Welfare

Libertà di stampa in Cina, appello di Rsf

Reporter senza frontiere ha manifestato sotto la Torre Eiffel per chiedere la liberazione dei cyberdissidenti e dei giornalisti prigionieri in Cina

di Emanuela Citterio

Attivisti di Reporter senza frontiere hanno simbolicamente liberato ieri nel cielo di Parigi dei palloncini rossi con attaccato il ritratto dei giornalisti e dei cyberdissidenti prigionieri nelle carceri della Cina popolare. L’organizzazione internazionale per la difesa della libertà di stampa e dei giornalisti prigionieri ha voluto attirare l’attenzione delle autorità francesi e dell’opinione pubblica sulla situazione di migliaia di prigionieri politici cinesi, tra cui si contano 59 internauti e 11 giornalisti. Reporter senza frontiere ha chiesto ai deputati francesi di boicottare il discorso che il presidente della Repubblica popolare cinese, Hu Jintao in visita a Parigi, stava tenendo in quel momento davanti all’Assemblea nazionale. “Attraverso questa operazione, l’organizzazione per la difesa della libertà di stampa e dei giornalisti prigionieri rende omaggio ai professionisti dei media e agli internauti detenuti in Cina per aver esercitato il mestiere di informare nella stampa o su Internet” si legge in un comunicato di Rfs. I ritratti dei sei prigionieri per reati di opinione attaccati ai palloncini rossi liberati di fronte alla Torre Eiffel erano quelli di: – Huang Qi, creatore di un sito Internet, condannato a cinque anni di carcere. – He Depu, cyberdissidente, condannato a otto anni di carcere. – Gao Qinrong, giornalista, condannato a 13 anni di carcere. – Yang Jianli, giornalista di un sito Internet, prigioniero in una località segreta. – Yang Zili, creatore di un sito Internet, condannato a otto anni di carcere. – Jae-Hyun Seok, fotografo sud-coreano, condannato a due anni di carcere. Più di 14 anni fa, Reporter senza frontiere ha istituito la “Giornata delle adozioni dei giornalisti prigionieri” in cui si chiede ai media internazionali di sostenere un giornalista prigioniero. Oltre 200 redazioni nel mondo sostengono in questo modo un collega detenuto, chiedono regolarmente la sua liberazione alle autorità che lo tengono prigioniero e si impegnano a dare il massimo risalto mediatico alla situazione del giornalista adottato, per far sì che il suo caso non venga dimenticato.


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