Famiglia

Libere di innamorarci

quando sei musulmana

di Redazione

Ai nostri fratelli è concesso tutto. Noi invece abbiamo l’obbligo di indirizzare il cuore verso ragazzi della nostra stessa religione. Ma a scuola di Fatima non ce ne sono…di Karima Moual
A Fatima nessuno glielo dirà esplicitamente di chi dovrà innamorarsi, perché lo scoprirà crescendo, lo scoprirà vivendo in un Paese occidentale, tra i banchi di scuola, quando il suo cuore batterà per la prima volta, per il ragazzo biondo, occhi verdi della III C. Un ragazzo italiano. È da quel momento più che mai, nell’età dell’adolescenza, che scoprirà di essere “minore”.
Minore soprattutto rispetto al fratello, quando vedrà con i suoi occhi che a lui sarà permesso innamorarsi con spensieratezza di colei per la quale il suo cuore batterà, mentre per Fatima sarà meglio che il cuore batti preferibilmente per un ragazzo “musulmano”. E non importa se nella scuola di Fatima di ragazzi musulmani non ce ne sia neppure l’ombra. Le regole sono chiare. E lei inizierà a sentire il primo peso dell’essere donna.
Nascono o crescono in Occidente, al di là delle frontiere della “dar al Islam”, le nostre piccole donne musulmane come Fatima. Made in Europa piuttosto che in Usa, sono milioni e destinate ad aumentare. E al tempo della globalizzazione queste prime, seconde ed in alcuni casi anche terze generazioni, acquisiscono nuovi usi e costumi riproponendo nuove identità.
C’è però ancora una questione, destinata a crescere con queste generazioni di donne musulmane, che va al di là dell’identità e che non è stata ancora affrontata.
È una questione di “libertà”. La libertà di Fatima e delle altre: quand’è che queste future donne musulmane potranno essere libere di innamorarsi e sposare un “non musulmano”?
La risposta a questa domanda in realtà è un’ulteriore sfida per l’Islam del XXI secolo, ma è una sfida che non può più attendere vista la crescita di generazioni che nascono al di fuori della casa dell’Islam, e che hanno molte più probabilità di innamorarsi dei coetanei italiani, francesi o spagnoli, piuttosto che del ragazzo del paese d’origine.
«È il prezzo dell’immigrazione e anche dell’integrazione», come qualche genitore ha anche già capito, lasciando la decisione alla propria figlia, non senza sofferenza.
Ma ciò nonostante, superato l’ostacolo della famiglia, in realtà ci s’imbatte in un ben più grave ostacolo, quello che fa gridare alla questione di “libertà”. Ancora tutt’oggi, infatti c’è un vuoto legislativo, o meglio una legge che nasconde l’ipocrisia sociale, che vorrebbe il futuro marito della donna musulmana, solo ed esclusivamente musulmano.
Le coppie miste sono molte e in continuo aumento, ma il concretizzarsi di un matrimonio tra una musulmana e uno straniero è condizionato dalla conversione dello straniero all’Islam.
Conversione vera o meno, rimane la clausola obbligatoria per il buon fine del matrimonio, come rimane il dubbio di queste conversioni. Fatte in nome dell’amore o dell’Islam ? È questa l’ipocrisia non più ammissibile nel rispetto della libertà delle persone e dello stesso spirito dell’islam, che non ammette ipocrisia.
Fin quando si fingerà ancora invece di affrontare le sfide del nostro secolo in modo realistico?


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