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Libia, gli Usa contro Gheddafi
Il rais in esilio? Tutto fa pensare che combatterà a Tripoli
Gheddafi resiste e nega di essere abbandonato dal popolo, ma la realtà è quella di un despota assediato nella sua Tripoli, mentre le potenze mondiali cercano di convincerlo a trovare una via d’uscita, in esilio. La crisi libica è ancora lunga e i giornali dedicano anche oggi ampio spazio agli avvenimenti nel Mediterraneo.
- In rassegna stampa anche:
- INPS E INVALIDI
- SECONDA GENERAZIONE
- INDIA
- BIOETICA
- POVERTA’
- FOTOVOLTAICO
- CINQUE PER MILLE
“Ultimo avviso a Gheddafi: in esilio” è il titolo che apre il CORRIERE DELLA SERA, e nel sommario: “Il Colonnello intervistato risponde ridendo: il popolo mi ama”. Editoriale in prima di Antonio Polito, approdato al quotidiano di via Solferino: “La frontiera italiana”. Un passo: “Sarebbe il caso, una volta tanto, di resuscitare il Parlamento per la funzione cui è destinato: una sessione straordinaria, con relazione del governo, per discutere che fare dell’Italia in questo nuovo scenario internazionale e per costruire uno straccio di politica estera comune sulla sponda Sud del Mediterraneo. Non ci sarebbe modo migliore che parlare del nostro futuro anche per ricordare degnamente il nostro passato: il 150° dell’Unità d’Italia, ma anche il centenario dell’invasione coloniale di Tripolitania e Cirenaica”. Gian Antonio Stella si occupa della famiglia di Gheddafi: “La vita esagerata degli eredi del rais”. A pagina Maurizio Caprara parla dell’atteggiamento americano, da Ginevra: “«Gheddafi vada via» E la Clinton evoca «tutte le opzioni»”, discorso forte quello trasmesso dal segretario di Stato Hillary Clinton al Consiglio Onu per i diritti umani. E Massimo Gaggi da New York analizza il nuovo scenario diplomatico: “Sostenere la democrazia, non imporla. La «dottrina Hillary» archivia Bush”. Scrive Gaggi: “L’America ha interesse a promuovere la democrazia non solo per fedeltà ai suoi valori , ma perché l’ostinazione dei regimi che non rispondono ai desideri dei loro popoli mette in pericolo i loro leader e gli stessi interessi degli Usa. «E la storia ci insegna – ha aggiunto la Clinton – che le democrazie tendono ad essere più stabili, più pacifiche e più prospere»”. Guido Olimpio, a pagina 3, parla degli scenari militari: “Elicotteri, caccia, navi: cosa può fare l’Occidente”. Gli americani posizionano la flotta. Allo studio una zona di non volo e corridoi umanitari. Nelle prossime ore si capirà anche quale potrebbe essere il ruolo dell’Italia. Lorenzo Cremonesi, a pagina 4, racconta l’euforia: “Bengasi scopre radio e giornali «Siamo ubriachi di libertà»”.
LA REPUBBLICA apre sulla politica interna (“Berlusconi attacca il Quirinale”) e riserva il taglio centrale con foto-notizia sulla Libia: “Missili di Gheddafi sugli insorti Gli Usa: esilio per il Colonnello”. Il reportage all’interno: “Razzi contro gli insorti al checkpoint così il regime attacca la città del petrolio”. Riferisce da Ajdabya, Pietro Del Re sulla prima offensiva del rais quando, domenica 20 febbraio, il popolo «si è scrollato di dosso con una rivolta inaspettata e travolgente un’oppressione durata 42 anni». L’inviato de LA REPUBBLICA (assieme ai colleghi del Fatto e del Sole 24Ore) è testimone dell’attacco dei militari fedeli a Ghedddafi. Di spalla Vincenzo Nigro racconta il personaggio: “«Mai sparato sulla mia gente» ma poi il rais bombarda”. Gheddafi combatte con i kalashnikov, i cannoni, e i giornalisti. Da Tripoli, riferisce il reporter, il rais non cederà mai. «Non lascerò mai il Paese. Con l’America avevamo un patto per fermare i terroristi di AL Qaeda: ora mi hanno tradito, sono rimasto solo contro il terrorismo». Gheddafi però «è talmente bugiardo che ieri ha fatto sparare di nuovo su una folla disarmata scesa in strada». Nel caso delle notizie, ieri ha circolato la voce secondo la quale il Colonnello avrebbe ordinato di nuovo ai servizi segreti di avviare una trattativa con i ribelli. Quanto alla sua tempra, il vescovo cattolico di Tripoli, Giovanni Martinelli, conferma: «Gheddafi combatterà, è un beduino, un guerriero». Intanto però gli Usa posizionano navi nel Mediterraneo e bloccano fondi del rais (per 30 miliardi), lanciando anche segnali distensivi per cui l’esilio potrebbe essere una soluzione rapida ma anche prendendo posizioni chiare: Gheddafi «ha usato le armi pesanti contro cittadini inoffensivi, ha scatenato mercenari e criminali contro dei manifestanti pacifici. Ha ucciso alla cieca, ha fatto ricorso alla tortura e agli arresti arbitrati.. è ora che se ne vada subito». Questo nel giorno in cui l’Unione Europea vara le sue sanzioni (embargo alle vendite non solo di armi, ma anche di equipaggiamenti paralimilitari che possano essere usati contro i ribelli). È stata confermata anche la sospensione automatica del trattato Italia-Libia. Per quanto riguarda le ricchezze del Colonnello, è caccia al tesoro, come spiega Carlo Bonini: si tratterebbe di beni per 120 miliardi di dollari tra azioni e depositi.
Doppio commento in prima pagina sulla situazione libica per IL GIORNALE che continuano a pagina 14. Servizi sugli eventi, invece, a pagina 12 e 13. Il dibattito lanciato dal quotidiano di casa Berlusconi è il seguente: sono pronti gli arabi per la democrazia? Dopo decenni in cui si dice e si fa di tutto – guerre comprese – per portare la democrazia, ora che sembra possibile, ci si domanda se poi alla fine sarà cosa buona e giusta, e si apre il dibattito: «Il vero problema, però, è l’Islam – scrive Giordano Bruno Guerri nel suo “Sì, aiutiamoli a crescere dall’economia alla cultura” – la religione/cultura che permea quei popoli. Per sua natura l’islamismo non è democratico, e basti pensare al ruolo subordinato che in quasi tutti i Paesi viene riservato alle donne». E per fortuna che gioca il ruolo di chi è favorevole. Gli risponde Ida Magli nel suo “No, finchè domina l’islam è assurdo parlare di diritti”: «Un’incertezza giustificata dal fatto che, forse per la prima volta, non siamo sicuri che il nostro sistema di vita, i nostri valori, la nostra forma di organizzazione sociale e politica, insomma la «democrazia», sia la ricetta adatta per risolvere tutti i mali». Meglio tardi che mai, verrebbe da dire, se non fosse fuori tempo massimo. La cronaca, infine, è affidata Fausto Biloslavo e Rolla Scolari. Il primo da Tripoli e la seconda da Bengasi. Da segnalare il pezzo di Biloslavo dal titolo “Scatta la caccia ai neri: ‘Sono tutti mercenari'”. Rodolfo Parietti, invece scrive in taglio medio degli interessi economici italiani in gioco: «Puntavano su Generali, Telecom, Impregilo e Terna, ma la guerra civile ha paralizzato gli appetiti dei libici nelle società quotate italiane. Restano però le partecipazioni acquisite durante gli anni con lo shopping condotto dalla Libyan arab foreign investment (Lafico), dalla Banca centrale libica e dal fondo sovrano Libyan investment authority (Lia). Quote rilevanti, come il 7,2% detenuto in Unicredit, oppure il 2% in Finmeccanica, il 7,5% della Juventus e il 14,8% di Retelit (Telecom) (…) Il nodo principale da sciogliere è proprio questo. E anche vedere come il governo italiano deciderà di interpretare le sanzioni». Conclude il servizio Roberto Fabbri con “Libia, Pentagono pronto a eventuali interventi L’Italia prepara le basi”: «Un portavoce del Pentagono annuncia che gli Stati Uniti «stanno riposizionando forze navali e aeree intorno alla Libia per essere pronti a eventuali interventi»: potrebbero servire a far rispettare un’eventuale zona di non volo. È un annuncio “forte”, forse troppo, e il segretario di Stato Hillary Clinton precisa subito che «non è imminente alcuna azione militare delle forze navali americane».
La Libia sparisce dalla prima pagina de IL MANIFESTO, che apre invece con titolone – Il privatista -, foto – Berlusconi in V ginnasio – ed editoriale firmato da Ida Dominijanni su Silvio Berlusconi e la sua polemica con Quirinale, Consulta e scuola pubblica. L’empasse della situazione libica occupa invece una doppia pagina interna. A un pezzo di cronaca che prova a fare il punto sulle varie ipotesi di Exit strategy per Gheddafi e il suo regime, sottolineando la situazione paradossale, ai limiti della schizofrenia, che si respira a Tripoli e in tutto il paese. Con, da una parte, un Gheddafi che controlla ormai “solo l’area della città intorno alla sua residenza nel compound militare di Bab al Aziza, e il portavoce del governo Moussa Ibrahim che rifiuta qualsiasi ragionamento su una possibile resa (secondo lui, il “tentativo di regime changing stile Iraq è pilotato dalle potenze imperialiste occidentali, che vogliono il petrolio, e dagli islamisti”), e dall’altra la realtà, che vede ormai tutte le città libiche – “eccetto Tripoli e Sirte” su cui “sventola la bandiera inalberata dai rivoltosi”. Nessuna notizia certa di trattative, contatti e abboccamenti per sbloccare una situazione che una fonte diplomatica italiana definisce “magmatica”, e una stampa straniera “embedded”, come dichiara lo stesso inviato del quotidiano, che non ha modo di avere e valutare informazioni. A centro pagina, due interviste di approfondimento: al vescovo di Tripoli, monsignor Giovanni Martinelli, alle prese con il destino di 2mila eritrei che hanno chiesto rifugio a lui e ai preti copti della città (“Gheddafi, da buon beduino, è capace di farsi ammazzare”, è la sintesi del vescovo), e allo storico Angelo del Boca, che giudica un errore l’eventuale intervento militare esterno dell’OUA – Organizzazione unitaria dei paesi africani, ventilata ieri dal ministro Frattini. Nulla sulla posizione Usa, e solo indicazioni interlocutorie quelle uscite ieri dal vertice dei 27 ministri UE con il segretario di stato americano Hillary Clinton sui temi delle sanzioni Onu, dell’istituzione di una no-fly zone e sulle responsabilità della vendita di armi a Tripoli. Un taglio basso è dedicato alla visita di ieri di Maroni a Catania per l’apertura del villaggio residence di Mineo ai 2000 profughi richiedenti asilo.
“Gli Usa congelano i beni libici”. È il titolo di apertura de IL SOLE 24 ORE di oggi. L’analisi di Alberto Negri a pagina 4 si intitola “Il futuro nelle mani delle tribù”: «Questa non è la rivolta di Piazza Tahrir o di Avenue Bourghiba, con l’esercito che decide le sorti del paese. Le forze armate qui non hanno un peso sostanziale ed è la presenza tribale che ne determina il controllo: sono le tribù, l’unica istituzione sopravvissuta a 40 anni di regime, che hanno le chiavi del potere. È una storia beduina, da leggere con i manuali delle vicende coloniali che resuscitano nomi dimenticati: la cabila è la madre della società libica, con i suoi riti d’onore e le sue tattiche, un po’ si combatte e un po’ si tratta, con pause a volte inspiegabili e retroscena incomprensibili. A volte è più utile seguire dove corrono il denaro e il petrolio che non gli uomini in arme. Con il sostegno degli Stati Uniti e il 70% delle risorse petrolifere, la Libia ha un nuovo governo provvisorio nel consiglio nazionale di Bengasi, con una Cirenaica vogliosa di prendersi una storica rivincita sul colpo di stato del ’69 considerato dai fieri senussi un golpe dei libici “occidental”. Sfortunatamente il “governo” di Bengasi, dove sventola la bandiera monarchica, non ha ancora la forza per sbalzare Gheddafi».
“Si stringe la morsa sul rais” titola AVVENIRE a tutta pagina. Nelle quattro pagine interne dedicate alla Libia l’analisi della situazione: Gheddafi “assediato” tratta e nomina un negoziatore, gli Usa schierano navi lungo la costa, mentre nella Cirenaica “liberata” è al lavoro un nuovo esecutivo e le forze di opposizione arruolano volontari per l’attacco finale alla capitale. Il segretario di Stato americano Hillary Clinton sostiene che « finché il governo libico continuerà a minacciare e ad uccidere i cittadini libici, nessuna opzione è esclusa». AVVENIRE scrive che la presa di posizione è ormai «condivisa e fatta sua, tra gli altri, anche dal premier britannico Cameron, il quale ha annunciato che la Gran Bretagna non esclude l’uso di “risorse militari”». Una delle alternative per Gheddafi è l’espatrio (in Venezuela, Bielorussia o Zimbabwe), ma lui non cede e invita le Nazioni Unite in Libia. A pagina 8 il reportage di Claudio Monici dal confine Libia-Tunisia descrive “lo tsunami dei migranti”: «Sono già più di 50mila gli sfollati in fuga ammassati a Tas Jedir. I profughi vagano senza sapere dove andare . L’Acnur annuncia che sono in arrivo 10mila tende e cibo proteico, Dopo, però, bisognerà spostare la gente con navi e aerei». A pagina 9 si parla del nodo immigrazione in Italia. Il titolo è “In attesa degli sbarchi scontro sindaci-Maroni”. Il ministro dell’Interno ha sollecitato i Comuni a decidere “Di fronte a un’emergenza umanitaria senza precedenti”. Il fronte degli sbarchi diventa sempre più caldo e la Sicilia è in prima linea per allestire strutture di accoglienza. Ma sul territorio non mancano i timori legati alla creazione di veri e propri “ghetti” per extracomunitari. Intanto a Lampedusa il sindaco vieta accattonaggio e bivacchi in strada, ma rischia un’incriminazione per istigazione all’odio razziale.
“L’America schiera le navi davanti alle coste libiche. Gheddafi verso l’esilio” titola in prima LA STAMPA. A pagina cinque un’intervista a Romano Prodi, che a causa del suo attuale incarico all’Onu, è stato di frequente in Nord Africa negli ultimi mesi. In quest’area e in queste settimane l’Europa, dice, «sta perdendo ulteriormente terreno». «E invece si sta concretizzando una ripresa di influenza da parte degli Stati Uniti. Dopo aver a lungo sostenuto il governo-chiave di tutta l’area, l’Egitto, gli americani si sono schierati a favore del cambiamento e lo hanno fatto rapidamente». La politica nel Mediterraneo, continua Prodi, «dovrebbe essere sentita come una politica comune europea. Ma così non è, neppure davanti all’emergenza. Non c’è alcun richiamo a impegni di lungo periodo», invece il momento di intervenire è adesso: «perché se la democrazia va avanti aiutata solo dagli americani, ogni intervento nostro a posteriori sarebbe vano». Un modello cui bisogna ispirarsi è l’allargamento dell’Ue a Est: «è stato l’unico vero episodio di esportazione di democrazia nel mondo. Ed ha funzionato».
E inoltre sui giornali di oggi:
INPS E INVALIDI
CORRIERE DELLA SERA – “Da sindacalista a invalido, diciotto mesi per dimostrarlo”: una pagina dedicata, la 30, alla vicenda di Beppe Casadio, sindacalista Cgil che per una infiammazione neurologica nel 2009 è rimasto in sedia a rotelle, a 63 anni. Cronaca di un’odissea burocratica, resa ancora più evidente dalle nuove procedure telematiche dell’Inps e dalla campagna contro i falsi invalidi. Finalmente viene raccontata l’altra verità, quella delle persone invalide “vere”, che rischiano di pagare duramente una serie di decisioni politiche vessatorie.
SECONDA GENERAZIONE
LA REPUBBLICA – Michele Smargiassi riferisce di una ricerca condotto in Emilia Romagna da Marzio barbagli e Camille Schmoll sui giovani figli di migranti. Emerge un ritratto di una generazione lontana dagli stereotipi, meno legata alla pratica religiosa (pratica giornalmente solo il 42% dei nati in Italia da genitori stranieri) e che prova il fatto che «l’integrazione è una medicina per l’integralismo, che solo una società non escludente dà la garanzia di non allevarsi in seno alieni religiosi irriducibili». «Non sono le identità di fede ma i comportamenti devoti a cambiare, ad attenuarsi, somigliando di più per intensità e frequenza a quelli vigenti nella società d’arrivo. Se 68 ragazzini italiani su cento pregano spesso… i loro coetanei turchi lo fanno nel 63% dei casi, i tunisini nel 70 e i marocchini nel 75». L’immigrazione non è più afferma Barbagli una «esperienza teologizzante»: neppure la marginalità economica dei genitori sembra avere effetti sulla devozione dei figli. «Costruire una moschea non farà dunque crescere il tasso di integralismo nelle nuove generazioni di immigrati. Vietarla, forse sì». Di spalla intervista all’Imam di Milano, Yahya Pallavicini che sottolinea che «l’islamizzazione del nostro Paese è una fobia, non è un pericolo reale… il rischio è che si perda il vero sentimento religioso».
INDIA
IL SOLE 24 ORE – “L’artigianato delle donne rilanci il Tamil Nadu”. «Tharangambadi, “il paese delle onde che cantano”, villaggio portuale sulla costa del Tamil Nadu, cento chilometri a sud di Pondicherry e di Auroville. qui grazie a un progetto congiunto tra un fondo danese e un istituto indiano è stata già completata con efficienza e in tempi brevi una fase di ricostruzione che dà la speranza alle vittime dello tsunami dopo l’orrore. Passeggiando per le strade interne, saltano agli occhi di chi è abituato alle strade indiane una pulizia e un’assenza di spazzatura rare. La Bestseller Foundation, legata all’omonima multinazionale di abbigliamento di Copenhangen, e la Indian National Trust for Art and Cultural Heritage (una no-profit indiana, la Intach) sono riuscite a far partire un programma non solo di restauro di siti e palazzi storici, ma anche per migliorare le infrastrutture intervenendo su strade, impianti idrici, elettrici e fognari. Hanno anche dato inizio a un sistema di matching funds per il restauro di abitazioni private che siano considerate patrimonio storico locale. Ma è il sistema di nettezza urbana, in una certa misura anche con raccolta differenziata, il successo più sorprendente. Poco più a sud ci sono ventimila piante trasformate in un grande parco agricolo e continua il progetto per ribonificare e rendere fruttuosi i terreni circostanti con un programma del Woman Self-Help group, il programma di “auto-aiuto” per le donne della provincia. Sono infatti le donne di Tharangambadi ad aver raccolto semi di 20 diversi specie locali di piante e ad aver reso di nuovo floridi i campi. E sono le donne ad avere ricostruito e restaurato, mattone per mattone, buona parte delle casette su Goldsmith Street. In una di esse c’è proprio la sede di un centro di manufatti artigianali in cui sono esposti, sia in esposizione sia in vendita, la produzione delle artigiane della zona, che va dai braccialetti e i portagioielli fatti con i gusci di cocco rilavorati, ai canestri intrecciati con le foglie di palma fino alla bambola Tsunamika, un progetto iniziato sotto l’egida delle donne di Upasana, ad Auroville. (…) Nonostante il trauma dello tsunami sia ancora leggibile negli occhi degli abitanti di questo villaggio, si vede anche che le iniziative di diversi fondi no profit caritatevoli e di associazioni non governative stanno avendo un impatto».
BIOETICA
AVVENIRE – A pagina 12 un’intervista al sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella che chiarisce alcuni interrogativi sul fine vita alla vigilia del dibattito a Montecitorio, previsto per lunedì prossimo. Con le disposizioni in vigore non si è riusciti a impedire che Eluana morisse per disidratazione. E nell’assenza di interventi del legislatore, alcuni Comuni stanno provvedendo con propri biotestamenti. Secondo la Roccella «non possiamo lasciare che siano i giudici a scrivere le regole».
POVERTA’
IL SOLE 24 ORE – “Povertà diffusa tra gli stranieri”: «La fotografia che l’Istat ha fatto, per la prima volta su scala nazionale, delle famiglie con stranieri che vivono nel nostro paese. Vediamo nel dettaglio qualche cifra (i numeri Istat sono della fine del 2009): i cittadini stranieri con la residenza in Italia sono 4milioni 235mila, pari a circa il 7% della popolazione, mentre le famiglie dove c’è almeno uno straniero sono 2milioni 74mila (l’8,3%). Poco diffusa è la proprietà delle case: solo il 23,1% delle famiglie vive in una casa propria, contro il 71,6% delle italiane, mentre quasi una famiglia con stranieri su cinque vive in appartamenti in uso gratuito o usufrutto, messi a disposizione in oltre il 60% dei casi dal datore di lavoro. E molte di queste famiglie con stranieri vivono in condizioni di vero e proprio sovraffollamento, che si uniscono spesso anche a uno o più gravi problemi abitativi: stiamo parlando del 13,3% dei casi, contro il 4,7% delle famiglie solo italiane».
FOTOVOLTAICO
ITALIA OGGI – Apertura al solito controcorrente per il quotidiano giallo che mette in rilievo la sforbiciata agli incentivi per l’energia rinnovabile. In sintesi la notizia contenuta nello schema di un dlgs che oggi va in preconsiglio dei ministri: quando l’Italia raggiungerà il limite massimo di 8mila megawatt complessivi scatterà la ghigliottina (limite fra l’altro molto vicino). Lo stop alle agevolazioni scatterà ufficialmente dal primo gennaio 2014. Non un euro verrà dato dallo stato per installare impianti fotovoltaici.
5 PER MILLE
IL SOLE 24 ORE – “Il cinque per mille piace sempre di più. Firmano in 15 milioni”: «Si attesta stabilmente sopra i 400 milioni di euro la quota del cinque per mille dell’Irpef che i contribuenti destinano ogni anno al non profit, alla ricerca scientifica e sanitaria e alle attività sociali del proprio comune di residenza. Anche per il 2009, vale 420 milioni la preferenza espressa da 15,4 milioni di contribuenti nella dichiarazione dei redditi (relativa al 2008). Gli elenchi definitivi dei beneficiari del cinque per mille 2009 sono stati pubblicati ieri sul sito dell’agenzia delle Entrate (www.agenziaentrate.gov.it). La somma che sarà effettivamente ripartita fra i 40.922 enti beneficiari è di 412 milioni: circa 8 milioni, infatti, non saranno assegnati perchè relativi a scelte espresse a favore di enti esclusi dal beneficio, per mancanza di requisiti o per errori nella procedura di iscrizione. Ad aggiudicarsi quasi il 15% delle risorse, 60,4 milioni, sarà l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc), che conferma il primato degli anni scorsi e guida la classifica degli enti di ricerca scientifica e di quella sanitaria (ma è quarta anche fra le Onlus). Iscritta dunque in tre elenchi di beneficiari, l’Airc ha raccolto le preferenze di oltre 1,4 milioni di contribuenti. In testa alla classifica di Onlus ed enti del volontariato resta l’organizzazione umanitaria Medici senza frontiere, che ottiene 9,9 milioni».
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