Dunque è possibile iscriversi come impresa sociale presso tutte le Camere di commercio italiane (a proposito sfogliatevi questa bella guida). Ma chi ci potrebbe andare, oltre alle “solite” cooperative sociali (che peraltro sono poco interessate alla cosa)? Servirebbe una mappa delle opportunità (volevo scrivere studi di settore ma non è il caso) che individui i target di una campagna informativa mirata. In attesa che qualcuno ci pensi, posto che ci si voglia pensare, si può iniziare in maniera molto artigianale. Ad esempio con le strutture museali. C’è un bel report dell’Istat su musei e altri luoghi di cultura non statali che apre interessanti e promettenti orizzonti. L’Italia è davvero il paese del museo diffuso: a fine 2006 sono state censite oltre 4.300 strutture di proprietà di privati e di enti locali, con una buona concentrazione nelle regioni centro meridionali, soprattutto in prossimità di siti di interesse storico-culturale, ma anche in aree marginali. Sono strutture visitate da oltre 60 milioni di cittadini grazie a una pluralità di iniziative non solo di tipo espositivo, ma spesso anche didattico e culturale. Rappresentano inoltre un bene meritorio non solo per quel che conservano ed espongono, ma anche per la fruibilità: più del 40% dei visitatori entra a titolo gratuito. La cosa interessante è che i margini di miglioramento vanno tutti nella direzione di una maggiore imprenditorializzazione: orari di apertura, servizi aggiuntivi (pochissimi hanno un bar interno o un bookshop), strumenti di gestione, diversificazione delle fonti d’entrata. Si comincia da qui? C’è anche un altro buon ingrediente su cui lavorare: molte di queste realtà museali sono già in rete (a livello territoriale ma non solo).
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