Salute
L’impossibile divenuto possibile, 10 anni a fianco della ricerca e delle associazioni
Oltre un milione di euro, questo l’ammontare dei fondi assegnati ai 58 vincitori tra ricercatori, ricercatrici e associazioni di pazienti in occasione della decima edizione del Fellowship e Community Award Progam di Gilead Sciences Italia. Dalla sua nascita il programma ha consentito la realizzazione di circa 500 progetti scientifici o socio-assistenziali
Far sì che progetti e idee di ricercatori scientifici e associazioni possano diventare concreti, in uno slogan “l’impossibile che diventa possibile” questo l’obiettivo dei bandi promossi da Gilead Sciences in Italia, Fellowship e Community Award Program, giunti quest’anno alla decima edizione. I due bandi hanno portato alla premiazione 58 vincitori cui sono destinati finanziamenti per oltre un milione di euro complessivamente per poter realizzare i loro progetti entro i prossimi 12 mesi. In dieci anni a fronte di 1.300 candidature sono stati premiati 486 progetti ed erogati oltre 11 milioni di euro a ricercatori, ricercatrici e associazioni di pazienti.
Soddisfazione «per questa ritrovata presenza e prossimità» è stata espressa da Cristina Le Grazie, direttore medico Gilead Sciences Italia che ha aperto la cerimonia in presenza a Milano alla Fondazione Feltrinelli. «Il senso e lo spirito di questi bandi è far sì che il lavoro in ambito scientifico e quello delle associazioni di pazienti realizzino qualcosa che sia una svolta per i pazienti. I risultati di questi anni sono stati davvero formidabili, frutto della passione e dell’impegno di volontari, ricercatrici e ricercatori di tutta Italia», ha concluso Le Grazie.
Prendendo la parola Alberto Mantovani, direttore scientifico Istituto clinico Humanitas e professore emerito dell’Humanitas University, ha voluto ricordare il suo essere reduce dal S20 «il G20 della scienza, cui va affiancato un SS20 perché scienze sociali e ricerca scientifica devono andare insieme», ha spiegato collegandosi così al duplice binario degli Awards di Gilead che premiano sia la ricerca nei campi dell’Hiv/Aids, delle malattie epatiche e dell’oncoematologia sia le organizzazioni a fianco dei pazienti. Nel suo intervento Mantovani ha ripercorso la storia della medicina e in particolare ha voluto celebrare il 300esimo anniversario dei vaccini «alle cui radici vi è una donna Lady Montagu nel 1721» ha sottolineato. Parlando della sfida attuale contro la Sar-Cov-2 ha parlato del programma Covax e dell’iniziativa Gavi per la salute globale perché «occorre trasformare il vaccino in vaccinazioni» e dedicato la slide finale del suo intervento a Cuamm – Medici con l’Africa.
da sinistra Giuseppe De Bellis, moderatore dell'incontro, Paolo Sportoletti, Paolo Mei e Lucia Ercoli
Sul palco sono poi saliti i rappresentati di tre dei progetti vincitori del premio. Paolo Meli coordinatore dell’area Hiv/Aids della comunità Emmaus di Bergamo associazione che da trent’anni è impegnata nell’accoglienza dei malati e nel superamento dello stigma sociale attraverso la sensibilizzazione dei giovani e della popolazione generale ha raccontato come «per raggiungere gli obiettivi servono buone idee, risorse e continuità, soprattutto davanti a problematiche complesse. Siamo riusciti ad accompagnare nel modo giusto i giovani, nonostante il lockdown e la Dad e a offrire loro la possibilità di fare i test rapidi sull’Hiv grazie ai check-point.
Lucia Ercoli, fondatrice dell’istituto di medicina solidale di Roma, che mappa le periferie della capitale «oltre il Grande raccordo anulare vivono migliaia di persone, non solo immigrati e rom», ha sottolineato Ercoli. L'istituto inserisce in percorsi di cura adeguati le fasce più vulnerabili, con particolare attenzione alle donne, intervenendo così sulla diffusione delle infezioni sessuali «grazie a Gilead 5mila pazienti hanno scoperto il loro diritto alla salute», ha rivelato Ercoli.
Infine il professore di ematologia dell’Università di Perugia, Paolo Sportoletti che grazie a Gilead sta disegnando una traiettoria di ricerca utile a trovare terapie più precise e meno tossiche per la cura dei linfomi, tumori del sangue particolarmente aggressivi e ancora poco curabili con le tradizionali chemioterapie. Il progetto di ricerca di Sportoletti sulla leucemia linfatica cronica è stato premiato più volte dalla Fellowship program di Gilead «la ricerca è un percorso, non è salire un solo gradino».
La cerimonia si è poi conclusa con la premiazione dei 33 progetti vincitori del Fellowship program e dei 25 Community Award, cui si aggiungono i premi speciali all’etica “Mauro Moroni”, quelli per il coinvolgimento attivo del paziente e il premio speciale “Incusion”. L’ultima citazione è andata a alla ricercatrice dell’Irccs San Raffaele, Monica Casucci che è stata premiata per il suo progetto sulle Car-T dalla casa madre statunitense «il 59esimo premio», ha commentato Le Grazie.
In apertura immagine di Belova59 da Pixabay
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