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Lilliput: autocritica e ripartenza. Riannodiamo la rete
Alla loro terza assemblea nazionale, i lillipuziani confermano la struttura informale. Ma denunciano scarsa capacità di comunicare e lentezza nel decidere.
“Bisogna che i fili d?erba nati dalla globalizzazione come resistenza si avviino a diventare arbusti”, ha detto parlando con Vita il sociologo Aldo Bonomi. Quelli della Rete Lilliput devono averlo preso in parola, il professor Bonomi (uno di quelli che i ?lillipuziani? li ha capiti meglio, nelle intenzioni e negli atti, ma ricordiamo anche, sempre su Vita, il dialogo Lilliput-Manconi).
Moderati a chi?
Ecco perché hanno deciso di riannodare ben stretti i nodi della loro rete, ultimamente un po? sfilacciati, nell?assemblea nazionale di Marina di Massa, la terza del genere nella loro storia, che si tiene dal 23 al 25 maggio e che rappresenta un importante momento di riflessione e rilancio di una ?organizzazione senza organizzazione? diventata ormai famosa e nota a tutti, media compresi, che l?hanno etichettata, sbagliando, come l?ala moderata e ?cattolica? del movimento no global.
La Rete Lilliput, presente con una propria delegazione già a Seattle in un famoso e ?caldo? 1999, conta attualmente sul territorio nazionale 70 nodi locali e oltre 800 associazioni e gruppi di base che ne animano i lavori grazie all?adozione di una struttura reticolare decisamente innovativa, fondata su relazioni e strutture ?orizzontali?. Dopo tre anni di attività, dunque, la Rete è entrata nella sua fase di maturità e non a caso l?obiettivo di questa terza assemblea nazionale è quello di valutare in modo articolato come hanno funzionato quest?anno l?insieme dei ?luoghi? della rete (nodi, subnodi e gruppi di lavoro tematici, le tre componenti principali).
Laura Fambrini si occupa proprio di organizzazione, dentro la rete, ma è un incarico talmente sui generis che persino lei ci ride sopra, a sentirsi chiamata in causa in tale veste. Spiega che “la ripartizione classica della rete è quella tra nodi locali e nodi tematici” e che “a Marina di Massa arriveremo in 200 (tanti sono gli iscritti al 20 maggio, ndr) più altri 150 delle associazioni”. Insomma, più che un ?congresso?, una sorta di ?commissione verifica poteri? in versione allargata che non cambierà certo le campagne e le scelte della rete, decise in un?altra assemblea che si è già tenuta, a Vico Equense, organizzata a dicembre 2002 e di tipo ?programmatico?.
“L?assetto organizzativo che ci siamo dati ha luci e ombre”, racconta Deborah Lucchetti del nodo di Genova, “e si è risolta in una forma ibrida che ci vieta di dotarci di portavoce e rappresentanti, scelta che condivido in pieno, ma che fa della nostra una struttura lenta e poco reattiva sulle emergenze. Durante la guerra siamo stati bravi a far capire il nesso tra petrolio e motivazioni economiche, ma altre campagne stentiamo a farle decollare, come quella contro il Wto, mentre su altri temi, dall?immigrazione ai diritti sociali, latitiamo proprio”.
Lontano dalla politica
Risorse e teste la Rete ne ha in abbondanza (come quella della Lucchetti), ma il problema, come in ogni rete che si rispetti, sembra essere quello della ?connessione?. La politica e le strutture i lillipuziani le rifiutano, ma le strategie servono anche a organizzazioni disorganizzate. Riccardo Troisi, che ha seguito la battaglia sulla legge 185 e cerca di rilanciare i nodi del Sud Italia (i più deboli, nella rete, molto più forte e radicata nel Centro e nel Nord) torna sulla difficoltà del rapporto tra nodi e gruppi tematici, ma ha grande fiducia nei terminali locali della rete e nella loro capacità di tradurre i grandi temi in scelte partecipate. “Su acqua, ambiente e democrazia municipale ci siamo”, dice. Il rischio, però, aborrito da tutti, è quello di dar vita a un partito. Francesco Martone, oggi senatore dei Verdi e ieri tra i padri fondatori di Lilliput assieme ad Alex Zanotelli e Francuccio Gesualdi con il ?Tavolo intercampagne?, vede invece “il progressivo rafforzamento della rete e la sua capacità di riempire di contenuti, anche critici, luoghi e istituzioni che spesso ne sono privi, quelli della politica”.
Senza etichette, ma…
Certo è, però, che difficoltà e punti critici restano: i nodi a volte non recepiscono o non rielaborano abbastanza i temi lanciati dai gruppi di lavoro nazionali (e viceversa). Come la campagna Questo mondo non è in vendita contro il Wto, decisamente più difficile da far passare e da ?tradurre? in atti e mobilitazioni specifiche di quella, riuscitissima, della pace, col suo slogan lillipuziano, immediato e di sicuro impatto, “una bandiera su ogni balcone”.
“Non avere vertici, lo ribadiamo, è una forza”, spiega la Fambrini, “e mantiene intatta la nostra caratteristica principale, l?orizzontalità, ma rallenta le decisioni e crea problemi nei rapporti tra nodi e gruppi di lavoro”. Senza dire del fatto che a Lilliput possono aderire sia le associazioni che i singoli, ma che se non c?è nemmeno un?associazione il nodo non nasce e si parla solo di ?punti Lilliput? nel territorio, anche se composti da più persone, e che, d?altra parte, le associazioni possono aderire solo a dei nodi locali e non alla struttura nazionale. “Insomma, l?è una faticaccia, ma esaltante”, chiude con il suo bell?accento toscano la ventinovenne Laura Fambrini.
P.S. Quelli di Lilliput non ne possono più di etichette: ?cattolici del movimento? o ?no global moderati? sono definizioni che li irritano molto. Hanno ragione, però resta un fatto: nei curricula dei nostri interlocutori furoreggiano esperienze scout, in centri missionari e cooperative sociali cattoliche e moderate. Qualcosa anche le biografie, nei fili d?erba, vorranno dire.
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