Formazione
Libertà senza responsabilità?
Le vignette su Maometto e il dibattito sui principî: chi fa informazione costruisce spazi dialogici e di comprensione o spazi conflittuali e di guerra?
Il caso delle vignette su Maometto continua ad incendiare il mondo islamico. Mentre scriviamo ad Islamabad e a Lahore, in Pakistan, migliaia di manifestanti protestano davanti alle ambasciate e consolati occidentali bruciando le bandiere americane e danesi. In Iran, il quotidiano Hamshahri ha lanciato un concorso satirico sull?Olocausto come forma di ritorsione alle spiritosaggini occidentali. Il direttore di Jyllands-Posten, che per primo pubblicò le vignette incendiarie il 30 settembre 2005, il direttore del magazine norvegese cristianista, Magazinet, che le ripubblicò il 10 gennaio scorso, e il direttore di France Soir che le pubblicò a sua volta il 1° febbraio, seguiti da una pletora di direttori e commentatori dei media occidentali, anche italiani, sostengono che la reiterazione della pubblicazione delle immagine offensive per milioni di islamici, che ad oggi è già costata il sacrificio di un centinaio di vite umane in decine di incidenti, si giustifica in nome della battaglia per la ?libertà di espressione?.
Arma positiva o distruttiva
Verrebbe voglia di mandare al diavolo, per vie brevi, questo drappello di direttori e commentatori abituati a umiliare quotidianamente la ?libertà d?informazione e d?espressione? sull?altare degli interessi dei loro padroni, degli inserzionisti pubblicitari o delle veline di governi e uffici di pr. Giustamente il cardinal Renato Martino, presidente del Pontificio consiglio Giustizia e pace ha commentato la vicenda con parole dure, durissime: «Una manifestazione di arroganza maturata in paesi ricchi e sviluppati che non hanno rispetto per la cultura degli altri. Il diritto alla mia libertà di espressione arriva sin dove si pone il diritto dell?altro». Vale la pena sottolinearlo: la libertà non è un diritto astratto, un diritto che sta prima o fuori dalle situazioni; la libertà, invece, si gioca tutta dentro le relazioni, tanto più per chi comunica o informa.
Nella sua lettera ai responsabili delle comunicazioni sociali, Il rapido sviluppo, (gennaio 2005), Giovanni Paolo II ammoniva: «Non vanno dimenticate le potenzialità che i media hanno nel favorire il dialogo, divenendo veicoli di reciproca conoscenza, di solidarietà e di pace. Essi costituiscono una risorsa positiva, potente, se messi a servizio della comprensione tra i popoli; un?arma distruttiva, se usati, invece per alimentare ingiustizie e conflitti». In parole povere: chi fa informazione costruisce spazi dialogici e di comprensione o spazi conflittuali e di guerra?
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