Cultura

L’impresa eccezionale a XFactor è essere normale

di Lorenzo Maria Alvaro

Viviamo in un’epoca strana. Così strana che si applaude ai funerali, si applaudono i morti, non si sa se perché sono morti o perché sono stati vivi. Un epoca in cui “l'impresa eccezionale è essere normale” per dirla con il Dalla di “Disperato, erotico stomp”.

Quando questa pretesa di normalità incontra la tv, in particolare i talent, si assiste a corti circuiti spettacolari. Di che parlo?

Succede che a Roma muore in circostanze ancora da chiarire un ragazzo che aveva partecipato alle selezioni del programma XFactor lo scorso anno. Succede che, ancora prima che il giovane (nome d'arte Cranio Randagio al secolo Vittorio Bos Andrei) venga sepolto, la puntata della nuova stagione di XFactor andata in onda ieri si apre con un videoclip del defunto. E giù applausi. Fingiamo di credere che il disco in uscita i video e i singoli non facciano guadagnare qualcuno e che quel qualcuno non abbia deciso di cavalcare il caso di cronaca.

Solo che succede anche che a fine puntata una coppia di concorrenti (Daiana Lou – in foto) decidano di uscire di scena. Di autoeliminarsi. Il motivo? «Questa centrifuga ci sta facendo male, non si può passare nella stessa giornata dal memorial di un ragazzo alla pubblicità delle patatine. Non vogliamo sputare nel piatto in cui abbiamo mangiato fino a ora, però per noi il successo non è la via della felicità. Siamo soddisfatti di quello che abbiamo fatto».

Corto circuito.

Il teatrino che è andato in scena da lì in poi, con un Fedez scandalizzato che parla, in soldoni, di comportamento poco etico (lui, quello che produce “Andiamo a comandare” e poi parla di arte), l'intervento della neo guru tv Mara Maionchi che chiarisce come un artista non possa sottostare a certe logiche (non ho intenzione di riportare i virgolettati o proporre il materiale video. Chi volesse può andare sul sito del programma e guardarsi il materiale in autonomia), ha il sapore del grottesco.

La verità è che dicendo “grazie e arrivederci” i Daiana lou, forse senza neanche volere, hanno fatto l'unica cosa (Agnelli – timidissimo nel frangente- direbbe “disturbante”) che è in grado di far saltare il banco del rito televisivo. Negare l'essenza stessa, il senso, la pietra angolare di tutte i programmi di questo tipo: che la via della felicità sia esclusivamente la visibilità. Che esista solo il successo.

Non c'è nulla di eccezionale o di eroico nella scelta dei Daiana Lou. Eppure l'effetto è stato quello dirompente di un gesto rivoluzionario. È forse questo il dramma che viviamo oggi. Dire di no allo spettacolo è visto più eretico, più folle e più destabilizzante che condurre battaglie politiche o sociali. Avere la sensibilità di non voler far parte di un rito collettivo di necrofilia televisiva (non ci sono i giornalisti delle tragedie a quanto pare) è visto con sospetto e diffidenza. Non volersi spendere per fare consigli per gli acquisti è invece uno strano vezzo che nasconde probabilmente interessi più remunerativi. Mettere in relazione la vergogna che è il fare entrambe le cose senza soluzione di continuità diventa esplosivo. La normalità oggi è eccezionale, appunto.

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