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Libano, inaugura Fadaii: uno spazio per la comunità

Nella piana di Marjayoun apre le porte la “Casa Avsi”, un edificio a tre piani progettato gratuitamente dall’architetto Mario Botta, che sarà punto di riferimento per più di 100mila persone, giovani, donne e bambini dell’area

di Redazione

Il taglio del nastro avverrà mercoledì 5 luglio alle ore 11.00 alla presenza di Nicoletta Bombardiere, Ambasciatrice d’Italia in Libano, Giampaolo Silvestri, segretario generale di Avsi, Charbel Abdallah, Arcivescovo di Tiro, Wissam Jamil El Hayek, Prefetto di Marjayoun, Marina Molino Lova, responsabile Avsi Libano. All’inaugurazione parteciperanno soci fondatori, donatori privati e partner che in questi anni hanno contribuito concretamente al completamento dell’opera.

Fadaii è costruito su un terreno donato nel villaggio di Bourj El Moulok, nella piana di Marjayoun ed è stato pensato fin dal 2019, anno di apertura del cantiere, per dare una dimensione fisica nell’area ad Avsi, un luogo dove la comunità possa “vivere Avsi” per 365 giorni l’anno e non solo in funzione di uno specifico progetto. Il centro si propone come punto di riferimento per più di 100mila persone offrendo risposte ai bisogni concreti della comunità: uno spazio d’incontro per i giovani, servizi psicopedagogici per i bambini e le loro famiglie (grazie a un team di professionisti che comprende assistenti sociali, psicologi, ortofonisti, psicomotricisti e insegnanti), corsi di alfabetizzazione per le donne, formazione professionale per gli agricoltori. Uno “spazio amico” che si modella e cambia a seconda dei bisogni.

«Fada2i in arabo significa il mio universo», racconta Marco Perini, Regional Manager di Avsi, «cioè quello spazio dove ognuno di noi si immagina con piacere o in cui vorrebbe trovarsi, ma che sovente rimane solo un desiderio. Il tentativo di rendere questo sogno una realtà è alla base di questo progetto».

«La costruzione del Fada2i rappresenta una storia di coraggio, passione, resistenza», dichiara Marina Molino Lova, responsabile Avsi in Libano. «I lavori hanno attraversato una pandemia, una crisi economica senza precedenti, l’esplosione del porto di Beirut, però noi non abbiamo mai smesso pur rallentando di andare avanti e costruire».

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