felice. Anche qui, troviamo tra i promotori, il professor Layard, per cui la felicità è soprattutto un valore morale: “il principio fondamentale della filosofia morale è quello di creare nel mondo quanta più felicità possiamo, non solo per noi, ma soprattutto per gli altri.”
 

 


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