Mondo

Libia, la guerra delle parole

Scontro a distanza sulla missione fra Napolitano e Maroni

di Franco Bomprezzi

Scontro a distanza sulla missione in Libia, protagonisti il presidente della Repubblica, Napolitano, e il ministro dell’Interno, Maroni. Il primo difende la presenza italiana nella coalizione, il secondo ribadisce le richieste provenienti dal prato di Pontida. Sullo sfondo le notizie, scarne e drammatiche, dal fronte di una guerra che si trascina nel tempo.

“Tensione sulla Libia tra Napolitano e Maroni” è il titolo di apertura del CORRIERE DELLA SERA.  Il Quirinale frena il Carroccio sulla Libia: «È nostro impegno, sancito dal Parlamento, restare schierati con le forze degli altri Paesi che hanno raccolto l’appello delle Nazioni Unite» . Giorgio Napolitano interviene dopo le parole di Umberto Bossi sullo stop alla partecipazione italiana alle operazioni militari. Ma Maroni: «Ribadisco quello che è stato detto a Pontida» . Servizi da pagina 10. In prima anche l’editoriale di Franco Venturini “Una questione di credibilità”. Scrive Venturini: “Va detto che le preoccupazioni espresse a Pontida e ribadite ieri da Maroni non sono soltanto italiane, anche se soltanto lui sembra credere (a nostro avviso erroneamente) che la fine degli attacchi aerei riporterebbe automaticamente sotto controllo i movimenti migratori. In tutte le capitali occidentali, ormai, l’andamento della guerra in Libia suscita delusione e polemiche. Basti pensare all’attacco che il segretario alla Difesa americano Gates ha sferrato contro gli europei incapaci di fare da sé. Basti considerare che dei ventotto alleati della Nato soltanto otto partecipano alle incursioni, e dal primo agosto diventeranno sette con la defezione della Norvegia. Le ostilità in Libia, insomma, meritano davvero una riflessione collettiva”. A pagina 10 Maurizio Caprara: “Napolitano: restare in Libia. No di Maroni”. “Pur senza dimostrare che il suo partito intende portare le obiezioni all’intervento in Libia alle estreme conseguenze – annota Caprara – Maroni nel suo lessico ha ribadito «quel che è stato detto sul sacro suolo di Pontida» e ha indicato, sul modello di domenica, un nuovo appuntamento sul quale costruire un’atmosfera di attesa, in questo caso in Parlamento: «Il 30 giugno ci sarà il rinnovo delle missioni di pace e in quel contesto sarà utile discutere della Libia. Noi della Lega vogliamo discutere laicamente» . Per dire che l’intervento sarebbe «inefficace» . La circostanza nella quale Napolitano ha dovuto richiamare al rispetto degli impegni assunti con Camere e alleanze denota che la linea leghista, benché priva di entusiastici sostegni fuori dal partito, crea problemi nelle relazioni con l’estero. Il presidente della Repubblica ha parlato alla commemorazione del 60 ° anniversario della Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato”. E Massimo Franco nella sua Nota politica rileva: “Per giustificare le loro richieste, Bossi ed i luogotenenti spiegano che senza il conflitto libico non ci sarebbero gli sbarchi di clandestini. E avvertono che quando il 30 giugno si ridiscuterà il finanziamento delle missioni italiane all’estero, faranno pesare l’agenda di Pontida. Il governo cerca di sterilizzare una questione insidiosa. Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, parla di tre mesi per capire come andranno le operazioni contro Gheddafi. Per non scontentare l’alleato, tuttavia, si può sconfinare in una demagogia che Napolitano rifiuta. «Si deve prendere più largamente coscienza» , a suo avviso, «della possibile ulteriore estensione del flusso dei rifugiati e della dimensione mondiale del fenomeno»”.  

LA REPUBBLICA apre a tutta pagina col titolone “Libia, scontro Lega-Quirinale”, «è scontro tra Napolitano e Lega sulla missione in Libia definita “inefficace” dal ministro Maroni. “È nostro impegno restare schierati con gli alleati”, ha risposto il capo dello Stato». Aldo Schiavone firma “La trincea del Colle”, «Il Capo dello Stato è ormai l’unico punto fermo nella politica estera della nostra Repubblica. Il solo che cerchi di sottrarre la presenza internazionale dell’Italia, il suo ruolo e il suo profilo, a un gioco al massacro di annunci, di sotterfugi e di strumentalizzazioni al quale mai prima d’ora ci era toccato di assistere». Due le pagine dedicate. Francesco Bei invece propone “Berlusconi teme il terremoto. Roberto smetta di tirare la corda, non voglio litigare con il Colle”. ««Qualcuno dovrebbe dire a Maroni di smetterla, sta tirando troppo la corda”. II Cavaliere è inferocito con il ministro degli Interni. Non è piaciuto al premier il sapore ultimativo del discorso di Maroni a Pontida sulla fine della missione in Libia. E soprattutto il Cavaliere non ha gradito il tono quasi di sfida con cui il ministro si è rivolto ieri a Napolitano, che ha raccomandato al governo di rispettare gli impegni internazionali dell’Italia. “L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno in questo momento – osserva un consigliere del premier – è uno scontro con il Quirinale. Oltretutto proprio nel giorno in cui Berlusconi va in Parlamento per rispondere a una precisa richiesta del Colle”». “Bersani: con i lumbard nessuna alleanza” racconta cosa succede in casa Pd. «“Con la Lega nessuna alleanza, siamo alternativi: solo chiedo a Bossi come fanno a stare con un miliardario?”. Il giorno dopo Pontida, Bersani torna sulla sfida ai lumbàrd. Prevede “ulteriori guai per il governo, la crisi è vicina”. Profezia non difficile visto il pacchetto di ultimatum che il Carroccio ha consegnato a Berlusconi. Tra questi, la questione-Libia. E qui il Pd e il suo segretario usano parole di fuoco contro la pretesa leghista di uscire dall’impegno internazionale e la presa di posizione di Maroni, ignorando proprio l’appello del presidente Napolitano». La rubrica Bonsai di Sebastiano Messina titola “Le minacce del Senatur”. «Più che un ultimatum quello di Pntida sembra una lista della spesa (e infatti c’è pure il latte). Entro due settimane vogliamo questo, entro l’anno pretendiamo quest’altro ancora. A questo punto, la vera domanda è: cosa farà Bossi, se Berlusconi non obbedirà? Nulla, secondo qualcuno. Non è così. D’accordo, il leader della Lega non ha nessuna intenzione di far cadere il governo, non gli conviene. Però gli righerà la macchina blindata con un chiodo, poi lo sveglierà alle tre di notte imitando la voce della Minetti, quindi gli incollerà a tradimento dietro le spalle il cartello “asino” gli infilerà in tasca una fialetta puzzolente, gli metterà 50 gocce di lassativo nello champagne…».

Tra inchiesta P4 che ha l’onore dell’editoriale e dell’apertura del GIORNALE che dedica la foto principale all’arresto di Lele Mora, la questione Libia, accomunata allo spostamento dei ministeri al Nord ha un richiamo che, rimandando alle pagine interne, titola “Il colle «blinda» i ministeri – Napolitano stoppa la Lega Il Cav è sempre più in sella”. A ben guardare però, solo metà di pagina 9 alla fine si occupa della questione Libia e solo per l’aspetto di scontro sottolineato dal titolo “Napolitano – Maroni, strappo sulla Libia”. «Ritirarsi? No, non abbandoneremo la Libia, non se ne parla nemmeno: la Lega se ne faccia una ragione. (…)» Si osserva poi che la richiesta lanciata a Pontida non è «solo uno slogan per un’adunata, una frase buttata lì in una domenica in un prato lombardo assolato e affollato: il ministro dell’Interno considera il disimpegno dalla missione, insieme alla riforma fiscale e a una modifica del patto di stabilità dei comuni, parte integrante del pacchetto delle richieste del Carroccio al governo (…)». Nella stessa pagina in un box di spalla si parla della querelle “Ministeri al Nord: pure i vescovi fanno polemica”.

In una prima pagina che apre sui precari della scuola che saranno tagliati fuori dalle graduatorie con il titolo “Scuola da taglio”, sul MANIFESTO la Libia e le prese di posizione sulla permanenza italiana nella coalizione ha un piccolo richiamo in alto a destra “Napolitano: avanti tutta. Raid Nato, vittime civili”. Si legge in prima: «Il presidente della repubblica insiste che l’Italia “non si poteva esimere” e che continuerà a bombardare. Ma la Norvegia invece si sfila dalla “guerra umanitaria”. L’Unhcr contro l’accordo sui respingimenti firmato da Governo e Cnt di Bengasi (…)». L’articolo a pagina 7 sottolinea tra le altre cose che «(…) i missili della Nato continuano a mietere vittime civili: domenica nove morti nel quartiere “antigheddafiano” di Tripoli, ieri altre quindici vittime a Sorman». «Passi per gente come Frattini e La Russa, ma, con tutto il rispetto, pesa che sia il presidente della repubblica Giorgio Napolitano a mettere l’elmetto e ribadire che i bombardamenti sulla Libia debbano continuare. Continuare dopo 90 giorni di inutili e (sempre più) indiscriminati bombardamenti Nato (quindi anche italiani) che certo avranno anche “protetto” dei civili alle prese con le brutali forze gheddafiane, però finora non solo non sono riusciti a scalzare Gheddafi e a spianare la strada verso Tripoil ai “rivoluzionari” di Bengasi, ma soprattutto, come non era difficile prevedere, hanno provocato e provocheranno molte vittime fra quei “civili” che secondo la risoluzione dell’Onu dovevano proteggere (…)» .

“Napolitano frena la Lega sulla Libia”, è il titolo di apertura di pagina 16 de IL SOLE 24 ORE. Di spalla il retroscena di Barbara Faimmeri: “Il voto sulle missioni all’estero a fine giugno è l’incubo del premier”: «L’ipotesi che in quell’occasione Bossi e compagni si smarchino dalla maggioranza, con il premier costretto a far conto sui voti dell’opposizione, viene tutt’altro che esclusa. Il Cavaliere lo sa e per questo nel suo intervento di oggi pomeriggio proverà a presentare un’ipotesi di mediazione al momento molto complicata. Ieri se ne è parlato a lungo nel vertice tenutosi a Palazzo Grazioli con lo stato maggiore del Pdl e dove a sorpresa è giunto anche il leghista Roberto Calderoli per la stesura finale del discorso alle Camere. Berlusconi deve infatti da un lato mostrare all’alleato di aver ben compreso il messaggio inviatogli da Pontida e dall’altro deve assolutamente evitare di mettere in crisi l’immagine internazionale dell’Italia di cui si è fatto garante per primo il Capo dello Stato. Il premier probabilmente punterà sulla carta diplomatica e sul rinvio all’autunno della decisione (come anticipato dal ministro degli Esteri Franco Frattini) sul prosieguo della missione. Del resto dopo Pontida ha avuto la certezza che Bossi, almeno per il momento non staccherà la spina. Al Senatur deve offrire però una sponda. Calderoli è stato chiaro. Per questo annuncerà l’allentamento del patto di stabilità interno, che serve ai comuni del Nord, e in prospettiva la diminuzione della pressione fiscale attraverso  la riforma. Oltre non potrà però andare. Il monito della scorsa settimana inviato all’Italia da Moody’s si è fatto sentire, tant’è che ieri Milano è stata la peggiore piazza europea (-2%).Lo sa anche Bossi. L’obiettivo del Carroccio è guadagnare tempo per riconquistare la fiducia dell’elettorato. La battaglia sui ministeri è una delle fiches che il Senatur ha deciso di puntare. Ma si tratta solo di un cip per rimanere in gioco, visto che tutti sanno dell’impossibilità di tradurla in fatti. Una mossa propagandistica che è tornata utile anche a chi nel Pdl è intenzionato d’ora in poi ad alzare la voce». Il Punto di Stefano Folli, che parte in prima si intitola “Bossi e Berlusconi: l’illusione di arrivare senza danni fino al 2013: « come negli Stati Uniti la destra isolazionista vuol togliere al governo di Obama i finanziamenti per l’intervento in Libia, così il Carroccio chiede il ritiro italiano dalla missione militare della Nato. Stabilendo un legame di causa ed effetto fra la guerra e le ondate di profughi che arrivano sulle coste italiane. Ma cosa è disposta a mettere sul tavolo la Lega per ottenere il risultato? A parole si tratta di una priorità assoluta. Nella sostanza è più realistico quello che il ministro Maroni ha detto ieri in un dibattito con Bersani: “È la nostra richiesta: stabilire quando finirà l’impegno militare. Discutiamone laicamente, il Parlamento è sovrano”. Maroni si trova a gestire la linea leghista su un punto delicato. Molto più delicato del grottesco braccio di ferro sui ministeri al Nord, che nemmeno i leghisti riescono a prendere sul serio. Invece sulla Libia bisogna stare attenti a come ci si muove. Il presidente della Repubblica, che pure non ha mai assunto posizioni rigide verso la Lega (lo ha riconosciuto Bossi ancora domenica), ha ricordato gli impegni internazionali che l’Italia ha sottoscritto. E lo ha fatto proprio con l’attuale governo. Sulla politica estera, è il sottinteso, non si scherza. E poi, altro sottinteso, se si vuole cambiare parere, occorre farlo alla luce del sole, discutendone in Parlamento. In altri termini, attenzione al populismo».

ITALIA OGGI sintetizza così nel titolo “Adesso sono tutti contro la Lega. Libia, ministeri, Napolitano e Alemanno gelano il Carroccio”. Emilio Gioventù scrive: «Gli ultimatum lanciati da Umberto Bossi generano una sorta di tutti contro la Lega. Di certo raffreddano il rapporto con il capo dello Stato. Al leader del Carroccio che ha chiesto il ritiro dalla missione libica, Napolitano risponde di restare schierati con le forze degli altri Paesi che hanno raccolto l’appello delle Nazioni Unite». Fra le reazioni  alla proposta dello spostamento dei ministeri ITALIA OGGi pubblica quella di monsignor Bregantini, presidente della Commissione Cei per i problemi sociali e del lavoro e vescovo di Campobasso: «è un gesto di grandissimo disprezzo verso il Sud». Marco Bertoncini si scandalizza dopo le parole del ministro Maroni a Pontida che ha detto di sognare una Padania libera e indipendente. E scrive: «che succederebbe se nel Regno un ministro inneggiasse alla Scozia indipendente? E in Spagna il titolar dell’Interno si mettesse a esaltare il Paese Basco? O la Catalogna indipendente? In Italia il ministro dell’Interno, garante della sicurezza e dell’unità,  esalta la secessione di un terzo della Nazione».

“L’altra battaglia di Libia” strilla AVVENIRE e nel sommario contrappone le due tesi di Napolitano e Maroni. Mentre il capo dello Stato chiede di “stare schierati”, nel rispetto degli accordi internazionali su Tripoli e con più attenzione all’immigrazione”, il titolare del Viminale parla di “missione inefficace” e pensa che sia il caso di “dare i soldi ai poliziotti invece che ai militari all’estero”. Berlusconi, preoccupato per questa nuova grana, ritiene che sulla politica estera l’esecutivo rischia più che sul fisco. A pagina 7 Giovanni Grasso svela il retroscena dello stop del Colle alle intemperanze della Lega: «Da giorni il Presidente seguiva con un misto di preoccupazione e di disagio il ritorno a vecchi slogan secessionisti e anti-europei». AVVENIRE sottolinea il commento del leader dell’Udc Casini: «Il Parlamento ha votato sulla missione in Libia impegni precisi ai quali non si può venire meno. Sono certo che la Lega come al solito farà marcia indietro, ormai  ci siamo abituati ai dietrofront della Lega e non ci impressioniamo più di tanto». Secondo la presidente dei senatori Pd Finocchiaro: «Le parole del ministro dell’Interno sono molto gravi. L’Italia ha assunto impegni precisi nell’ambito delle Nazioni Unite e una vicenda così delicata come il destino della Libia e dei profughi non possono in alcun modo rientrare nel teatrino dei ricatti e degli scontri fratricidi nella maggioranza. Ha ragione il presidente della Repubblica, il nostro Paese non può permettersi tutto questo. E si merita un governo e una classe dirigente più seri».

LA STAMPA apre sulla Libia: “Napolitano stoppa la Lega: in Libia restiamo schierati”. Netta la posizione espressa ieri dal capo dello Stato, altrettanto netta quella della Lega, che a Pontida ha ribadito i suoi dubbi e la necessità di fissare una data per la fine dell’intervento militare. La prossima data dello scontro è il 30 giugno: il ministro dell’interno Maroni ha ricordato che si vota in Parlamento per il rifinanziamento delle missioni militari (di tutte, e in genere il rinnovo è di 6 mesi): in quella sede la Lega farà pesare i suoi voti, «perché stiamo spendendo troppo, e senza risultati» ha detto Maroni. Secondo LA STAMPA, però, la votazione in Parlamento non sconvolgerà l’assetto attuale: «l’opposizione dà il proprio voto favorevole in nome dell’interesse internazionale, e la Lega da sola non ha il potere né i voti per provocare un dietrofront« scrive Antonella Rampino a pagina 2. A fronte dell’irritazione del Presidente Napolitano, un’apertura sembra giungere dal ministro degli Esteri Franco Frattini, scrive LA STAMPA, che ha raccolto le sue dichiarazioni a Lussemburgo. Il ministro ha detto che l’Alleanza è «alla prova della sua credibilità, non si può correre il rischio di uccidere civili». L’operazione Nato su mandato Onu è stata appena prorogata di tre mesi fino al 30 settembre e ieri Frattini ha presentato questa data come un riferimento, «ma speriamo di finire prima», ha aggiunto.
 
E inoltre sui giornali di oggi:
 
GRECIA
IL GIORNALE – Nicola Porro, con un richiamo in prima pagina  dal titolo “La Grecia è fallita ma sciopera Ora salviamo i suoi salvatori” analizza in pagina di economia la crisi greca e le sue ricadute: «La crisi greca è tanto semplice, quanto grave: il Paese è fallito (…) La Grecia per il momento preferisce pagare gli stipendi, le pensioni ai suoi cittadini che pagare il debito (un greco su tre riceve il cedolino della paga dallo Stato)» Descrive la Grecia come «una macchina che fagocita quattrini. E non riesce a rimettersi in sesto (…) La Grecia non ha soldi in cassa per ripagare le prossime rate mutuo e invece di fare economie, riducendo le spese e aumentando le entrate, si mete a ballare il sirtaki» Insomma per Porro il vero punto è capire perchè «non sia ancora saltato il banco» e il perchè lo si trova nel fatto che in caso di fallimento il buco se lo porterebbero a casa tedeschi e francesi. In discussione è «il salvataggio dei creditori, cioè delle banche europee».

GIORNATA DEL RIFUGIATO
AVVENIRE – “Più rifugiati che mai (ma li accolgono altrove)” è il titolo del fotorichiamo che rimanda al Primo Piano delle pagine 3, 4 e 5 dedicato al triste boom di 44 milioni di persone in fuga, mai così tanti da quindici anni. Contrariamente a quanto si pensa, quattro quinti restano nel Sud povero del mondo. E l’Occidente fa ancora poco per accoglierli. Una pagina è dedicata alla situazione in Europa: l’Italia registra 56mila arrivi, meno di 1 ogni mille abitanti. In Danimarca, Paesi Bassi e Svezia i rifugiati sono tra i 3 e  9 ogni mille abitanti, in Germania oltre 7, nel Regno Unito 4. Della Giornata mondiale del rifugiato parla anche Fulvio Scaglione nell’editoriale ricordando che circa l’80%  dei rifugiati e dei profughi si trova nei Paesi poveri e del Terzo Mondo. «Tutti dicono e scrivono che le migrazioni (quelle causate dalla violenza come quelle generate dal bisogno economico) sono un fenomeno planetario. Davvero crediamo di affrontarlo scaricandone l’impatto sulle nazioni più deboli? E davvero pensiamo che questa tattica non ci presenterà mai il conto? La Giornata del rifugiato, quindi, è anche una  giornata profondamente nostra. Quella in cui celebriamo, o rimpiangiamo, la capacità di guardare avanti e di pensare il futuro prima che lui pensi noi”.

PONTIDA
IL MANIFESTO – “Il paradosso di Pontida”, “Ministri al Nord? Fuoco «amico» sul Pdl” e ancora “Minuetto tra aspiranti premier, contro il governo, purché non cada «Il Pd non vuole allearsi con voi Ma dovete mollare il miliardario»” sono tre richiami legati tutti al dopo Pontida e alle reazioni che dalla prima pagina rinviano a pagina 5. Scrive Roberto Biorcio: «A Pontida è andato in scena uno straordinario paradosso. La Lega si presentava al livello massimo di potere politico finora raggiunto, non solo per le posizioni di governo e di sottogoverno ormai acquisite a livello nazionale e locale, ma per il ruolo centrale che ha assunto sui possibili sviluppi della politica italiana (…) l’intervento tanto atteso di Bossi era volto più a rassicurare e “far ragionare” la base leghista che a lanciare nuove sfide e traguardi (…)» e ancora si osserva che la crisi economica ha ridimensionato l’attenzione per temi quali l’immigrazione e la sicurezza «(…) La Lega ha perso così un terzo dei voti a Milano e ha subito perdite significative in quasi tutte le località in cui si è votato. Ai referendum metà degli elettori leghisti si è recato a votare per contestare leggi proposte dal governo (…) In questo contesto il paradosso di Pontida sembra rappresentare da una parte la ferma volontà dei dirigenti leghisti di rimandare il più possibile la prossima tornata elettorale, dall’altra parte gli umori di una base che riflette il clima sociale percepito sul territorio, molto scontenta del governo attuale e preoccupata per un futuro sempre più problematico», l’apertura di pagina 5 è però dedicata all’iniziativa di Alemanno e Polverini “Alemanno: «O Roma o morte»” dando notizia di quanti hanno firmato contro lo spostamento a nord dei ministeri. Di taglio centrale invece l’articolo dedicato all’incontro tra Bersani e Maroni in cui si osserva «(…) Il mondo ora è alla rovescia: nel ’94 Maroni era il più berlusconiano del Carroccio, arrivò fino ai limiti dell’espulsione dal partito. Oggi sta sulla sponda opposta del fiume, in attesa che passi il cadavere – politicamente parlando – del Cavaliere (..)». 

MAFIA
AVVENIRE – A pagina 16 la notizia dell’incendio di un uliveto di Libera Terra in Calabria che ha distrutto 500 piante in una azienda agricola del Reggino. Altre intimidazioni a un parroco antimafia e a un sindaco del Vibonese e a molti imprenditori e commercianti. Ma Don Ciotti dichiara che non ci sarà alcun cedimento alla violenza.

RELIGIONI
LA STAMPA – “Scola: ‘Serve un nuovo umanesimo cristiano aperto alle altre religioni”. LA STAMPA pubblica in un primo piano sulla prospettiva di dialogo interreligioso e interculturale illustrata durante un convegno dal cardinale Angelo Scola, attuale patriarca di Venezia ma sempre più indicato come il possibile futuro arcivescovo di Milano.  Scola ha parlato del «meticciato» come prospettiva concreta del prossimo futuro e del bisogno di trovare una «nuova laicità», come «criterio per regolare lo spazio di una convivenza possibile». In questo orizzonte il cristianesimo deve sempre più «aprirsi alle altre religioni e agli uomini di buona volontà» per costruire una città più giusta e solidale.

WEB
CORRIERE DELLA SERA – A pagina 27: “Addio «. com». L’era della Rete personalizzata”. Scrive Paolo Ottolina: “Verrà un’epoca in cui guarderemo ai «. com» e ai «. org» come a un reperto della prima era di Internet? Forse sì, se la rivoluzione del Web appena varata andrà in porto. Dal 2013 su Internet potremo imbatterci in indirizzi che finiranno con suffissi oggi impossibili. «. facebook» , «. apple» , «. microsoft» , «. ferrari» , «. prada» , «. corriere» e così via. Una liberalizzazione completa di quel pezzettino finale dell’indirizzo Internet che tecnicamente si chiama «dominio di primo livello» . Ora sono 22 e comprendono i famosissimi «punto com» , «punto org» , «punto net» che ci fanno compagnia dal debutto del World Wide Web (insieme a oltre 250 domini geografici, come il nostrano «. it» ). Entro un paio d’anni saranno migliaia, con la fantasia come unico limite. L’Icann, organizzazione mondiale che gestisce numerosi aspetti dell’infrastruttura di Internet, ha approvato un piano che prevede la possibilità per ogni azienda o organizzazione di creare nuovi domini di primo livello, anche utilizzando il proprio nome”. Piccolo problema, i costi: “Le piccole attività personali e le pagine personali saranno tagliate fuori. Semplice ragione di costi. Avanzare la richiesta di accesso ai nuovi domini costerà 185 mila dollari (circa 130 mila euro). E se ne pagheranno altri 25 mila (17.400 euro) l’anno per la licenza. Insomma, sull’Icann — che dovrebbe essere un ente senza fini di lucro— pioveranno milioni di dollari”. 
 
DECRETO SVILUPPO
IL MANIFESTO – “Indignati e cancella” è il titolo del commento di Galapagos che richiama la conferenza stampa del 5 maggio scorso in cui Berlusoni presentava il decreto che avrebbe dovuto dare stimoli alla crescita e che a oggi non ha ancora visto la luce «(…) non per colpa della Camera che sulla legge si è impegnata parecchio riuscendo ad approvare anche emendamenti bipartisan, ma per colpa del governo che lo ha voluto caricare di contenuti disparati e poco organici. L’approssimazione di Tremonti e company non deve stupire: quel decreto fu varato solo per dare una spinta elettorale alla maggioranza per le elezioni amministrative (…)» E continua «(…) Ormai la politica del governo si muove esclusivamente sugli effetti “annuncio”. Nulla è sulla carta, ma non  mancano chiacchiere e dichiarazioni sulla prossima riforma fiscale che – miracolisticamente – dovrebbe dare un impulso alla crescita (…)» E conclude: «(…) Con Berlusconi, Tremonti, Brunetta, Sacconi e Gelmini non si va da nessuna parte: anche se è banale ripeterlo, vanno messi da parte, impedendo loro di fare altri guai. Forse hanno un solo merito: aver provocato la nascita e il crescere anche in Italia di un soggetto nuovo che forse li seppellirà: gli “indignati”».

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