Mondo
Libia, bombe da disinnescare
Bossi frena, il Governo è diviso, l'opposizione anche.
Una bomba da disinnescare al più presto. Ore convulse, anche ieri, dopo lo strappo (apparente) fra Bossi e Berlusconi sul tema dei raid aerei italiani in Libia. Si arriverà a un voto in Parlamento, e la questione attraversa entrambi gli schieramenti, mentre il leader della Lega nega di volere la crisi del governo. I giornali di oggi cercano di raccontare e di commentare l’intricata vicenda politica e diplomatica.
- In rassegna stampa anche:
- PAPA WOJTYLA
- MINORI
- MIGRANTI
“Bossi: non voglio far saltare il governo” titola in apertura il CORRIERE DELLA SERA. E il sommario aggiunge: “Prima missione armata dei caccia italiani. Napolitano: sulla Libia scelte coerenti”. Ieri incontro al Quirinale tra Berlusconi e Napolitano, che evidentemente ha cercato di mettere ordine nella situazione politica sfilacciata e pericolosa. L’editoriale in prima, favorevole all’intervento in Libia, è di Franco Venturini: “Prima il Paese”. Ecco che cosa scrive, fra l’altro, Venturini: “E riteniamo che ora si stia rischiando di creare il «peggio» quando la Lega, chiamata a una prova di maturità politica, scuote invece la maggioranza per ragioni che nulla dovrebbero avere da spartire con l’interesse nazionale. Essendo sacra in democrazia ogni forma di protesta e di dissenso, e non essendo certo inedite nel mondo le liti interne sulla politica estera, cerchiamo di orientarci nella confusione che turba i Palazzi romani (e padani). Interesse nazionale, dicevamo. Perché l’Italia poteva dissociarsi dalla risoluzione Onu sulla protezione dei civili in Libia, come ha fatto la Germania. Poteva essere assai più avara nel concedere le sue basi. Ma non poteva stare a metà del guado, mezza belligerante e mezza neutralista, senza danneggiare due suoi fondamentali interessi: mantenere saldo il rapporto con gli alleati e avere una voce da far pesare quando si parlerà di futuro in Libia. Fino a lunedì scorso, il governo ha commesso questo errore. Poi ha cambiato rotta (pressato dall’America e dalla Nato ben più che dalla Francia), e nel muovere il timone Berlusconi di errore ne ha commesso un altro, «dimenticando» , con l’evidente intento di rinviare un confronto scontato, di consultare preventivamente la Lega”. Sempre dalla prima partono i richiami a due pezzi: “Il premier: ho sbagliato con Umberto. Dovevo avvertirlo” di Marco Galluzzo, e “Il voto del 3 maggio e la voglia di poltrone dei «Responsabili»” di Pierluigi Battista. A pagina 2 i primi racconti dei raid aerei e la situazione a Misurata, raccontata dall’inviato Giusi Fasano. Di spalla, a pagina 3, intervista di Maurizio Caprara al ministro della Difesa: “La Russa: «Non dico se abbiamo già colpito. Seguiamo gli ordini Nato»”. Si parla di un “caveat”: “Vogliamo che i nostri aerei non agiscano aria-terra nelle città. A meno che non debbano salvare civili sotto attacco da un pericolo grave e attuale”. A pagina 5 “Vertice al Quirinale, Napolitano invoca «coerenza»”. Pagina 6 è dedicata ai tormenti di Silvio, con il retroscena raccontato come sempre da Francesco Verderami: “Il Cavaliere e il timore di un rapporto compromesso”. A pagina 8 ci pensa Bossi a rassicurare: “Il governo non rischia”, tanto più che, come si capisce a pagina 9, l’opposizione è in ordine sparso, con tre mozioni, e con il Pd preoccupato di un “voto boomerang”.
“Libia, le prime bombe italiane”: LA REPUBBLICA apre con l’azione dei due Tornado contro le forze del raìs. Martedì, ricorda nell’occhiello, la Camera vota sulle mozioni. Nel sommario invece riferisce delle conseguenze politiche: “La Lega: di male in peggio. Berlusconi al Quirinale: troverò un’intesa”. Cinque pagine all’interno, cominciando dal volo dei tornado e dall’invio degli istruttori italiani per addestrare l’esercito ribelle. La missione dei top gun è iniziata alle 10.30 di ieri mattina: l’obiettivo Tripoli. Una missione che ha almeno per la giornata di ieri aggravato la crisi di governo. Nel pomeriggio il premier ha visto Napolitano che gli ha chiesto di ricucire gli strappi in nome dell’«interesse nazionale» e ha ribadito «la coerenza con gli impegni presi» sulla base della risoluzione dell’Onu. In serata però Bossi ha gettato acqua sul fuoco: «non ho nessuna intenzione di far cadere il governo». Un’affermazione cui altre sono seguite: «è meglio stare fuori dai pasticci. La guerra non va bene, è roba pericolosa, porta solo problemi e immigrati» ha commentato Bossi. Che non ha fatto mancare un elogio a Tremonti («meno male che c’è lui, sennò Berlusconi spenderebbe tutto»). Nel suo retroscena, Carmelo Lopapa spiega la giornata del premier: dopo il Quirinale, ha visto il cardinale Tarcisio Bertone. «Va da sé però che le grane sono tutt’altro che risolte»: il voto a Milano e soprattutto la sopravvivenza del governo. «A giugno», avrebbe detto il premier, «ci sarà la resa dei conti» (quindi passato il turno elettorale).
IL GIORNALE dedica ampio spazio ai raid italiani. Il direttore Alessandro Sallusti firma l’editoriale “Libia, Tremonti, i lettori”. «Alcuni lettori in queste ore ci scrivono i loro dubbi e le loro perplessità sulla linea del governo rispetto al nostro impegno militare in Libia e le polemiche che ne sono seguite, leggi caso Lega-Tremonti. Dicono di votare Pdl, sono sconcertati. Penso che parlino degli stessi dubbi del presidente Berlusconi. La differenza tra noi e lui è che noi non abbiamo l’onere e l’onore di dover prendere decisioni. Possiamo non condividere, cambiare opinione, addirittura partito, senza che questo metta a rischio nulla. Anche il premier ha le sue idee personali, e quelle sulla guerra alla Libia sono chiare. Per quello che ne so io non l’avrebbe mai fatta, per indole, per calcolo e per i suoi rapporti personali con Gheddafi. Un premier deve però prima di tutto difendere gli interessi, gli impegni e la credibilità del suo paese. E qui le cose si complicano. Non entrare nella coalizione era impossibile. Lo imponevano il fare parte della Nato, la richiesta degli alleati di usare le nostri basi (già questo è schierarsi), la nostra storia». Sulla stessa linea anche il “Cucù” quotidiano di Marcello Veneziani che titola “Bomba o non bomba? Decide la Lega. Araba”. «certo, non è bello parlare a due voci, ma almeno serve a rimarcare che entriamo in guerra perché costretti, per non isolarci a livello internazionale e per frenare l’ingordigia di alcuni paesi interventisti. Un’ingordigia che a guerra finita si ritorcerebbe ai nostri danni. Per un Paese come l’Italia che ripudia la guerra già nella Costituzione, che ha cospicui interessi con la Libia e che sconta in pieno gli effetti collaterali di questo terremoto nordafricano, a cominciare dall’immigrazione, la guerra non è un affare». Il giornalista conclude poi «Se ci tocca farla per vincoli internazionali, e non possiamo sottrarci, almeno evitiamo la guerra civile intragovernativa con la Lega che difende gli interessi territoriali nostrani». All’interno Francesco Cramer firma “Bossi placa la furia padana: Non farò cadere Silvio come vorrebbe la sinistra” mentre Adalberto Signore mette in risalto le dichiarazioni di Berlusconi firmando “Con Umberto ho sbagliato, dovevo avvertirlo”. Roberto Fabbri poi fa il resoconto dei raid in “Prima missione per due Tornado italiani”. A lato del pezzo due opinioni contrapposte sulla guerra. A sinistra Fiamma Nirenstein, favorevole all’intervento, firma “È nostro dovere ma anche necessità politica”. Le risponde Fausto Biloslavo con “Ha ragione la Lega è un intervento sballato dall’inizio”. Claudio Biorghi fa i conti. Firma “Non bombardiamo? Addio a 20 miliardi” in cui fa il calcolo di quanto vale Tripoli per l’Italia. «Ma è proprio necessario usare mezzi armi e bombe in Libia? Si, purtroppo è necessario perché l’economia non ci lascia scelta» spiega il giornalista che poi aggiunge che il nostro rapporto con il Maghreb vale 40 miliardi di euro l’anno «una cifra enorme, quasi il 3% del prodotto interno lordo di cui metà è rappresentata dalla Libia» che significa «uno scontrino da supermercato di oltre 4,5 milioni di euro ogni ora per tutti i giorni dell’anno, notte e festivi compresi. È evidente che per quanto signori ci possiamo considerare, l’idea di non interessarci direttamente della situazione nordafricana sarebbe stata impensabile».
“Siamo Tornado” titola il MANIFESTO in prima pagina e nel sommario spiega: «1911-2011, torniamo a bombardare la Libia. Con l’approvazione di Napolitano che telefona a Bersani e Casini. L’invito del Colle è a una «prova di responsabilità». I primi caccia “di precisione” italiani colpiscono Misurata, mentre si contano le vittime di un raid sbagliato della Nato: 11 morti tra i ribelli». Nelle due pagine interne (la 2 e la 3) che si aprono con un “Finalmente bombardiamo” si trova un’intervista ad Angelo Del Boca, storico del colonialismo italiano che ricorda: «Gheddafi reagirà ai raid italiani potrebbe colpirci come nell’86», nell’intervista ricorda anche i misfatti italiani durante il colonialismo e osserva: «Sono sconvolto. Anche dal fatto che solo due mesi fa Gheddafi era il nostro principale alleato, invitato quattro volte in Italia, osannato per le sue «virtù» e perché ne abbiamo ricavato per decenni un terzo dei prodotti petroliferi che ci servivano. Lo abbiamo riempito di armi, le stesse che ora bombardiamo. Scompare la politica e l’Italia fa una figura meschina». Nella pagina accanto un corsivo dal titolo “Bugie di guerra”: «A due mesi dallo scoppio della cruenta rivolta libica e a più di un mese dall’inizio della “guerra umanitaria”, è di sollievo sapere che ormai è passata, anche da noi, la consapevolezza del “cortocircuito” sofferto (o cercato?) dalla informazione sulla guerra libica. Questo è il succo della (ottima) puntata del programma Rai “La storia siamo noi” dedicata a “Guerra, bugie e tv”, firmata da Amedeo Ricucci (…)» e dopo un breve elenco delle bufale sparate come notizie conclude: «Il più che sospetto e mirato ruolo di “regìa” di tv come al Jazeera e al Arabiya; la “partecipazione” di molti giornalisti e giornali. Meglio così, un po’ tardi ma bene (si vedrà cosa succede alla prossima “guerra umanitaria” e al prossimo tiranno da abbattere per “salvare vittime civili”). Sarà anche poco elegante concludere con un noi l’avevamo detto. Però è un fatto che nel suo piccolo, il manifesto, quasi da solo, l’aveva detto». Sempre a pagina 3 Francesco Paternò analizza quanto succede nella stampa di destra con la guerra in Libia “La stampa di destra nella sabbia”: «Sorpresa, il caos libico balcanizza la stampa di destra. Quattro giornali e quattro bastonate. Viva la stampa libera. Se non fosse che al centro dell’analisi è finita, più che la tragedia della Libia, una guerra di successione e nemmeno di secessione, partita prima che la Lega bombardasse Berlusconi perché ha detto sì ai jet italiani in azione sulla Libia (…)» nell’analisi rientrano il Giornale, il Tempo, il Foglio e Libero. «(…) Quattro letture diverse e una sola vera preoccupazione. I jet italiani che vanno a bombardare la Libia insieme a quelli della Nato sarebbero solo un pretesto dello scontro Pdl-Lega per il Giornale (…) Se il Tempo prova a buttare sabbia sull’incendio, il Foglio tenta di raddrizzare la barca puntando sulla Lega e dando voce al deputato Matteo Salvini: ci distinguiamo su Libia e clandestini “non per ragioni elettorali”, ma per “pragmatismo, è politica nel senso migliore”. (…) Tradotto: è Berlusconi ad aver regalato Parmalat a Lactalis, non Tremonti. “Noi poniamo – dice ancora Salvini – una questione che riguarda i rischi di questo conflitto sballato”. Come i conti (ma questo Salvini non lo dice) di tante aziende del nord, cui i jet di Berlusconi hanno intanto fatto saltare una montagna di contratti».
Coda della vicenda libica, a pagina 4 c’è “L’altra guerra, la maggioranza” con un articolo di apertua completamente dedicato alla crisi: «Silvio Berlusconi può tirare un sospiro di sollievo. Dal Colle la copertura sulla politica estera è massima e indiscutibile. Ma sul resto non è che tra i due presidenti sia calato il disgelo. Il premier, accompagnato da Gianni Letta, comunica al capo dello stato la prossima tranche del rimpasto di governo. (…)I “responsabili” sono ormai alla canna del gas, stremati dai continui stop and go del Cavaliere. L’ennesima trombatura della Siliquini al vertice della Consap (Tremonti ha ceduto su Masi ma ha preteso e ottenuto la permanenza di Monorchio) agita un gruppo diviso e unito solo dalla volontà di tirare a campare. In mattinata la riunione dell’armata brancaleone è confusa. (…) Non a caso, né Pionati né la Siliquini, hanno votato in aula la risoluzione di maggioranza sul Documento di economia e finanza presentato dal governo. Per il Cavaliere insomma la giornata è tutt’altro che tranquilla. Appena i giornalisti comunicano al leghista Roberto Calderoli che i primi Tornado italiani hanno volato sui cieli libici la risposta è tanto laconica quanto tranchant: “Di male in peggio” (…)».
«Primo raid armato dei Tornado italiani». È il titolo sopra la foto al centro della prima pagina de IL SOLE 24 ORE. A pagina 8 e 9 gli approfondimenti, si prendono in considerazione soprattutto le ricadute sulla politica italiana: «Rottura vera tra Lega e Silvio: “carenza di leadership”» è il titolo dell’articolo di Lina Palmerini. Si riportano i commenti di Calderoli («Di male in peggio») e Castelli («Stato di confusione, l’esecutivo sta sbandando»). Il commento viene affidato al «punto» di Stefano Folli: «La coerenza della politica estera oggi può garantirla il Quirinale». Secondo Folli le intenzioni leghiste vanno riconsiderate «Quando un partito vuole dissociarsi e provocare la caduta del governo di cui fa parte, di solito insiste, alza il tono, non dà tregua. Viceversa, Bossi e i suoi, pur nella loro irritazione, hanno evitato di compiere altri passi verso la crisi e sembrano in attesa». In pratica «un logoramento i cui protagonisti si muovono con ovvia cautela, perché non si sa cosa ci sia dietro l’angolo e non conviene a nessuno passare per destabilizzatore». A Berlusconi rimane «una sola strada davanti a sé, come si è capito ieri sera con il colloquio al Quirinale: affidarsi senza riserve a Napolitano», nella cornice «offerta dalla risoluzione Onu, all’interno della quale il capo dello Stato ha agito fin dal primo istante. Napolitano è l’unico soggetto in grado di limare gli spigoli, anche rispetto a Bossi, con l’obiettivo di portare l’insieme delle forze politiche (escluse l’Italia dei Valori e la sinistra pacifista) a superare senza danni lo scoglio parlamentare. Se la Lega acconsente, l’impresa è tuttora possibile. Il risultato sarà che la coerenza della politica estera italiana è garantita dal Quirinale più che dal governo. Un’anomalia, certo, ma anche l’unica via per limitare i danni e sfuggire al discredito internazionale. Lo ha capito Berlusconi e nel complesso lo ha compreso il Pd che non a caso ha presentato una mozione di grande equilibrio».
“Silvio Berlusconi sembra alla guida di un’auto impazzita” è il titolo del commento di Massimo Tosti a pag 4 di ITALIA OGGI. Da una parte, Tosi, sostiene che «il Cav sembra aver perso la bussola e gli manca quello che (almeno in apparenza) è stato il suo punto di forza a partire dalla sua discesa in campo nell’ormai remoto 1994: il decisionismo». I suoi sostenitori, continua Tosi «sono costretti a giustificare, nei continui dibattiti televisivi, i cambi di rotta del premier. Capita persino alla maionese di impazzire. La politica italiana è, in questo momento nelle stesse condizioni. Gli addetti alla cucina non sanno come riparare il danno». Dall’altra parte invece, «i partiti dell’opposizione non si dimostrano in grado di offrire piatti alternativi». E il motivo, per Tosi, è che la sinistra si sente «perennemente embedded dai pm o dal Quirinale».
“Bomba su bomba” strilla oggi AVVENIRE affiancando la foto della strage di kamikaze in Marocco a quella del primo raid mirato italiano. Notizie e commenti riempiono quattro pagine interne, dalla 4 alla 7. A commentare l’attentato di Marrakesh che ha causato 16 morti, è l’analista Kader Abderrahim, esperto del Maghreb dell’Istituto di relazioni internazionali e strategiche di Parigi e docente all’università della California. «Hanno puntato al portafoglio nazionale, il tallone d’Achille marocchino… occorrerà capire se la regia è pienamente inerna al Paese o se al contrario sono coinvolte reti internazionali come al-Qaeda», sostiene Adbderrahim che continua: «Il sovrano si è impegnato di recente a promuovere riforme importanti… ma se il processo dovesse deludere, le conseguenze potrebbero essere terribili». La conclusione comunque è che i fondamentalisti non rovesceranno la monarchia perché «non hanno più i mezzi per combattere il regime marocchino e ancor meno la possibilità di rovesciarlo». Analisi e commenti sull’intervento militare in Libia occupano le successive tre pagine del Primo Piano. Un titolo a tutta pagina è dedicato a Bossi che dice di non voler “far saltare il governo”: «Alla sinistra interessa farlo cadere nell’illusione di andare al governo, ma la sinistra al governo non ci andrà mai». Grande lavorio diplomatico per mettere a punto una mozione comune Pdl-Lega e lunedì il faccia a faccia tra il Senatur e il Cavaliere che avverte: «Non mi sono inginocchiato davanti alla Francia; è esattamente il contrario». Un taglio basso parla invece della nota di Palazzo Chigi con cui Berlusconi smentisce gli attacchi del quotidiano di famiglia a Tremonti, anche se «restano le perplessità del Cavaliere: l’affondo leghista sulla Libia è coinciso con i malumori del tesoro sul vertice italo-francese. Preoccupano l’arrivismo di Maroni e la guerra di successione interna dei “lumbard”». E un box informa che “la base leghista è contro Berlusconi” e che ieri i microfoni aperti di Radio Padania sono stati assaltati dai militanti che hanno parlato del caso Libia; i leghisti si schierano contro l’intervento militare più che per un ideale pacifista perché temono che l’unica conseguenza sarà quella dell’arrivo di altri immigrati. Infine una pagina è dedicata alla posizione di Napolitano che chiede “responsabilità da tutti”, sonda le opposizioni ricordando il rispetto degli impegni già presi sul piano internazionele e offre copertura al premier. Invece Pd, Idv e terzisti “si muovono in ordine sparso” e la vicenda delle mozioni sulla Libia «rischia di diventare un boomerang per le opposizioni».
L’apertura della prima pagina de LA STAMPA è «Missili italiani sulla Libia». Alla notizia sono dedicate le prime 6 pagine del quotidiano, con particolare attenzione al dibattito politico. Ampio spazio ai «retroscena». Ugo Magri scrive «Tremonti: “Io anti-Silvio? Falso, cerco di aiutarlo”. Il ministro: provo a mediare con Bossi, altro che complotto». Mentre Amedeo La Mattina descrive «Le condizioni di Bossi per firmare l’armistizio». Bossi «vuole passare all’incasso e alza il prezzo della pace. Per “perdonare” Berlusconi, reo di averlo tenuto all’oscuro sulle sue ultime scelte, il furbo Umberto porrà delle condizioni esose. “La pagherà cara!”. Tira le somme l’editoriale di Marcello Sorgi: «Bossi scherza col fuoco» è il titolo. Secondo Sorgi «la Lega considera esaurite le ragioni della collaborazione con Berlusconi, ma non ha ancora deciso quando e come tirarsene fuori». Il partito di Bossi è «incurante del difficile frangente in cui l’Italia si trova, dell’impossibilità per il Paese, a causa della sua collocazione politico-strategica, di tirarsi fuori da un conflitto rischioso come quello libico, e badando in sostanza solo ai sondaggi che dicono che l’elettorato leghista è insoddisfatto e alle prossime amministrative potrebbe punire il Carroccio». Come se ne esce? «C’è perfino chi sostiene che tutto si aggiusterà calibrando diversamente il rimpasto e mollando qualche posto di governo in più al Senatur. Ma è fin troppo evidente che, seppure la crisi di governo non si aprirà, sarà molto improbabile, dopo quel che è successo in questi giorni, che il governo trovi la forza di risollevarsi e riesca ancora a governare». Dell’opposizione, invece, si occupa la Jena: «Capolavori: La mozione del Pd sui bombardamenti non parla dei bombardamenti».
E inoltre sui giornali di oggi:
PAPA WOJTYLA
AVVENIRE – Dedica alla beatificazione di Giovanni Paolo II un inserto speciale di 8 pagine. Con un’intervista al segretario di Stato vaticano Angelo Sodano sul papa che ha “cambiato il cuore della gente” ed è stato un grande “costruttore di pace”.
MINORI
LA REPUBBLICA – R2 pubblica una inchiesta molto discutibile di Paolo Berizzi. Il titolo è “Una vita in casa-famiglia il business dei bambini rende un miliardo l’anno”. In Italia ci sono oltre 20mila giovani ospitati in strutture di accoglienza (mentre bassissima è la percentuale dei ragazzi dati in adozione o in affido). Ogni ospite in casa famiglia costa dai 10 ai 120 euro al giorno: soldi che i comuni pagano agli istituti laici o religiosi. «Un giro d’affari che si aggira attorno al miliardo di euro l’anno… un bambino assegnato in meno è una retta che entra in meno nelle casse della comunità. E così purtroppo si cerca di tenercelo il più a lungo possibile. La media è 3 anni». Come se a decidere fossero le comunità… Dopo aver dato un piccolo spazio a Lino D’Andrea, presidente di Arciragazzi (spiega che i ritardi nei pagamenti hanno messo in ginocchio molte comunità), Berizzi riprende il suo “volo” descrivendo ragazzi che crescono come «pacchi» nelle case famiglia che oltre tutto non sono controllate: «Lo Stato paga le comunità ma nessuno chiede alla comunità una giustifica delle spese, aggiunge Lino D’Andrea».
MIGRANTI
IL MANIFESTO – Richiamo in basso con una foto per la sentenza della Corte europea di Lussemburgo che boccia la reclusione per il reato di clandestinità. Gli articoli sono a pagina 5 dove accanto all’apertura che titola laconicamente “La corte Ue boccia il carcere” si trova una colonna per raccontare che il Vaticano va “Timidamente contro la Lega” che se da una parte sottolinea la forte presa di posizione di monsignor Marchetto, ormai in pensione dall’altra osserva «Nessuna voce invece arriva dalla Conferenza episcopale italiana, sempre attenta a non arrivare al muro contro muro con il governo, tranne quella di monsignor Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes (…)Mezza condanna, e anche sottovoce. Più nette le associazioni ecclesiali (…)» di spalla poi un articolo sulle reazioni che titola sulla frase di Maroni «Così a rischio le espulsioni». «È un duro colpo alla politica repressiva e xenofoba del governo e in particolare della Lega. (…) Una sentenza che boccia il governo anche perché dimostra come i provvedimenti esclusivamente repressivi messi in campo fino a oggi finiscano con il bloccare anche i rimpatri. Insomma, l’ennesimo pasticcio. Che però non preoccupa più di tanto il leghista Matteo Salvini, che non ha perso l’occasione per dimostrare cosa pensa di chi ragiona in modo diverso dal suo. “Questi giudici vivono sulla Luna, chissenefrega dell’ennesimo pronunciamento a favore dei clandestini: andiamo avanti con le espulsioni e con gli arresti”, ha detto l’eurodeputato del Carroccio (…) Maggioranza a parte, la decisione della Corte europea ha raccolto consensi tra l’opposizione ma non solo (…)». A piè di pagina due box, uno dedicato alla Francia “Retata di ragazzi clandestini Saranno ricondotti in Italia” e uno su un fatto di cronaca di Bologna “Indiano, 21 anni, ucciso dalla clandestinità”, racconta la storia di un giovane trovato morto su una panchina con accanto due bottiglie di superalcolici «(…) E così può accadere che un ragazzo muoia perché dopo aver perso il permesso di soggiorno la depressione inizia ad accompagnare il fallimento del progetto per cui era partito due anni prima dall’India (…)».
ITALIA OGGI – “Bocciato il reato di clandestinità”. Il reato di clandestinità previsto dalla legge italiana è contrario al diritto comunitario. Lo ha stabilito ieri la Corte di giustizia Ue bocciano l’art. 14 comma 5-ter del dlgs n.286/1998 che prevede, oltre al reato di clandestinità, l’arresto per gli immigrati irregolari. Il pezzo a pag 20 nella sezione Giustizia e Società.
AVVENIRE – “Carcere ai clandestini, la bocciatura della Ue” è il titolo in prima pagina sulla decisione della Corte di giustizia di Lussemburgo che ha detto no al carcere per gli irregolari perché «la detenzione rischia di compromettere un’efficace plitica di allontanamento e di rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi». Durissimo il commento della Lega: «cosa ci stiamo a fare in questa Ue?». Positive le reazioni di Caritas (“Ora il governo si adegui alla sentenza”), Migrantes (“Passo vanti per il diritto di chi arriva”), Comunità di Sant’Egidio (“Affrettare i percorsi di integrazione”) e Acli (“Avesso va abolito il reato di clandestinità”).
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.