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Libia, Gheddafi non molla
Rais isolato, Obama pronto ad agire, emergenza umanitaria
Si prolunga la crisi libica, la situazione è sempre più complessa e delicata, dal momento che Gheddafi non ha alcuna intenzione di lasciare il potere, e tenta di passare al contrattacco, bombardando i ribelli in Cirenaica, e ignorando il pronunciamento di Obama: “Se ne deve andare”. I giornali continuano a seguire la vicenda libica con buona evidenza.
- In rassegna stampa anche:
- FEDERALISMO
- SANITA’
- SCIOPERO GENERALE
- CRISI ALIMENTARE
- VOLONTARIATO
- SALERNO-REGGIO
- ENERGIE RINNOVABILI
“Bombe sulle città ribelli. Obama a Gheddafi: via” sintetizza il titolo del CORRIERE DELLA SERA, incastrando nella fotonotizia in prima anche i due titoli di approfondimento: “Guerra di tribù tra palme e pozzi” di Lorenzo Cremonesi, e “Se resta al potere? L’ipotesi embargo” di Davide Frattini. I servizi sulla Libia da pagina 5 a pagina 9. Importante il punto di osservazione dell’inviato, Lorenzo Cremonesi, che visita i luoghi della controffensiva: “Per quello che possiamo capire, si combatte per lo più attorno alle grandi arterie di circolazione. I danni restano circoscritti. Morti e feriti pare siano al momento relativamente pochi. Sebbene dopo ogni scontro di una qualche rilevanza popolazione e combattenti denuncino metodicamente massacri in grande stile, violazioni gravi dei diritti umani e violenze di ogni tipo. Difficile distinguere propaganda da realtà”. Interessante e lucida l’analisi di Davide Frattini, a pagina 6, con tre scenari per l’Occidente, il cosiddetto “appeasement”, ossia quieto vivere e attendismo, oppure le sanzioni e l’isolamento globale, e infine la no-fly zone e l’intervento militare. Intanto, come si legge a pagina 8, “Il colonnello indagato all’Aja «Crimini contro l’umanità»”, pezzo di Luigi Offeddu che contiene anche le affermazioni di Obama: “Gli Stati Uniti e il mondo intero sono oltraggiati e la violenza deve cessare, Gheddafi ha perso la sua legittimità, deve andarsene”. Maurizio Caprara, a pagina 9, racconta le iniziative umanitarie del nostro Paese: “Piano B per i profughi, verranno ridistribuiti tra le varie Regioni”. Maroni: “Impatto di 50 mila persone”. Paolo Conti, infine, intervista il pronipote di re Idris, Hashem El Senussi, sposato a un’italiana, tre figli, carriera nel mercato petrolifero: “Ritorno della monarchia? Decide il popolo”.
“Libia, l’ultimatum di Obama”: è questa l’apertura de LA REPUBBLICA che all’interno riferisce le decisioni della comunità internazionale e la situazione sul campo. Il Colonnello è indagato all’Aja per crimini di guerra, è operativo il blocco dei beni che i Gheddafi continuano a negare di avere, mentre il presidente americano a chiare lettere dice che deve andarsene subito: l’America «è indignata per la violenza inaudita contro il popolo libico». Intanto si studia un intervento militare sotto forma di no fly zone. Un intervento che Obama non pensa di fare da solo ma assieme alla Nato e nel quadro di sostanziale discontinuità con la precedente amministrazione. A Tripoli, in previsione del venerdì di preghiera, da ieri non funziona Internet mentre proseguono le operazioni dei militari contro i “terroristi” come Gheddafi definisce i rivoltosi. Secondo la Lega dei diritti del’uomo libica, sarebbero 25mila i mercenari su cui il rais può contare. A Bengasi ci si prepara alla battaglia finale: da una parte c’è l’esercito regolare, composto da professionisti e da mercenari; dall’altra, quello degli insorti. «Possiamo contare su diecimila uomini a difesa di Bengasi, e dodicimila da mandare alla conquista di nuove regioni». Come annota l’inviato Pietro Del Re, Bengasi, anche all’ospedale di Brega, i quattordici morti e i quindici feriti della prima controffensiva contro la Cirenaica del Colonnello sono stati tutti evacuati a Ajdabya. «Dobbiamo lasciare celle frigorifere e letti liberi per le prossime battaglie che scuoteranno Brega», dice uno dei chirurghi dell’ospedale. L’analisi è di Bernardo Valli: L’Occidente soffia sul vento della rivolta ma la caduta del rais rafforza Teheran”. «Gli Stati Uniti hanno favorito il loro peggior nemico, l’Iran, e hanno fragilizzato l’Arabia saudita, il loro miglior alleato arabo. Adesso l’Arabia saudita potrebbe essere a sua volta colpita dalla “primavera dei popoli”, che fiorisce in Medio Oriente».
Sono due le pagine che IL GIORNALE dedicata alla Libia. A pag 13 il pezzo “Obama Sceglie la linea dura: Gheddafi se ne vada” fa il punto sulle opzioni del governo americano. Obama non esclude l’opzione americana mentre i sui generali hanno fatto capire che l’impegno di una no-fly zone in Libia potrebbe essere troppo oneroso dal punto di vista economico. Sempre secondo il pezzo, il tribunale internazionale dell’Aia apre un’inchiesta sul Colonnello per crimini contro l’umanità. A supporto del pezzo, un box di Rolla Scolari, traccia un profilo dei rivoltosi: «Sono volontari, partiti alla guerra con grande entusiasmo e poca strategia». A pag. 14 invece, il pezzo “L’esodo dall’Africa? Non esiste”. Il club dei soloni che sbaglia tutto” propone una carrellata delle dichiarazioni di Giorgio Napolitano, Laura Boldrini, Agostino Mozzo e Romano Prodi, colpevoli, secondo IL GIORNALE, di aver accusato il governo di lanciare allarmi per nulla e che ora sono costretti a ricredersi. Il governo, invece, come illustrato nel pezzo “Maroni: «Un piano B per accogliere 50 mila profughi»”, sta organizzando tre aree e strutture al Sud e altrettante al Nord saranno pronte per lo «scenario peggiore». Varate anche due missioni umanitarie, una per aiutare gli egiziani in Tunisia e una in Cirenaica».
La Libia non è il tema principale della prima pagina de IL MANIFESTO che apre sul no all’election day, il richiamo, con la foto di Obama, è nella parte bassa della pagina e punta sull’intervento del presidente statunitense. Gli articoli sono alle pagine 8 e 9 dove il titolo di apertura punta sulla questione profughi «I fantasmi della frontiera» con un reportage dal confine con la Tunisia. Scrive Maurizio Matteuzzi da Ras Jadir: «Confine fra la Libia e la Tunisia. È qui che l’Onu e l’Unhcr, la sua agenzia per i rifugiati, hanno lanciato l’allarme per un incombente crisi umanitaria, uno degli «effetti collaterali» dello sconquasso che sta mandando in pezzi la Libia (e che potrebbe essere una delle cause, o dei pretesti, per un prossimo intervento militare internazionale). Mercoledì l’Unhcr aveva raccontato di cifre e situazioni spaventevoli. 80.000 in fila e in attesa, dalla parte libica della frontiera e 120 mila stipati dalla parte tunisina senza saperne che fare. (…) Ieri, quando arriva a Ras Jadir il convoglio d’auto da Tripoli, intorno alle 4 del pomeriggio, ci si aspetta di trovarsi di fronte a scene da girone dantesco simili a quelle che si vedono all’aeroporto della capitale, dove da due settimane bivaccano migliaia di persone in condizioni subumane. Invece il valico, dalla parte libica, è praticamente deserto e sono quasi più i giornalisti stranieri – un centinaio – delle persone che stanno passando. (…) Ma dove sono finiti quegli “80.000”? O, in ogni caso, le decine di migliaia che, fino a ieri, erano in fila per passare? I colleghi giornalisti che seguono la crisi dalla parte tunisina del confine, al telefono ci dicono che là i profughi entrati da Ras Jadir sono effettivamente ammassati a decine di migliaia, che la situazione umanitaria è drammatica, che si stanno organizzando ponti aerei e navali. (…) Comunque resta la domanda: dove sono finti quei disgraziati se fino a ieri erano qui? La ragione per cui i nostri angeli custodi libici ci hanno portato fin qui è chiarissima: dimostrare che non c’è crisi umanitaria, che chi vuole può andarsene senza eccessivi problemi, che anche in questo caso la Libia – la Libia di Gheddafi – è vittima di una campagna di disinformazione sistematica. (…)» Nella pagina accanto, di spalla si parla di Gheddafi che si trava tra «la sbara dell’Aja il negoziato di Chavez». Scrive Roberto Zanini: «Alla sbarra come un criminale di guerra, al tavolo della pace come un leader chiamato a concludere la propria eternità. La rivolta della Libia ha spinto Muammar Gheddafi al bivio che può essere conclusivo. Con il paese in fiamme e i profughi alle frontiere, mentre la comunità internazionale discute di interventi e no fly zone, nel turbinio di notizie vere, verosimili e fasulle, la Corte penale internazionale ha aperto un’inchiesta su Gheddafi e il presidente del Venezuela Hugo Chavez ha lanciato una proposta di pacificazione. Il colonnello ha davanti un processo oppure un negoziato. La Libia, invece, la fine di un regime oppure il rischio di una guerra civile. (…)».
Un editoriale di Pierluigi Magnaschi “Mentre l’Europa pisola l’Italia si dà da fare” fa il pelo e il contropelo su ITALIA OGGI alla non capacità dell’Europa di gestire il dramma umanitario libico. «Una Ue» scrive Magnaschi a pag 2 «che è sempre pronta a scrivere comunicati stizziti, redatta da funzionari saccenti e strapagati solo per mettere delle parole in fila. Comunicati, questi, con i quali la Ue si straccia le vesti, n difesa dei diritti umani, contro, magari, i centri di raccolta non perfetti o contro il rinvio degli extracomunitari approdati fortunosamente sulle nostre coste».
Alla Libia il SOLE 24 ORE dedica la fotonotizia in prima. A pagina 7 lo sforzo umanitario del Governo “Via libera alla doppia missione – Partito il team per la Tunisia, oggi la nave per Bengasi” con intervista a Elisabetta Belloni, direttore generale della cooperazione del ministero “Siamo i primi a portare aiuti alimentari”: «Una cosa è certa. Siamo il primo paese a portare in Libia aiuti alimentari. Sono quelli che ci ha forniti la Coop. Insieme ai generatori di elettricità, ai potabilizzatori d’acqua e ai kit sanitari di patologia generale saranno presi in consegna dal pattugliatore della Marina Lybra che partirà oggi dal porto di Catania alla volta di Bengasi (…) La missione non è esente da rischi. Chi analizza la situazione sul campo lo sa benissimo. Proprio per questo ci siamo affidati alla Marina che imbarca anche alcuni elementi del reggimento San Marco».
AVVENIRE dedica il titolo di apertura al ponte umanitario Ue-Italia per portare soccorsi in Tunisia e nell’est della Libia. Le quattro pagine interne sul Maghreb in fiamme si aprono con il resoconto dei bombardamenti ai pozzi petroliferi di Brega ordinati da Gheddafi. A corredo la denuncia del capo della Libyan Human Rights League , Ali Zeidan, secondo cui «sono 25mila i mercenari che hanno diffuso il terrore tra la popolazione libica e arrivano da Ciad, Niger, Mali». Un quotidiano libanese sostiene che dietro «ci sarebbe una società di proprietà del magnate Roger Tamraz, fondatore della Tamoil». Tutta la Tripolitania attende che esploda l’insurrezione. «Il direttore della raffineria di Zawia», scrive AVVENIRE, «resta però dalla parte del regime». Al confine con la Libia il grande esodo intanto sembra fermarsi: non ci sono più le file interminabili di profughi dei giorni scorsi ma solo poche decine di persone. In Italia invece parte il piano B per far fronte all’emergenza. L’onda d’urto prevista è di 50mila immigrati. Si cercano caserme, aree dismesse, fabbriche in disuso, grandi spazi. Ieri, in una riunione al Viminale con i rappresentanti delle Regioni il ministro Maroni ha deciso di aprire un tavolo per programmare l’accoglienza ai profughi. Un Fondo nazionale finanzierà gli interventi per fronteggiare l’emergenza e il governatore della Lombardia coordinerà il reperimento delle strutture.
Ampio spazio dedicato agli ultimi eventi in Libia è quello che offre LA STAMPA. Doppio commento di Lucia Annunziata e dall’inviato Domenico Quirico. Mentre i servizi si sviluppano da pagina 2 a pagina 7. Ma andiamo con ordine. Il titolo di apertura in prima è: “Obama: rovesciate Gheddafi”. La crisi libica non trova uno sbocco e il presidente degli Stati Uniti torna a far sentire la sua voce, sempre più deciso a isolare in qualsiasi modo il rais. Sul tavolo anche l’opzione militare, ma la Casa Bianca fa capire che per ora preferisce una soluzione interna, e per questo invita chiunque sta appoggiando Gheddafi di fare un passo indietro. Intanto l’Europa congela tutti i beni di famiglia, parenti e fedelissimi. In piede a pagina 5 di nuovo la polemica che ha coinvolto la London School of Economics, rea di aver avuto relazioni economiche con i Gheddafi in cambio di finanziamenti. Pagina 6 e 7 sono dedicate a chi, invece, dalla Libia sta cercando di fuggire. Federico Geremicca fa la cronaca di una notte insieme al guardia costiera nel suo “In mare con i fari puntati sul barcone dei migranti”.
E inoltre sui giornali di oggi:
FEDERALISMO
LA REPUBBLICA – Arriva lo scontro con le Regioni, dopo l’intesa sul decreto di attuazione del federalismo che le riguarda: «Al governo abbiamo detto che, dal momento che non ha onorato i contenuti dell’accordi l’intesa per noi non c’è» dice il presidente della Conferenza, Vasco Errani. Cui Calderoli replica: «Il governo ha raggiunto un’intesa, con Regioni, Comuni e Province, sul decreto sul federalismo regionale e provinciale, ad una serie di condizioni che il governo intende rispettare completamente. Pertanto il problema sollevato dal governatore Errani non si pone».
AVVENIRE – “Le Regioni ora dicono no al Federalismo” è il titolo del richiamo in prima pagina sullo scontro dopo il via libera del governo al fisco municipale. Pomo della discordia il mancato finanziamento delle funzioni trasferite, in primis il trasporto pubblico locale. Calderoli minimizza e promette «Rispetteremo gli impegni presi. Ce la faremo per il 20 maggio». Ma secondo Errani, presidente della Conferenza delle Regioni: «Se nei prossimi giorni non ci saranno atti sul trasporto pubblico locale e sugli ammortizzatori sociali c’è un problema serio». Tocca a Roberto Formigoni, a nome degli ormai maggioritari governatori di centrodestra, allentare la tensione: «Sono convinto che l’accordo con il governo è possibile, a patto ovviamente che sia rispettato quanto avevamo stabilito negli ultimi incontri, in particolare l’accordo sulle risorse», sdrammatizza il governatore della Lombardia. Tra i commenti contrari AVVENIRE riporta quello di Casini che dice «il provvedimento sul federalismo è solo uno spot per la Lega, perché ci sono tante nuove tasse: tassa di scopo, di soggiorno, sblocco delle aliquote Irpef, più tasse per le famiglie e le imprese». Critico anche Rutelli che denuncia «il meccanismo complicatissimo di compensazioni, per cui si passerà comunque da Roma, centralizzando, altro che federalismo. In più, questa normativa consente ai Comuni di aumentare le imposte, in particolare sulle imprese che pagheranno 3 miliardi in più all’anno».
IL MANIFESTO – «Il federalismo inciampa nelle regioni» annuncia il piccolo richiamo in prima pagina con tanto di foto di Calderoli. A pagina 6 l’articolo è a firma di Micaela Bongi che scrive: «La Lega non ha mollato la presa, il federalismo fiscale s’ha da fare e si dovrà fare in fretta. Il ministro della semplificazione Roberto Claderoli come al solito complica le cose. Dopo aver annunciato, mercoledì, che nel consiglio dei ministri di ieri avrebbe chiesto quattro mesi in più per la delega sul federalismo fiscale, e dopo che, sempre ieri, il ministro Roberto Maroni aveva riferito che la proroga era stata approvata, sulla Padania di oggi Calderoli prova a spiegare (…) Le cose del resto alla Lega non vanno per il meglio. Il prossimo scoglio sarà il federalismo regionale, quello che sta più a cuore ai padani e che contiene i costi standard della sanità. Ma proprio ieri, al termine della conferenza stato-regioni, Vasco Errani ha tirato bruscamente il freno: “Al governo abbiamo detto che non ha onorato i contenuti degli accordi, dunque l’intesa per noi non c’è”. Il presidente della conferenza delle regioni si riferisce agli accordi di dicembre che riguardano tra l’altro il finanziamento del trasporto pubblico locale e gli ammortizzatori sociali in deroga. (…)» Nell’articolo si passano in rassegna i diversi fronti di dissapori tra Lega e Pdl, non ultimo il minirimpasto di governo all’orizzonte: «(…) qui la Lega batte cassa. Se non otterrà un piatto forte nella partita delle nomine pubbliche, l’obiettivo resta la riconquista del ministero dell’agricoltura. Ieri Berlusconi ha incontrato l’attuale titolare del ministero, Giancarlo Galan, e gli ha proposto di traslocare ai beni culturali, ma per ora Galan non schioda. (…) Scalpitano tutti i gruppetti più o meno «responsabili», e come sempre in questi casi si ipotizza lo spacchettamento di alcuni ministeri. Ma la “quadra” non si trova».
ITALIA OGGI – “Il federalismo va al rallentatore”. Un pezzo a pag 3 che analizza i gli «scogli più perigliosi» per l’attuazione del federalismo come il finanziamento del trasporto pubblico, la tassazione dei rifiuti, l’esclusione dalle liste elettorali per i governatori regionali responsabili di una cattiva gestione e la possibilità che vengano decurtati del 30% i rimborsi elettorali.
SANITA’
CORRIERE DELLA SERA – A pagina 26: “Gli ospedali fermino le dimissioni affrettate per tagliare i costi”: è questo il succo di una sentenza della Cassazione che rovescia il verdetto di assoluzione di un medico dell’ospedale di Busto Arsizio, dopo il ricorso dei familiari di un malato morto in seguito a un malore, poche ore dopo essere stato dimesso e mandato a casa. La Cassazione prende di mira con molta forza le linee guida degli ospedali: “di cui non si sa nulla, né dei contenuti né del livello di scientificità. Ma soprattutto non è dato conoscere se rappresentino un’ulteriore garanzia per il paziente”. Conclusione della Corte di Cassazione: i medici non sono tenuti “al rispetto di quelle direttive in contrasto con le esigenze del paziente”. Esulta il Tribunale dei malati.
SCIOPERO GENERALE
IL MANIFESTO – Due pagine interne e l’editoriale a firma di Loris Campetti sono dedicati alla proclamazione da parte della Cgil dello sciopero generale per il prossimo 6 maggio. «Lo sciopero generale non è più una chimera, non solo perché non è un animale mostruoso ma un toccasana per il nostro paese malato. Ora si sa che c’è davvero, (…)» scrive Campetti che prosegue: « (…) Berlusconi se ne deve andare. Può comprarsi deputati e senatori, non un intero paese finalmente insofferente verso una guida politica populista, liberista, ad personam, che ci fa commiserare dal resto del mondo. Lo chiedono le donne, la società civile, le persone impegnate nella difesa dei beni comuni, del territorio e dell’ambiente, gli studenti, l’universo della precarietà. Da qui al 6 maggio si manifesterà in tutte le piazze con slogan diversi e obiettivi che sono, possono diventare, comuni. Berlusconi però, come killer della democrazia italiana è in buona compagnia (…)»
CRISI ALIMENTARE
IL SOLE 24 ORE – “Allarme Fao per i prezzi del cibo”: «I prezzi alimentari secondo l’Indice Fao toccano un nuovo record a febbraio mentre i biocarburanti, con il petrolio a 100 dollari al barile, diventano sempre più convenienti, una sprirale di mercato che fa impennare ancora di più il prezzo delle derrate alimentari e dei terreni agricoli. Solo il riso, fortunatamente, per ora tiene. ”Non ho mai amato il riso tanto come adesso”, dice al telefono da Roma Abdolreza Abbassian, senior economist della Fao, l’organismo delle Nazioni Unite per la fame nel mondo. Il riso è l’alimento base per oltre la metà della popolazione mondiale, secondo l’International Rice Research Institute, ma “probabilmente il riso è il prodotto che oggi ci separa da una crisi alimentare come quella del 2008”, spiega Abbassian».
VOLONTARIATO
AVVENIRE – Nelle pagine milanesi si parla di Portofranco, il centro di aiuto allo studio che ha inaugurato la nuova sede. Attivo da 10 anni, ha aiutato migliaia di studenti italiani e stranieri (il 26% provenienti da 34 diversi Paesi) e coinvolto 400 volontari.
SALERNO–REGGIO
LA REPUBBLICA – Interessante inchiesta firmata da Roberto Mania che, giustamente, definisce il tratto «il più lungo corpo del reato» in Italia. 443 chilometri il costo dei quali è raddoppiato dal 2002 a oggi (da 5,8 miliardi a 10,2) e sui quali lavorano circa 700 imprese (che fino a oggi hanno però completato solo 210 km). Le cosche, secondo il Rapporto Sos imprese del 2007, fanno estorsioni, gonfiano fatture scaricano materiale di scarsa qualità sotto il manto stradale, corrompono funzionari.
ENERGIE RINNOVABILI
LA STAMPA – “Stretta sul fotovoltaico calano gli incentivi” è il titolo della doppia (14-15) dedicata al varo del decreto sulle energie rinnovabile in sede di CdM. In piede intervista a confronto tra l’astronoma Margherita Hack, favorevole al nucleare, e il geologo Mario Tozzi.
Nessuno ti regala niente, noi sì
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