Welfare
L’impresa sociale che fa diventare l’autismo un vantaggio competitivo
I ragazzi disabili che lavorano nell’azienda di vending della Chicco Cotto, che cura l’approvvigionamento delle macchinette automatiche di quaranta negozi in tutta Italia, «non solo sanno fare questo lavoro, ma sono i più bravi a farlo», sottolinea Don Andrea Bonsignori
di Luca Cereda
Questa storia ha a che fare con la fantasia istillata in ogni novità. E la fantasia sta anche nel nome. Una decina di anni fa le associazioni che si occupano dell’autismo si sono messe insieme nella Federazione Associazioni Nazionali a Tutela di Autismo e Sindrome di Asperger il cui acronimo è: Fantasia. Quello è il punto di partenza, il radicale rovesciamento della domanda che troppi imprenditori, troppe aziende, troppi negozi, troppi enti fanno quando si trovano davanti alla prospettiva di offrire un lavoro a un disabile: “Ma cosa gli faccio fare? Come si può adattare alla nostra realtà? Dove lo metto?”.
A Torino c’è un prete, Don Andrea Bonsignori, che da un decennio è direttore della scuola del Cottolengo che la fantasia la usa eccome, e che sostiene che «la dignità viene prima della carità».
L’idea parte dalla capacità dei ragazzi con autismo
Come si metta in pratica questo “ribaltamento”, lo spiega benissimo, nel libro “Il coraggio di essere uguali”, edito da Edizioni Terrasanta, don Andrea Bonsignori, uno dei protagonisti dell’avventura sociale ma anche imprenditoriale della “Chicco Cotto”: «Partiamo dalla fine: non siamo noi a scegliere una attività per i nostri ragazzi ma guardiamo in cosa sono bravi e poi sviluppiamo quella». Ed ecco, appunto, il piccolo grande boom della cooperativa sociale che, partita da un primo esperimento all’Istituto Cottolengo di Torino, lavora a pieno ritmo oggi nel campo del vending, ovvero gestisce una rete di distributori automatici di caffè, snack e bevande. Impiegando quattro giovani autistici. «L’idea mi venne – racconta Don Andrea – vedendo alcuni ragazzi con autismo che raccoglievano cartacce e le ripiegavano in ordine perfetto. Ho pensato che potevano farlo con pacchetti di biscotti e patatine».
La Chicco Cotto è partita da una manciata di ragazzi ma oggi conta una quarantina di negozi in tutta Italia, e il 90% dei ragazzi che lavorano ha una disabilità. «Un’altra delle nostre particolarità è che la cooperativa inizia il suo percorso di formazione dalle scuole elementari e lo estende fino alle scuole superiori. Previene il problema della dispersione scolastica dei ragazzi in difficoltà, sensibile soprattutto tra la scuole medie e le superiori, e riconosce una qualifica al percorso formativo svolto dei suoi collaboratori».
Un sogno che si avvera per i ragazzi e per l’economia sociale
I ragazzi con disabilità, sindrome di Asperger o dello spettro dell’autismo formati e operativi in questo settore sono più di cento e sono diversamente abilissimi. Nel suddividere le confezioni, l’acqua, le bibite e quant’altro può offrire un distributore automatico. Come quello al primo piano della scuola Cottolengo. «Non solo “lo sapevano fare” ma dividevano e ordinavano meglio degli altri. Questa società – continua Bonsignori – vuole stare sul mercato e ci riesce perché i suoi lavoratori, ben formati, sono i più bravi». Inoltre questi ragazzi sono assunti con diritti e doveri, sono incoraggiati, corretti negli errori quando è il caso. «Non è solo l’orgoglio e l’emozione per il sogno che si è avverato. Questo può essere uno spunto per le tante altre realtà dell’economia sociale che vogliono provare a nuotare nel mare aperto del mercato, partendo dalle peculiarità che altri definiscono limiti. È un percorso non sempre praticabile e comunque mai facile. Non impossibile». Anzi, prima dell’inevitabile stop subito come da tante altre aziende per via della pandemia, i bilanci sociali della “Chicco Cotto Società Cooperativa Sociale Onlus” riporta un fatturato che si avvicinava ai 300mila euro.
I distributori Chicco Cotto
La Chicco Cotto non è solo un’impresa sociale
La Chicco Cotto fornisce su scala nazionale scuole, ospedali, biblioteche e grandi aziende e ha instaurato con il tempo e la qualità del lavoro rapporti di partnership con aziende affermate come Molecola e Lavazza. Ogni ragazzo, secondo le sue possibilità psicofisiche, impara tutte le fasi del processo: approvvigionamenti, rifornimento, manutenzione e rendiconto. «Cerco di gestire la Chicco Cotto con piglio manageriale, perché non è solo una “impresa sociale”, ma una società che sta sul mercato e ha il coraggio di essere uguale a tutte le altre».
E i ragazzi, soprattutto loro, hanno avuto il coraggio di confrontarsi con il mondo del lavoro. «Loro hanno avuto questo coraggio. Oltre al discorso lavorativo, fondamentale per costruire con loro l’autonomia nella vita di tutti i giorni, l’aspetto più bello di questa attività è quello di aver trovato con loro un posto in una società che li valorizza e li fa lavorare, non assegna solo loro un compito da svolgere. E questo si riflette nell’impegno che ci stanno mettendo anche in questa epoca di pandemia, per ripartire al meglio e al più presto».
Il Covid sembra che abbia aggiunto ovunque, per i ragazzi con disabilità, barriere: «non ne ha certamente tolte, ma ripartire al più presto con la nostra attività può essere comunque un’occasione di riscatto forte per i più fragili», conclude Don Andrea Bonsignori.
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