Economia
Liberalizzazioni ferme, economia a rischio
L’allarme arriva con al relazione annuale dell'Autorità al Parlamento da parte del presidente Antoniuo Catricalà
di Redazione
«Senza concorrenza è a rischio la vitalità, già compromessa, del sistema economico». È l’allarme che giunge dal presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà, che nel presentare la relazione annuale dell’Autorità al Parlamento mette in guardia dalla battuta d’arresto del processo riformatore sul fronte delle liberalizzazioni scivolate via «dalle priorità dell’agenda politica».
Non solo. «Il primo disegno di legge sulla concorrenza», sottolinea Catricalà nell’intervento alla Sala della Lupa a Montecitorio, «non ha mai visto la luce. Questo ritardo è grave; rallenta il processo di ammodernamento del paese; fa perdere la fiducia agli imprenditori che vogliono sfidare i monopolisti e agli stessi controllori». Va recuperato «il tempo perduto», ammonisce il presidente dell’Autorità, indicando nelle ferrovie, autostrade e aeroporti, governance bancaria e assicurativa i settori dove è «prioritario introdurre assetti di mercato realmente competitivi che possano agevolare la ripresa della crescita». Secondo Catricalà, «troppo spesso» le richieste di intervento legislativo dell’Antitrust «vengono ignorate, come è accaduto», osserva, «in sei anni di applicazione della legge sul conflitto di interessi». Il riferimento è al rilievo mosso in più di un’occasione dall’Autorità sul fatto che la legge sul conflitto di interessi dà all’Antitrust gli strumenti per un controllo più formale che sostanziale.
«Abbiamo sostenuto con il legislatore», sottolinea Catricalà, «la necessità di riformare la regolazione economica distorsiva. Talvolta con successo: penso alla radicale modifica della disciplina dello ius variandi nei rapporti bancari, alla portabilità del mutuo, all’istituzione di una pur farraginosa class action, alla liberalizzazione di importanti settori produttivi della vita economica nazionale come il commercio e le professioni. L’Istituto è stato potenziato nelle competenze e negli strumenti procedurali», sottolinea.
«Tuttavia nell’ultimo periodo il processo riformatore si è arrestato e le liberalizzazioni sono scivolate via dalle priorità dell’agenda politica. L’Autorità ha dovuto denunciare pericolosi tentativi di chiusura dei mercati dettati dagli interessi particolari in settori come le farmacie, le assicurazioni, alcune professioni, i trasporti». Quindi la battuta d’arresto costituita, a giudizio del presidente dell’Autorità, dallo stop al ddl sulla concorrenza che, appunto, «non ha mai visto la luce».
Catricalà punta il dito contro alcuni settori, in particolare su banche e assicurazioni. Nel settore Rc auto occorre «intervenire con una riforma di sistema che rilanci la competizione tra le imprese». Nel 2010 ci sono stati aumenti fino al 25%. I primi dati dell’analisi sull’assicurazione per la rc auto «evidenziano una grande differenziazione tra le aree geografiche del Paese: gli assicurati del Sud», ha detto Catricalà, «si trovano a dover corrispondere premi nettamente maggiori rispetto a tutti gli altri, fino al 20%. Emergono su scala nazionale consistenti aumenti dei premi nel 2010, anche del 25% per assicurare un autoveicolo e di oltre il 35% nel caso di un motociclo».
È un problema italiano, ha rilevato il presidente spiegando che «nella zona euro, soprattutto in Francia, gli aumenti sono contenuti. È vero che in Italia è aumentato anche il costo medio dei risarcimenti ma il quadro che risulta», ha proseguito, «è di un mercato in cui le compagnie riversano sui consumatori le maggiori spese derivanti dall’inefficienza». «L’amara sintesi è che il meccanismo dell’indennizzo diretto non ha funzionato e che occorre intervenire con una riforma di sistema che rilanci la competizione tra le imprese».
L’Antitrust accende poi un faro sulle banche sospettate di subordinare la concessione dei mutui alla sottoscrizione di polizze vita «particolarmente costose».
Nella sua relazione il presidente dell’Antitrust fa poi riferiemento alla necessità di aprire le reti ancora parzialmente protette.«Ancora attuale è il tema delle reti. Su chi le possiede in esclusiva grava una speciale responsabilità ma i monopolisti danno l’impressione di volerla eludere: un presunto abuso di posizione dominante è stato contestato al Gruppo Ferrovie, due a Telecom, due a Poste».
Sul fronte dei servizi pubblici locali, Catricalà dice no all’occupazione politica. Il presidente dell’Antitrust spiega come «il referendum sulla privatizzazione del servizio idrico ha portato via con sè anche la liberalizzazione degli altri servizi pubblici locali, l’unica riforma pro mercato della legislatura». «Ciò», prosegue, «non può interpretarsi come una legittimazione del potere politico locale a occupare definitivamente con le aziende municipalizzate tutte le aree economiche: i principi di buon andamento ed efficacia dell’azione amministrativa non sono stati messi in discussione». «A quelle regole», afferma Catricalà, «si devono attenere le aziende pubbliche. In caso di inefficienze e sprechi la via obbligata resta il ricorso al mercato e vigono ancora le norme del Trattato europeo sulle gare per la scelta del miglior affidatario», afferma Catricalà.
Per quanto riguarda l’attività dell’Antitrust infine, l’Autorità ha compiuto un totale di sanzioni per la tutela della concorrenza dal 1 gennaio 2010 al 15 giugno 2011 per un valore di 200 milioni. Vanno aggiunte poi sanzioni per altri 25 milioni derivanti da procedimenti per la tutela del consumatore.
Negli anni 2006-2010, inoltre, gli interventi dell’Antitrust in quattro specifici settori hanno generato risparmi per oltre un miliardo di euro, ha detto Catricalà. Il presidente dell’Antitrust ha così quantificato i risparmi realizzati con gli interventi dell’Autorità che comunque non ha competenze dirette su prezzi e tariffe. «73 milioni», ha detto, «sono riconducibili alle nostre indagini sulla vendita di farmaci da banco; 130 milioni al procedimento sulla pasta; 280 milioni derivano dalle istruttorie sul latte in polvere per l’infanzia; 530 milioni di risparmio sono imputabili all’inchiesta sul gasdotto tunisino».
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