Cultura

L’idea di sviluppo,la vostra battagliadi liberazione

il dopo Bregantini I consigli di Carlo Borgomeo

di Redazione

Lo scorso numero di Vita ha dato conto delle reazioni, e dell’impegno a continuare, di molti soggetti interessati alla straordinaria esperienza della Locride. Il lucidissimo appello di Vincenzo Linarello e del Consorzio Goel appare quindi destinato a non cadere nel vuoto. Anche la serenità con cui monsignor GianCarlo Bregantini ha gestito la decisione della Conferenza episcopale pongono questa vicenda – e quest’uomo – al di fuori ed al di sopra di tanti episodi cui ci ha abituato la rappresentazione mediatica del rapporto tra i pastori ed il loro territorio, la loro gente, i loro amici più cari.
Dunque la Locride, senza Bregantini: le speranze, i progetti , il lavoro senza la autorevolezza, la tenacia ed il carisma che ne hanno caratterizzato il lavoro. Come continuare, come evitare la «devastazione di questo cammino»?
Credo che si tratti di una sfida assai difficile, all’apparenza proibitiva, soprattutto perché il trasferimento di Bregantini potrebbe essere letto come un segno di sconfitta del percorso fatto. Ed allora bisogna concentrarsi sul modello che Bregantini ha ispirato e che il Consorzio Goel ha messo in pratica, con le difficoltà proprie del territorio, ma con la coerenza di un progetto vincente.
Il “di più” che Bregantini lascia alla Locride è la sua cultura dello sviluppo: uno sviluppo che è tale se ed in quanto parte dai soggetti locali; che è vincente se libera risorse; che si misura in nuovi posti di lavoro, ma soprattutto in assunzione di responsabilità; che è capace di aumentare, anno dopo anno, il numero di persone che camminano a testa alta e che non costruiscono il loro futuro aspettando, pensando di fuggire o di essere accolte in qualche cordata che può proteggerli ed annientarli allo stesso momento. Questa è la cultura dello sviluppo di Bregantini: uno sviluppo basato fortemente sull’esperienza cooperativa, luogo e meccanismo per declinare correttamente la solidarietà; uno sviluppo in cui l’aiuto degli “amici del Nord” è partenariato, è tutoraggio, non obolo. A partire dai piccoli frutti, in cui vi è stata l’espressione meglio riuscita del mix tra entusiasmo ed energie locali, competenze e disponibilità importate. E se la cooperativa non fosse nata con questo modello, non sarebbe ripartita dopo l’incendio doloso che voleva interrompere l’anomala avventura imprenditoriale.
Sbaglierebbe chi pensasse che questo approccio fosse necessitato dalle condizioni locali: questo approccio è frutto di una cultura , sana, moderna dello sviluppo. Bregantini non ha inseguito i grandi tavoli della programmazione grondanti di risorse pubbliche per progetti tanto grandi quanto virtuali. Lavorava sullo sviluppo possibile, impegnava le risorse locali, chiedeva impegno e non lamenti ai giovani della Locride. Questo sviluppo, fatto di interlocuzione con tutti, in cui il soggetto locale non è impaurito o furbo destinatario di processi altrove decisi, in cui le istituzioni locali non sono avidi intermediari di risorse pubbliche, in cui non si inventano progetti finti per giustificare finanziamenti “scambiati” con il consenso. Nelle mie numerose, anche se insufficienti, visite nella Locride, una volta sono stato due giorni di seguito con Bregantini. Convegni, sfida a presentare idee per il prestito d’onore, visite a famiglie “disastrate”: si direbbe, con il nostro linguaggio, vero e proprio animatore di territorio.
E Dio solo sa quanto ci sia bisogno, nella Locride, in Calabria ed in tanto Sud, di questa cultura dello sviluppo. Si ripetono gli errori dei grandi stanziamenti, si relega lo sviluppo locale a gestione, spesso dissennata, di piccoli interventi di agevolazione. Si snobba la dimensione locale dello sviluppo essendo “ben altre” le questioni decisive. Ed invece no: credere nello sviluppo locale, fare leva sulle responsabilità, ricordarsi che la battaglia per lo sviluppo è una battaglia di liberazione.
E fa bene Linarello a chiedere impegno a tutti: non solidarietà soltanto, ma disponibilità a lavorare insieme, ad accompagnare, a progettare. Servono iniziative di formazione di eccellenza, servono consulenze specialistiche per alcune imprese del consorzio, servono sostegni alla commercializzazione dei prodotti: servono giornate-uomo, competenze, disponibilità.
Questa è la sfida per quanti in questi giorni si sono emozionati alla notizia del trasferimento di Bregantini. Questo è dimostrargli la nostra gratitudine. Questo è dimostrargli che abbiamo capito.

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Cara lettrice, caro lettore: il 25 e 26 ottobre alla Fabbrica del Vapore di Milano, VITA festeggerà i suoi primi 30 anni con il titolo “E noi come vivremo?”. Un evento aperto a tutti, non per celebrare l’anniversario, ma per tracciare insieme a voi e ai tanti amici che parteciperanno nuovi futuri possibili.