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Libia, la guerra incivile
Nell'imbarazzo mondiale la reazione violenta di Gheddafi
Ancora la Libia nelle prime pagine dei giornali, la crisi del regime di Gheddafi si complica, per la difficoltà di intervenire dall’esterno in un Paese in piena guerra civile. Gli sbarchi e le conseguenze economiche completano il quadro, all’inizio di una nuova settimana dagli sviluppi incerti.
- In rassegna stampa anche:
- DELL’UTRI
- 5 PER MILLE
- SCUOLA
- FEDERALISMO
- PERSONAGGI
“Gheddafi: senza di me l’Europa sarà invasa”, questo il titolo di taglio sulla prima del CORRIERE DELLA SERA, per annunciare la pubblicazione di una intervista al rais realizzata da Laurent Valdiguiè per il “Journal du dimanche”. La lunga conversazione è pubblicata a pagina 5. Fa effetto leggere nero su bianco le frasi farneticanti di Gheddafi, simili a quelle ascoltate nelle interviste televisive diffuse in questi giorni. Ecco qualche passaggio esemplare: “A sentir lei, tutto va bene». «Il regime qui in Libia va bene. E’ stabile. Cerco di farmi capire: se si minaccia, se si cerca di destabilizzare, si arriverà alla confusione, a Bin Laden, a gruppuscoli armati. Migliaia di persone invaderanno l’Europa dalla Libia. Bin Laden verrà ad installarsi nel Nord Africa e lascerà il mullah Omar in Afghanistan e in Pakistan. Avrete Bin Laden alle porte». Lei agita lo spettro della minaccia islamica…«Ma è la realtà! In Tunisia e in Egitto c’è il vuoto politico. Gli estremisti islamici già possono passare di lì. Ci sarà una jihad di fronte a voi, nel Mediterraneo. La Sesta Flotta americana sarà attaccata, si compiranno atti di pirateria qui, a 50 chilometri dalle vostre frontiere. Si tornerà ai tempi di Barbarossa, dei pirati, degli Ottomani che imponevano riscatti sulle navi. Sarà una crisi mondiale, una catastrofe che dal Pakistan si estenderà fino al Nord Africa. Non lo consentirò!». Lei sembra pensare che il tempo giochi in suo favore… «Sì, perché il popolo è frastornato per quel che accade. Ma voglio farle capire che la situazione è grave per tutto l’Occidente e tutto il Mediterraneo. Come possono, i dirigenti europei, non capirlo? Il rischio che il terrorismo si estenda su scala planetaria è evidente». Alle democrazie non piacciono i regimi che sparano sulla propria popolazione… «Non ho mai sparato sulla mia gente! E voi non credete che da anni il regime algerino combatte l’estremismo islamico facendo uso della forza! Non credete che gli israeliani bombardano Gaza e fanno vittime fra i civili a causa dei gruppi armati che si trovano lì? Non sapete che in Afghanistan o in Iraq l’esercito americano provoca regolarmente vittime fra i civili? Qui in Libia non abbiamo sparato su nessuno. Sfido la comunità internazionale a dimostrare il contrario». Fortunatamente il CORRIERE affida all’inviato Lorenzo Cremonesi, a pagina 6, il compito di ristabilire la realtà dei fatti, direttamente dalla Libia: “Nella trappola di fuoco dei ribelli accerchiati dalle milizie”. Da non perdere la risposta di Sergio Romani, in apertura della pagina delle lettere, a pagina 35, praticamente un editoriale: “Il potere di Gheddafi, il ruolo delle tribù”. Leggiamo un passo: “nel deserto istituzionale in cui il Colonnello ha piantato la sua tenda, vi sono circa 140 tribù di cui almeno trenta sono particolarmente influenti e tre di esse – Al Qaddadfia, Al Magariha, Al Warfalla – sono state per parecchi anni il pilastro del regime. Ma le altre hanno lanciato in questi ultimi tempi alcuni segnali di malumore. Le tribù non hanno una visione generale della cosa pubblica. Sono corporazioni che difendono i loro membri e ne promuovono la carriera, custodiscono gelosamente il loro patrimonio petrolifero, pretendono compensi adeguati per ogni sacrificio richiesto dallo Stato e gli garantiscono la loro lealtà soltanto quando sono soddisfatte (…) Il mondo delle tribù libiche ci è in buona parte sconosciuto. Ma è molto probabile che sia destinato ad avere nei prossimi giorni un ruolo determinante”. Più scontato l’editoriale in prima pagina, firmato da Angelo Panebianco: “Tre scenari per una crisi”. Un passo: “Allo stato degli atti, sembrano essere tre i possibili esiti della crisi libica. Nel primo scenario, Gheddafi viene sconfitto, abbandona il potere e gli subentra una nuova classe dirigente che, nonostante grandi difficoltà, si rivela capace di tenere insieme il Paese e di ristabilire normali relazioni con gli altri Stati. Nel secondo scenario, la guerra civile si protrae a lungo e la Libia sprofonda negli inferi, finisce nel girone riservato agli «Stati falliti», in compagnia di Paesi come la Somalia o l’Afghanistan. Nel terzo scenario, infine, Gheddafi riprende il controllo dell’intero territorio, Cirenaica compresa, al prezzo di un terribile bagno di sangue”. Acuto.
“Gheddafi minaccia l’Europa”: LA REPUBBLICA dedica apertura e molte pagine interne all’evoluzione della situazione libica. Comincia Pietro Del Re con un reportage da Ras Lnuf: “La battaglia infuria tra le dune Gheddafi assedia le città liberate”. Stragi a Misurata e Ben Jawad, mentre la propaganda del Colonnello insiste sull’efficacia della contro-offensiva e i ribelli invece pare usino scudi umani per ripararsi. Nel frattempo Gheddafi minaccia: «Se cado l’Europa sarà invasa da immigrati che nessuno sarà in grado di fermare». «Sono passati 20 giorni dall’inizio della rivolta libica», scrive Vincenzo Nigro da Tripoli, «visto che non ha paura, Gheddafi potrebbe rimanere al suo posto». Il Colonnello «oltre a confermare al mondo che lui non si nasconde e che a Tripoli il popolo lo sostiene, ha continuato ad applicare la sua strategia militare che chiameremo “uccidi e nascondi”». Quanto alle reazioni, va segnalato l’Angelus del Papa: «Invoco assistenza e soccorso per le popolazioni colpite… Il mio accorato pensiero si dirige alla Libia dove i recenti scontri hanno provocato numerosi morti e una crescente crisi umanitaria». Venerdì prossimo avrà luogo a Bruxelles il consiglio di sicurezza straordinario dove l’Europa cercherà una linea comune. Intanto Cameron è tornato ad attaccare: «continueremo ad esercitare pressioni sul regime libico. Gheddafi se ne deve andare». Obama invece non scioglie il dilemma sulla no fly zone. Come scrive Angelo Aquaro da New York, per applicare la no fly zone occorre un attacco aereo che distrugga le difese aeree libiche. «L’ultima cosa che Obama vuole, lui che ha già ereditato le guerre in Iraq e in Afganistan, è un’altra scena da “arrivano i nostri”. Con il rischio magari di un blitz affrettato come quello di Mogadiscio». Dunque temporeggia, consapevole però (sottolinea Federico Rampini) che la crisi libica può dar deragliare la ripresa economica americana. Il petrolio è balzato in un solo mese da 90 a 105 dollari al barile. In appoggio un dossier spiega gli effetti sull’economia europea: “Effetto Libia sui tassi, è incubo mutui rate in rialzo di oltre 100 euro al mese”. Gli economisti la chiamano inflazione da effetti esogeni ma sul consumatore non sono molto diversi dagli altri casi: i mutui sono destinati a risalire velocemente (già dopo l’annuncio del possibile aumento dei tassi, l’Euribor è cresciuto mentre gli operatori non escludono che i tassi interbancari possano arrivare al 2% con effetto immediato).
L’editoriale de IL GIORNALE è a firma di una new entry tra le file del quotidiano milanese: Magdi Cristiano Allam. Il titolo è “Consigli all’Italia per guidare il rilancio del mondo arabo” e sin dall’inizio si rivolge al premier «caro presidente Silvio Berlusconi, nel nostro incontro privato a Roma lo scorso 25 gennaio mi ha colpito il profondo senso di amarezza per l’ingratitudine che lei avverte poiché, a fronte di una grande generosità che ispira il suo rapporto con il prossimo specie se in difficoltà, si ritrova a essere trattato quasi fosse un nemico dell’umanità. Ebbene oggi lei, più di ogni altro leader europeo, per la sua dote di imprenditore di successo e per la specificità della realtà culturale, sociale ed economica degli italiani, può riscattarsi a testa alta ed essere annoverato tra i grandi della Storia promuovendo il “Piano Berlusconi per lo sviluppo umano e la pace tra i popoli del Mediterraneo”». Secondo Allam le rivolte «offrono una rara opportunità all’Europa di voltare pagina se riuscirà a leggere correttamente l’evolversi della situazione senza scadere in infondati parallelismi con il nostro 1989 obnubilati dal fascino dello spontaneismo della piazza», ma «affinché questa prospettiva si traduca in realtà è necessario conseguire tre obiettivi», il primo è favorire l’avvento del ceto medio per risolvere il problema della povertà, arginare l’ascesa degli integralisti esportando un’idea di democrazia plurale e «accreditare il riconoscimento del diritto all’esistenza di Israele quale Stato del popolo ebraico come un principio non negoziabile, parte integrante e indissolubile dei rapporti bilaterali e multilaterali con l’Unione Europea. Dobbiamo porre fine all’ideologia dell’odio contro Israele e gli ebrei nell’interesse di tutti, perché da sempre viene strumentalizzata per perpetuare le dittature bellicose e aggressive, mantenere i popoli arabi e islamici in uno stato di sottomissione, bloccare la crescita economica e la giustizia sociale, negare la democrazia sostanziale e sabotare la pace tra i popoli». Allam conclude poi, dando per condivisi i tre obbiettivi, scrivendo «caro presidente Berlusconi, probabilmente è più fruttuoso sul piano dell’immagine e del riscontro immediato in termini di voti investire nella militarizzazione delle coste, nella costruzione di centri di accoglienza e centri di espulsione, nell’ampliamento delle carceri che ospitano per oltre il 30% stranieri nonostante siano circa il 5% della popolazione residente cavalcando l’onda pericolosa del razzismo. Ma lei ha un’opportunità unica di fare un investimento di medio e lungo termine per essere ricordato nella Storia d’Italia come uno statista saggio e lungimirante, che ha scelto di agire anziché reagire, di prevenire anziché curare, per assumersi interamente la propria responsabilità anziché tramandare ai figli e ai nipoti un fardello insopportabile e ingestibile. Promuova la nascita di una Fondazione che operi sull’altra sponda del Mediterraneo attraverso lo strumento del microcredito, accompagnandolo con un percorso formativo che diffonda la cultura dei diritti fondamentali della persona, dei valori non negoziabili, della democrazia sostanziale, della pace tra i popoli».
Sul web Il Giornale lancia l’allarme sbarchi. A tutta pagina “Immigrati, ora è allarma rosso: più di mille sbarchi in una notte”, «Una notte di sbarchi continui a Lampedusa. Undici barconi in totale sono arrivati sulle coste italiane dalla Tunisia. Oltre un migliaio di immigrati sono giunti sull’isola. Il Cie, che ha 850 posti letto, fa registrare un nuovo “tutto esaurito”. Telefonata De Rubeis-Maroni: concordato il trasferimento con un ponte-aereo in altri Cpt italiani. E dalla Tunisia avvertono che, nelle prime ore della giornata, altre imbarcazioni sono già salpate».
Il SOLE 24 ORE del lunedì lancia in prima uno speciale Nordafrica: “Le mosse per non fermare il business”, e raccoglie una serie di consigli per le aziende che hanno attività nel Maghreb. Tredici step – scrive il quotidiano di Confindustria – per gestore l’emergenza. Sugli ultimi eventi, invece, la versione settimanale de IL SOLE 24 ORE tace.
Le tragedie in montagna (due morti per l’allarme valanghe non ascoltato sulle Alpi) conquistano la foto più grande della prima pagina su LA STAMPA, mentre i fatti libici e le ricadute in Italia (gli sbarchi) restano il titolo di apertura e al tema sono dedicate le pagine dalla 2 alla 6. La «guerra civile» in Libia a pagina 2 viene spiegata con l’aiuto di una cartina che cerca di mostrare i movimenti di insorti e fedeli a Gheddafi, le città conquistate, le basi militari «Gheddafi all’attacco ma i ribelli resistono» titolo l’articolo. A pagina 3, invece l’apertura è dedicata a Lampedusa dove torna l’emergenza profughi grazie ai dieci barconi attesi per questa mattina e avvista ieri in acque internazionali, collegato a questo articolo il reportage di Guido Ruotolo, inviato a Tripoli, che racconta la mattinata di festeggiamenti e annunci del rais a Tripoli «(…) Tutte notizie smentite poco dopo dai portavoce dei ribelli, del Consiglio nazionale libico che ha sede a Bengasi» e conclude osservando che quella a cui ha assistito è una «prova di forza, riuscitissima, questa del Leader. Che minaccia “se cado io migliaia e migliaia di stranieri vi invaderanno”. Altro che all’angolo. Il rais sfida l’occidente. Chi lo ha dato per sconfitto deve ricredersi. Venderà casa la pelle, Gheddafi. E lo ha dimostrato in questi giorni». E proprio sulle ultime parole dell’articolo è basato il titolo “Spari nella notte a Tripoli Il Colonnello: se cado io sarete invasi dagli stranieri”. La pagina 4 è invece dedicata a politica e diplomazia tra gli interventi di Veltroni e quelli di Ben Ammar, finanziare tunisino che ricorda come Tripoli abbia partecipazioni in Eni. In un box si ricorda «la doppia misura della sinistra italiana» nei confronti dei dittatori che sono esemplificati in due immagini Pinoche «sempre contro» e Fidel Castro. Nel box si parte da Breznev e dai carri armati a Praga per passare a Saddam e Ahmadinejad. A pagina 6 infine, si trova l’analisi di Michael T. Klare «Allarme per l’Occidente, le rivolte segnano la fine del greggio facile» che osserva: «Quale che sia l’esito delle rivolte che stanno spazzando il Nord Africa e il Medio Oriente, una cosa è sicura: il mondo del petrolio ne uscirà trasformato in modo permanente» in pratica i paesi produttori destineranno più barili ai bisogni interni, per esempio, l’Arabia Saudita ne esporterà solo 2 milioni con gli 8 milioni. L’articolo si conclude: «Se nel frattempo non si troveranno nuove fonti di energia, il mondo si avvia alla fame petrolifera».
E inoltre sui giornali di oggi:
DELL’UTRI
CORRIERE DELLA SERA – Fabrizio Roncone intervista a pagina 11, uno degli uomini più vicini a Berlusconi, fin dai tempi della discesa in campo, nel 1994. “Il Pdl va ristrutturato subito”. Conversazione amabile, piena di battute ad effetto, con consigli a Silvio: scegliere Verdini e non Scajola per rilanciare il partito, ad esempio, ma anche: “ forse un po’ di sobrietà, a volte, non guasterebbe”.
5 PER MILLE
IL SOLE 24 ORE – Pagina intera a a quattro mani: Elio Silva e Carlo Mazzini fanno il punto della situazione sul 5 per mille, tariffe e modello Eas. Ricordando le scadenze prossime venture: il 15 marzo partono infatti le iscrizioni al 5 per mille 2011, mentre il 31 marzo scade il termine per la dichiarazione del modello Eas. Sullo sfondo il problema “tariffe postali”: come, quando, e soprattutto se quelle agevolate promesse nel Milleproroghe e ribadite con apposito decreto avranno luogo.
SCUOLA
LA REPUBBLICA – Monta la polemica sulla prossima ondata di tagli: salteranno quasi 20mila cattedre. Un ridimensionamento che per la Gelmini è salutare («sono state soppresse perché inutili»; non licenzieremo nessuno, quando ai precari «abbiamo siglato accordi con le Regioni per favorire comunque l’impegno nelle scuole) e che per altri è invece è un altro tassello della demolizione della scuola pubblica. Il dossier in appoggio spiega che già ora è emergenza: pochi presidi, classi stipate e professori in fuga. Mentre sempre più spesso le famiglie devono sostenere gli istituti con acqua, carta igienica, sapone…
FEDERALISMO
ITALIA OGGI – Un titolone “Un miraggio federalista” di apertura in prima e una mega foto dello sguardo di Calderoli a metà tra il disilluso e il concentrato, sono gli antipasti di un numero quasi monografico dedicato al federalismo municipale. «Il decreto sul federalismo» municipale» scrive ITALIA OGGI «è un passo avanti importante, ma è soltanto l’inizio di un cammino che diventa sempre più lungo». Decreti attuativi, deleghe, una ventina di regolamenti, una banca dati dei bilanci locali tutta da costruire, otto differenti tipi di procedure attuativi, vara dpcm e un decreto annuale per la determinazione della compartecipazione Iva. Ecco cosa manca per far avverare il sogno della Lega. «Se il principio ispiratore il vedo, pago, voto, è semplice e efficace, la sua concretizzazione si è trasformata in un’opera gigantesca».
PERSONAGGI
LA STAMPA – Piccolo richiamo in prima pagina e tutta la pagina 19 dedicata a uno svizzero giramondo descritto come «il missionario dei ponti impossibili» quelli che costruisce nei luoghi più poveri del mondo con materiale di scarto delle funivie elvetiche, si chiama Toni Ruttimann, originario di Pontresina, e a oggi ha realizzato 500 ponti e attraversamenti dal Sud America all’Asia. Tutto iniziò dopo il terremoto in Ecuador del 1987. La sua missione è quella di fare in modo che i fiumi non siano un ostacolo. Le costruzioni sono fatte con la tecnica dei ponti sospesi.
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