Non profit

Liceo Keplero, slitta l’arrivo dei distributori di profilattici

E da Milano, il preside dell'Agnesi: "Una scelta di questo tipo va condivisa con le famiglie, in un percorso di educazione all'affettività, oltre che alla sessualità"

di Benedetta Verrini

Devono “informare più compiutamente le famiglie” e “terminare i seminari preparatori”: di fatto, dopo il polverone mediatico che ha seguito la scelta del Liceo Keplero di Roma di inserire macchinette per la distribuzione di profilattici, la dirigenza ha fatto slittare di qualche giorno l’inserimento dei dispenser nei bagni dell’istituto. Sulla vicenda, che sta scomodando Vaticano, politici e sociologi, forse la cosa più saggia l’ha detta un bidello del Keplero: “Io li conosco, ci faranno i gavettoni”.

Alcuni chilometri più a nord, al Liceo Agnesi di Milano, il preside Giovanni Gaglio interpellato da Vita analizza la questione. “La mia funzione è quella educativa”, dice. “Cerco di leggere i bisogni e dare risposte che li aiutino a crescere. Per questo dico che io nella mia scuola li metterei soltanto se ci fosse una richiesta specifica delle famiglie e degli studenti stessi e la decisione passasse in Consiglio di istituto”.

Aggiunge che un distributore di profilattici, come se fossero merendine, “è choccante e va per forza inserito in un percorso educativo di rispetto della persona umana. Per questo al secondo anno noi facciamo un corso di educazione all’affettività e di educazione sessuale, in collaborazione con l’Asl e con consulenti esterni, che poi viene ripreso in una serie di incontri anche al terzo e quarto anno”.

Ma è davvero così difficile andare a prendere i profilattici in farmacia o al supermercato? “No, non dovrebbe esserlo. Per questo credo che la risposta della scuola non è semplicemente nela distribuzione di profilattici, ma nella lettura dei bisogni. Negli anni passati abbiamo avuto tre casi di gravidanze indesiderate. Durante le occupazioni, i ragazzi hanno coinvolto l’Arcigay su alcuni incontri di discussione: tutti questi segnali dimostrano che cercano risposte, che ci sono domande complesse, relative all’identità di genere. Il nostro dovere è dare una risposta che non si limita al distributore, facile escamotage per de-responsabilizzarci, ma offrire loro un percorso per diventare grandi, per capire che dietro l’atto sessuale dovrebbe esserci un rapporto affettivo, per renderli consapevoli e responsabili, per avere rispetto di loro stessi”. 

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