Cultura

Libro shock: il non profit deve fare come il profit

Fanno discutere le tesi di Ken Stern, ex direttore della radio pubblica americana, che accusa le associazioni di essere troppo preoccupate di tenere bassi i costi di gestione anziché di raggiungere veramente gli obiettivi. E ordina: "Fate come le aziende, altrimenti morirete"

di Gabriella Meroni

Il titolo non è incoraggiante: "Con le charities per tutti: perché le charities non hanno trovato il miglior modo di donare". Ma l'autore del libro, di cui si sono occupati largamente i media americani, Ken Stern (ex numero uno della National Public Radio e oggi a capo di un fondo venture) non vuole demolire o mettere in cattiva luce il settore. E non è nemmeno il solito giornalista che cerca lo scandalo facile portando alla ribalta le poche mele marce di un mondo largamente onesto. Infine, non punta il dito neanche contro gli sprechi delle associazioni, visto che non considera affatto uno scandalo che le organizzazioni non profit usino più del 15% o anche del 20% delle donazioni ricevute per mantenere la propria struttura.

La critica di Stern è diversa: se la prende con le charities perché si comportano "troppo da charities" e non come le altre organizzazioni private profit, e quindi, semplicemente, a volte dimenticano che il loro scopo principale è raggiungere gli obiettivi che si prefiggono, e magari comunicarlo come si deve. "Vorrei che le associazioni copiassero i privati, le aziende profit", sostiene Stern, "fornendo prove tangibili del fatto che riescono a raggiungere i loro scopi e realizzare la loro mission. Ci vuole più trasparenza, ma di quella vera".

Nel libro ci sono esempi. Uno dei più clamorosi riguarda la Croce Rossa americana, che dopo l'uragano Katrina ricevette enormi donazioni e si precipitò sul posto, ma venne surclassata dal gigante della grande distribuzione Walmart, che rispose pià velocemente e meglio ai bisogni della popolazione facendo arrivare tonnellate di merci di prima necessità e sfruttando i propri negozi e magazzini per distribuirle. Ancora, dopo il terremoto di Haiti la Croce Rossa ricevette 450 milioni di dollari in donazioni dagli Stati Uniti e un miliardo dal resto del mondo, ma "ancora oggi, con tutti i bisogni che rimangono aperti ad Haiti, ha in cassa ancora 150 milioni di dollari non spesi", sostiene l'autore.

"La Croce Rossa non manca di risorse, umane e organizzative", analizza Stern, "ma, forse per le proprie dimensioni gigantesche, non riesce a mettere in atto i necessari investimenti che sono la base di una qualunque buona azienda: investimenti in strutture, innovazione, ricerca, strategia e nuovi prodotti". "Le associazioni non profit sono troppo preoccupate di mantenere bassi i costi di gestione", continua Stern, "ma questa scelta mina la loro efficienza. Meglio farebbero a riferirsi a parametri diversi, fissare benchmark di impatto sociale misurabili e rispettarli".

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