Famiglia

Lina, una luce nell’esodo tra Venezuela e Colombia

Nell'anniversario della Convenzione Onu dei Diritti del fanciullo le voci e le testimonianze dei bambini lavoratori raccontano la loro esperienza tra speranze e fatiche. Le attività dell'Associazione Creciendo Unidos che si occupa tra le altre cose di formazione sui diritti, recupero scolastico, formazione socio lavorativa, accompagnamento psicosociale

di Cristiano Morsolin

«La guerra è brutta perché non solo distrugge le famiglie ma distrugge il mondo, separa e costruisce muri di odio e violenza», Lina ha 13 anni, proviene dal Venezuela ed è emigrata a Cucuta, frontiera colombiana.
Non è una spettatrice qualunque di questo esodo messianico di migliaia di venezuelani che scappano dal Venezuela. Oggi nell’anniversario numero 29 della Convenzione Internazionale dei Diritti del Fanciullo proclamato dalle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, Lina è una voce di pace che esige il rispetto dei diritti umani, nella marea di 100mila minori venezuelani che ora stanno vivendo in Colombia.

Lina è un’adolescente lavoratrice che aiuta sua mamma a vendere fiori e piante nel barrio, nella periferia di Colombia ed è stata eletta rappresentante del suo gruppo organizzato insieme agli educatori dell’Associazione Creciendo Unidos che da 32 anni realizza accompagnamento psicopedagogico in zone marginali come la baraccopoli di Caracoli nella periferia di Bogotá dove migliaia di desplazados, di rifugiati interni in un conflitto che si trascina da oltre 50 anni, vivono ancora in baracche di legno e lamiere senza servizi pubblici.

Lina mi spiega: «Insieme all’Associazione Creciendo Unidos e al movimento dei Bambini, bambine e adolescenti lavoratori organizzati in Colombia stiamo diffondendo l’Agenda territoriale dell’infanzia, in collaborazione con Terre des Hommes TdH Germania e anche l’associazione Nats Per di Treviso. Sogniamo di cambiare il mondo, organizzandoci nel nostro quartiere e nella nostra città di Cucuta per far sentire la nostra voce di opposizione alla guerra che ancora recluta forzatamente bambini e adolescenti a Tibú da parte di gruppi armati illegali».
In queste zone, infatti, opera tutt’ora l’Esercito di Liberazione Nazionale Eln, che ha abbandonato il tavolo di negoziazione con il governo colombiano in Quito.

Mi impressiona il protagonismo e la luce che emana Lina (nell'immagine di spalle), anche in questa intervista che lei stessa realizza ad altre bambine e educatrici di Bogotá nel programma giornalistico Notinnats: «È la prima volta che vengo nella Capitale, qui fa tanto freddo ma la gente è amichevole e solidale con noi».

Il lavoro minorile visto dai suoi protagonisti
Il periodico locale colombiano La opinión ha realizzato recentemente un’intervista a Damián Alejandro Gómez Castaño, educatore di Fundación Creciendo Unidos ed ex bambino e adolescente lavoratore, venuto in Italia nello scorso mese di maggio; Carlos Omar Jiménez Moncada, volontario della stessa organizzazione, beneficiario di una borsa di studio grazie al progetto Borse di studio Piera Piasentin, ed ex bambino e adolescente lavoratore e José Vicente Prada, responsabile della casa di Cúcuta della Fondazione.

Damián Alejandro Gómez Castaño ha 26 anni, e ha cominciato a lavorare quando aveva 7 anni per contribuire al sostentamento alimentare della sua famiglia (con l’aiuto dei suoi 7 fratelli), nella quale arrivò quando aveva appena 2 anni, dopo essere stato adottato.
Lui fa parte dei 6,8 milioni di vittime del conflitto armato colombiano (secondo la Unidad de Atención y Reparación Integral a las Víctimas del Conflicto Armado), che fece fuggire la sua famiglia da Puerto Barrío, in Antioquia.
Essendo il più piccolo dei suoi fratelli, lavorava con sua mamma, Ana Deli Castaño, camminando per le strade del quartiere Niña Ceci vendendo verdura.
La sua giornata lavorativa cominciava alle 6 del mattino e si concludeva alle 12, dopo aver percorso il maggior numero possibile di piazze. Quando entrò alla scuola di formazione professionale, cambiò il suo orario lavorativo in quanto non voleva lasciare gli studi. Variò inoltre il tipo di merce che vendeva. Il carretto adesso era pieno di infradito, e i suoi percorsi erano più corti, finché non installò il suo posto di vendita di fronte al supermercato El Flechazo, davanti alla sede di Fundación Creciendo Unidos, dedicata a trasformare la vita e la realtà dei bambini lavoratori.
A 14 anni Damián entrò a far parte di questa organizzazione sociale, che ancora oggi frequenta, che lavora con quasi 400 bambini di Cúcuta, Tibú, Sardinata e Bucarasica.
Al suo interno fece un corso di lavorazione del cuoio, che gli ha permesso di acquisire altre abilità e ottenere una migliore remunerazione per aiutare meglio la sua famiglia, senza dover percorrere necessariamente tante strade e accorciando la sua giornata lavorativa. In questo modo poté dedicare più tempo a quello che voleva fare: studiare.
«Ho sempre studiato, il lavoro non ha violato il mio diritto a essere bambino, mi ha fatto diventare più maturo. Non sono mai stato obbligato a lavorare, l’ho sempre fatto volontariamente, perché mia mamma era anziana e dovevo aiutarla», ha dichiarato.

Gómez è il ragazzo che da più anni frequenta l’organizzazione, ha già concluso la sua formazione professionale come comunicatore sociale presso l’Università Francisco de Pala Santander (Ufps). Continua a far parte della fondazione, perché è convinto che ci siano molti bambini lavoratori che come lui hanno bisogno di una mano per non mollare e proseguire gli studi.
«Vado in posti come Cenabastos a parlare con i bambini di questo settore. Mi piacerebbe studiare qualcosa relativo al lavoro sociale, perché ci sono forme di lavoro minorile pessime, però ce ne sono anche di degne, che sono quelle che difendiamo», precisa.

La vita dolce e amara che ha dovuto assaporare Damián Gómez è toccata anche ad altri centinaia di bambini colombiani. Nel Paese ci sono 869mila bambini e adolescenti di età tra i 5 e i 17 anni che lavorano, secondo i dati riportati dall’Instituto Colombiano de Bienestar Familiar (Icbf) e Cúcuta occupa l’undicesimo posto per numero di infanzia lavoratrice. Nieva si trova al primo posto.
«La fondazione mi ha permesso di accrescere le mie conoscenze in tema di diritti giovanili, diritti infantili, su che cos’è l’infanzia lavoratrice. Ora ho una visione più critica, differente dalla visione governativa che semplicemente demonizza il lavoro minorile».
Dentro all’organizzazione è stato delegato nazionale per la coalizione contro il reclutamento dei bambini nel conflitto armato, e qualche mese fa è stato in Europa presentando la sua esperienza grazie al lavoro della fondazione. È stato in 18 istituti scolastici, 2 università e 4 incontri pubblici.
«Il fenomeno del lavoro minorile esiste da sempre, vorremo cambiare la visione che si ha. La Colombia è iscritta al programma di eradicazione del lavoro a livello mondiale con l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo), però noi guardiamo più in la e lavoriamo per la causa, per capire in che forma possiamo intervenire, con questi bambini e in questo luogo».

A Sardinata
Carlos Omar Jiménez Moncada, di 22 anni, conosce bene Damián. Come lui, ha dovuto lavorare da quando aveva 11 anni. Vive a Sardinata, dove ha convissuto con il conflitto armato, i suoi lavori e i suoi studi.
Cominciò aiutando suo zio nell’ambito delle costruzioni. Lo faceva durante le vacanze o quando aveva diversi giorni liberi dal collegio. Per il resto del tempo aiutava suo papà come carrettiere. «Dovevo farlo, nessuno mi obbligava, però dovevo rimediare alle necessità della mia famiglia», ha dichiarato.
I mestieri che faceva erano molto vari, e hanno compreso anche il dare ripetizioni a suo cugino, che studiava nello stesso suo grado scolastico. Lo zio lo pagava per questo.

È entrato nella fondazione grazie all’aiuto del Collegio Nuestra Señora de Las Mercedes, il che ha reso la sua vita più giudiziosa e solida. Frequentò un corso d’inglese e a 17 anni fu assunto dall’unica donna che ritiene lo abbia sfruttato a livello lavorativo.
«Mi pagava 10mila pesos per le lezioni, quando io le facevo guadagnare più di 200mila pesos al giorno. Uscivo dal collegio a mezzogiorno, all’1.30 viaggiavo fino a La Y di Astilleros, a El Zulia, dove davo lezioni di inglese a persone adulte. Alle 6.30 della sera tornavo a casa e fare i miei compiti scolastici. A 17 anni questa cosa mi rese più forte».
Attualmente frequenta il sesto semestre del corso di comunicazione sociale nella Ufps, dove riceve una borsa di studio e tiene un programma radiofonico per l’emittente comunitaria Sardinata Stereo. «Sono cresciuto essendo un bambino lavoratore, e lo dico con orgoglio. Il lavoro nobilita, quello che non è degno è obbligare un bambino a farlo e sfruttarlo», enfatizza.

L’appoggio di Fundación Creciendo Unidos
La Fundación Creciendo Unidos (Fcu) si costituisce come ente giuridico nel 1994 con obiettivi fondamentali quali: formazione sui diritti, recupero scolastico, formazione socio lavorativa, accompagnamento psicosociale, organizzazione per la partecipazione e il protagonismo, appoggio allo sviluppo delle comunità di Bogotá, Norte de Santander (Cúcuta, Tibú, Sardinata e Bucarasica), Chocó e Risaralda.

L’esperienza maturata nel corso di tre decadi grazie al coordinamento di Reinel Garcia, ha permesso a Fcu di approfondire le proprie conoscenze sulle problematiche vissute dall’infanzia lavoratrice e sulla base di queste, di strutturare risposte, strategie di intervento, relazionarsi con organizzazioni sociali e posizionarsi come un attore in ambito locale, nazionale e internazionale con capacità di dialogare di fronte a entità pubbliche, società civile, università e organismi non governativi relazionati con il tema.

Il coordinatore regionale dei progetti della fondazione, José Vicente Prada, ha spiegato che durante questi anni il lavoro della fondazione ha inciso nelle zone vulnerabili di Norte de Santander.
«Si stanno sviluppando programmi che arrivano a queste famiglie vulnerabili, nel caso di Cúcuta in settori come Cenabastos, Colombia 1 e Niña Ceci, dove sono stati elaborati programmi formativi e educativi grazie a sponsorizzazioni che arrivano dall’Italia (dall’Associazione onlus Nats Per-Treviso), attraverso le quali si garantisce ai bambini il loro materiale scolastico o le borse di studio fino all’università».

* esperto di diritti umani in America Latina dove lavora dal 2001

In apertura foto da diversidaenmovimiento.wordpress.com

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