Economia
L’impresa sociale? Diventi la casa dei talenti dei nostri giovani
Si è chiusa ieri la XIII convention di Cgm con un dibattito sulle nuove generazione a cui hanno partecipato fra gli altri Paolo Venturi, Ivana Pais e Luigino Bruni. Riproponiamo qui l'intervento del presidente del Consorzio Gino Mattarelli pubblicato sul numero di Vita di gennaio dedicato proprio ai giovani
In un contesto generale in lenta ripresa dopo la crisi, i giovani stanno cercando nuovi spazi di protagonismo nei processi economici e sociali emergenti, spingendo sull’acceleratore del cambiamento.
È in atto una rivoluzione sotto traccia che si sostanzia anzitutto in una nuova visione sulla socialità, in una domanda crescente di nuove forme di partecipazione e di condivisione. L’idea che i giovani hanno della comunità fa convergere le dimensioni di globale e locale: si potenzia sempre più la consapevolezza di vivere in un mondo interconnesso (non solo dalle tecnologie ma soprattutto da fattori economici, politici e ambientali) e allo stesso tempo guardano alla propria comunità locale attraverso la lente di nuovi paradigmi legati all’innovazione, alla sostenibilità e all’inclusione.
Se è vero che le nuove generazioni sono sempre più orientate a un’idea di sviluppo che unisca la produzione di valore economico a quella di valore sociale, l’impresa sociale può rappresentare per loro un grande bacino di opportunità. Ciò sarà possibile però solo se si porteranno a compimento i processi di cambiamento che la nuova impresa sociale post-riforma ha iniziato a tratteggiare. Ad esempio, la capacità di intraprendere in nuovi mercati, in particolare quelli che maggiormente incontrano l’attitudine all’innovazione sociale “community based” dei giovani, come la rigenerazione urbana, la riqualificazione dei beni comuni, il welfare di comunità, la valorizzazione culturale e ambientale del territorio, l’agricoltura sociale, lo sport. Ma affinché i giovani vedano nell’impresa sociale un possibile terreno di gioco per le proprie sfide e le proprie aspirazioni la discontinuità negli oggetti di lavoro non è sufficiente..
L’idea che i giovani hanno della comunità fa convergere le dimensioni di globale e locale: si potenzia sempre più la consapevolezza di vivere in un mondo interconnesso (non solo dalle tecnologie ma soprattutto da fattori economici, politici e ambientali) e allo stesso tempo guardano alla propria comunità locale attraverso la lente di nuovi paradigmi legati all’innovazione, alla sostenibilità e all’inclusione
È necessario che l’innovazione sia strutturale, a partire dal definire l’impatto sociale come principale tratto identitario, e che in quest’ottica siano attivate trasformazioni nei modelli e nelle strutture organizzative, tali da renderle sempre più degli ecosostemi aperti, orientati allo scambio e all’ibridazione, per dialogare con chi vede nella collaborazione, nel co-design, nella logica peer to peer il naturale contesto generativo per lo sviluppo individuale e collettivo.
Creare queste nuove connessioni significa costruire le premesse per portare talenti e energie nuove all’interno delle imprese sociali ma anche darsi la possibilità di avvicinare, grazie alla prospettiva “impact oriented”, la galassia delle comunità di innovatori attivi in campi ad alto tasso di innovazione come la tecnologia, il digital manufacturing, il design, le start-up innovative.
C’è poi un pezzo dell’universo giovanile che rischia di essere lasciato indietro. Sono i giovani che per livello di istruzione (pensiamo ai più di due milioni di neet italiani), contesti sociali difficili, disagio familiare o fragilità faticano a trovare sbocchi nel mercato del lavoro e sono a rischio di emarginazione. L’impresa sociale, per la sua vocazione inclusiva, ha la responsabilità di dare risposte e può dare risposte in particolare a queste categorie.
In entrambi i casi, che si tratti di valorizzare talenti o di includere chi rimane ai margini, la produzione di valore dell’impresa sociale si misurerà soprattutto nella sua capacità di generare occupazione e opportunità
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