Medio Oriente

Libano, un’altra guerra? Significa la fine del Paese

Dopo gli attacchi dell'esercito israeliano in Libano il bilancio provvisorio è di 274 morti e 1.024 feriti. Non c'è ancora una stima sugli sfollati interni. «Qui è tutto molto caotico e la situazione è drammatica», dice Valentina Corona, rappresentante Paese dell’ong Intersos. «A Sud le strade sono bloccate. Una guerra di questa portata sarà devastante per il Paese»

di Anna Spena

Libano: 274 morti e 1.024 feriti. È questo, stando ai dati condivisi da Firas Al-Abyad, ministro della sanità, il bilancio provvisorio dei raid aerei israeliani che oggi hanno colpito il Paese.

«La situazione è drammatica», dice Valentina Corona, rappresentante Paese dell’ong Intersos. L’organizzazione qui lavora con uno staff di 300 persone, solo l’1% degli operatori sono espatriati. «Non siamo ancora riusciti ancora a raggiungere tutto il nostro staff, molti sono al Sud e stanno evacuando con le proprie famiglie per lasciare l’area più colpita».

Non c’è ancora un bilancio sul numero di sfollati interni, ma già dopo il 7 ottobre 2023, avevano lasciato il Sud del Paese quasi 100mila persone. Da quel giorno infatti, dall’inizio del conflitto tra Israele e Hamas, nel raggio di 10 km dal confine meridionale libanese con Israele, sono iniziati scambi di fuoco quotidiani tra le forze israeliane e Hezbollah: i distretti più colpiti sono stati quelli di Bint Jbeil, Marjayoun, Hasbaya e Tyre. Il confine tra il Nord di Israele e il Sud del Libano, roccaforte di Hezbollah (organizzazione paramilitare islamista sciita e antisionista libanese), da sempre è un lembo di terra caldissimo, da anni è presidiato dalla Forza di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite – Unifil.

«Colpiti più di 300 obiettivi di Hezbollah», hanno annunciato le Forze di difesa israeliane. Stando all’agenzia libanese Nna, gli abitanti di diverse regioni del Libano hanno ricevuto messaggi di avvertimento tramite la telefonia fissa con l’invito ad abbandonare rapidamente i luoghi in cui si trovano.

Il primo ministro libanese Najib Mikati, durante una riunione del governo a Beirut, ha dichiarato: «La continua aggressione israeliana al Libano è una guerra di sterminio in tutti i sensi e un piano distruttivo che mira a distruggere i villaggi e le città libanesi».

«Dopo gli attacchi abbiamo raggiunto Saida, nel Sud», racconta Corona, «ci sono stati dei bombardamenti anche nelle vicinanze. Siamo riusciti a rimanere al massimo 15 minuti. Le scuole sono state chiuse, i genitori portavano via i figli. Poi è iniziato il blocco totale delle strade, mentre le persone cercavano di lasciare la zona. Chi può prova a dirigersi verso Beirut e verso il governatorato del Monte Libano, dove si iniziano ad aprire i primi rifugi. Anche noi come ong stiamo valutando la possibilità di mandare lì una squadra di ingegneri per capire come intervenire per rendere questi rifugi più sicuri e, se ce ne sarà bisogno, fornire kit igienici, beni di prima necessità, materassi e coperte. I media locali parlano di oltre 400 bombardamenti tra Baalbek, la valle della Beeka e tutti i governatorati del Sud. Qui la situazione è molto caotica».

Il Libano da diversi anni sta vivendo una crisi economica e sociale senza precedenti. Nel Paese vivono circa 490mila rifugiati palestinesi, e secondo le stime del Governo il Libano ospita anche 1,5 milioni di rifugiati siriani. Una guerra di questa portata «è devastante per il Paese», spiega Corona. «Il Libano non si può assolutamente permettere di un conflitto di questo tipo. Il Paese, solo per fare un esempio, ha difficoltà a garantire la fornitura dell’elettricità, soprattutto al Sud, figuriamoci se può gestire uno sfollamento». 

Marjayoun, Sud del Libano. AP Photo/Hussein Malla/Associated Press/LaPresse

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