Il mio primo ricordo di bambina legato a un Papa riguarda l’attentato contro Giovanni Paolo II ad opera di Ali Agca. Era il 1981, avevo 7 anni. Rivedo la tv in bianco e nero, l’edizione straordinaria del telegiornale annunciata da un’allarmante scritta preparatoria. Mia nonna che per la prima volta si ferma e si siede in poltrona. Poi, in silenzio, si asciuga gli occhi con il grembiule.
Ieri sera ci ho tenuto molto ad aspettare davanti alla televisione l’uscita del nuovo Pontefice con i miei bambini. Ho pensato che anche per loro sarebbe stato un imprinting – questa volta positivo – con la storia.
Ma non immaginavo che sarebbe stato così commovente. Quando è uscito su quel balcone, Papa Francesco ha parlato con una tale semplicità che non c’è stato bisogno di dar loro spiegazioni. E quando ha chiesto di recitare una preghiera, anche loro, così piccoli – e senza essere invitati a farlo – hanno pregato a voce alta. Ho immaginato i milioni di persone che, in quello stesso istante, stavano facendo la stessa cosa, magari come me, insieme ai loro figli.
E’ stato bello. No. E’ stato bellissimo, mi ha aperto il cuore. Mi ha dato la misura della forza comunicativa, del carisma di questa figura che ci ha appena presi per mano. E che sa comunicare la spiritualità ai piccoli.
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