Economia civile
Lezioni di economia relazionale al Festival dell’economia civile
Oltre 40 i panel previsti, 5 eventi pre-festival e 4 momenti artistici, musicali e teatrali, momenti di lectio civilis, dialoghi, laboratori: questo è il Festival dell'Economia civile-Fnec 2023 che si è aperto oggi a Firenze. Nel nome di don Milani e Joseph Stiglitz
per affrontare e vincere gli shock moderni, c’è bisogno di una grande azione dal basso, con la partecipazione di tutti. Il segreto del successo di alcuni territori italiani, infatti, sta proprio nell’intelligenza relazionale. Le parole chiave per affrontare al meglio i problemi, quindi, sono co-progettazione, co-programmazione e collaborazione tra profit, non profit e pubblico: così Leonardo Becchetti, direttore del Fnec e cofondatore di NeXt-Nuova Economia per Tutti, ha aperto i lavori della prima giornata del quinto Festival nazionale dell’Economia civile dal titolo Oltre i limiti: l’impegno che (ci) trasforma.
A cento anni dalla sua nascita, ancora parliamo di don Milani: allora forse l’Italia non è così persa, nonostante la scuola del merito, il consumismo, le guerre, i porti chiusi, possiamo sperare che abbia ancora un’anima diversa e viva
– Luigino Bruni
Obiettivo del Fnec 2023: fornire risposte sostenibili, civili e partecipate agli shock e alle sfide globali nell’era dell’intelligenza artificiale e delle grandi trasformazioni sociali. Il Festival è concepito non come un evento isolato, ma come una tappa di un processo. Il sistema sociale ed economico in cui viviamo è andato oltre i propri limiti e l’economia civile indica una possibile via d’uscita che ha in sé una caratteristica fondamentale: la soluzione non può essere calata dall’alto. Richiede piuttosto l’impegno di tutti, soprattutto dei giovani che saranno coinvolti negli oltre 50 percorsi laboratoriali nonché protagonisti del primo hackathon trasformativo sull’Economia civile, dove studenti, associazioni ed enti locali elaborano idee e proposte con l’obiettivo di trasformare le periferie e le aree considerate “marginali” in Italia.
Dopo i saluti iniziali di Leonardo Becchetti e Alessandra Petrucci, rettrice dell’Università di Firenze, spazio alle lectiones civiles con lettura dei brani di don Milani e introduzione da parte di Luigino Bruni, presidente della Scuola di Economia Civile.
Bruni sottolinea la centralità dei temi economici nel percorso di don Lorenzo Milani: «Don Milani non era solo un grande teorico e pratico dell’educazione dei giovani, ma anche un profetico critico del capitalismo che ha visto prima degli altri cosa l’Italia stava diventando con il boom del dopoguerra», dice Bruni alla platea della sede Novoli dell’Università di Firenze. «Mentre gli economisti guardavano il miracolo del made in Italy, don Milani vedeva emergere una nuova legge, quella del bene dell’azienda e vedeva che non c’era una fabbrica dove si rispetta il lavoro, come quella che Cristo si sarebbe aspettato. La fabbrica vuole un ragazzo, lo spreme e, se potesse, domani ne farebbe anche a meno: la stessa cosa che sta accadendo oggi con i robot», precisa Bruni che chiosa «A cento anni dalla sua nascita, ancora parliamo di don Milani: allora forse l’Italia non è così persa, nonostante la scuola del merito, il consumismo, le guerre, i porti chiusi, possiamo sperare che abbia ancora un’anima diversa e viva».
«Dov’è il Piemonte?» è la domanda spiazzante che lo scrittore Eraldo Affinati ha posto alla sala tenendo una lectio civilis relativa ai temi del sistema educativo. «Questa domanda dimostra quanto è sbagliato il sistema che non adatta l’insegnamento alle caratteristiche di ciascuno, quanto è sbagliato propinare i test Invalsi, quando è sbagliata la scuola del merito. Questa scuola sta andando in direzione opposta rispetto a quella indicata da don Lorenzo Milani, con valutazioni standardizzate e uguali per tutti. Cosa conta a scuola? Il priore di Barbiana avrebbe detto che conta la qualità della relazione umana, la costruzione di un clima di reciproca fiducia senza la quale nulla potrai fare. Oggi ci sono tanti don Milani nel mondo, li ho visti in un maestro africano ai margini di un villaggio, negli educatori che a Berlino fanno giocare a calcio i naziskin, nelle suore di madre Teresa che in India accolgono giovani cerebrolese. Per parlare ai ragazzi serve che la parola sia frutto dell’esperienza vissuta, non delle nostre elucubrazioni mentali», conclude Affinati incantando la platea.
Sul tema scuola, insegnamento, educazione, testimonianza importante è arrivata da Eugenia Carfora, preside dell’istituto tecnico e alberghiero di Caivano: «Si può cambiare. Sono lì da 16 anni e non ho fatto altro che quello che sentivo dentro. Non so se è quello che intendeva don Milani. Sono venuti a dirmi che a Caivano gestivo la cosa più brutta d’Italia, sono parole che mi porterò dentro fino alla morte. Mi hanno dato un fazzoletto di terra deserto nel 2007, dove la scuola, che è la casa dello Stato, era abbandonata, degradata e sporca. Per prima cosa mi sono messa a pulire: alcuni hanno pulito con me, altri se ne sono andati. Oggi la mia scuola è bellissima. Poi denunciavo troppo, parlavo troppo, perché tutti sanno ma fanno finta niente, e mi hanno trasferita: una nuova scuola, con 14 pittbull che controllavano gli ingressi, i materassi e le siringhe in terra. Oggi c’è una scuola che funziona, i ragazzi sono bravissimi e li vogliono ovunque per gli stage, c’è un albergo a 4 stelle. Adesso vogliamo l’università di agraria, vogliamo fare la serra idroponica dove c’erano le pistole nascoste sottoterra, vogliamo rimettere a posto le case vuote per gli studenti: venite a studiare qui, non andate all’estero, riprendiamoci ciò che è nostro», dice la preside Carfora.
La scuola deve coltivare la pluralità dei legami dell’individuo mentre, purtroppo, fa il contrario coltivando l’individualismo e la competitività: questo è devastante
– Cesare Moreno
Sempre da Napoli, l’esperienza di Cesare Moreno, presidente di Maestri di Strada onlus: «Siamo segugi e cerchiamo le tracce dell’umano dentro una giungla priva di odori. L’umano si può rintracciare nelle periferie e bisogna tenere a mente che qualsiasi individuo, anche se è solo, si può prendere cura del mondo intero. We care è lo slogan alla base dell’economia circolare: se non abbiamo un pensiero circolare, l’economia circolare sarà una barzelletta. È ecologica l’auto elettrica? Sì, ma sono ecologiche le miniere da cui si estraggono le materie prime necessarie per fare le batterie? È ecologico lo sfruttamento dei lavoratori in queste miniere? We care significa tenere conto di tutto questo, avere un pensiero circolare. Allo stesso modo, la scuola deve coltivare la pluralità dei legami dell’individuo mentre, purtroppo, fa il contrario coltivando l’individualismo e la competitività: questo è devastante. Lo abbiamo visto bene durante la pandemia quando le scuole sono state chiuse: il disastro non è stato perdere i capitoli di storia e di geografia, ma il sistema di relazioni nel quale i ragazzi sono immersi e che permette loro di conferire significato alla realtà».
È intervenuta nel panel anche Laura Biancalani, direttrice generale della Andrea Bocelli Foundation: «Il tema della ricerca, dell’imparare facendo, del contatto con la realtà e l’ambiente, della relazione con pari ed esperti, il valore della collaborazione e del confronto, il viaggio come risorsa formativa, sono alcuni dei tanti principi ispiratori che l’azione educativa di don Milani ci ha trasmesso».
Per lo spazio laboratori, il tema scelto dal Fnec è Le periferie al centro: promuovere processi di sviluppo (realmente) sostenibile del territorio in una modalità innovativa. Giovani e imprenditori insieme per rilanciare i territori e per elaborare idee e proposte ispirate al paradigma dell’economia civile: focus, rigenerare le periferie e le aree considerate “marginali” presenti nei nostri territori.
Ospite della prima giornata del festival Joseph Stiglitz, economista e vincitore del premio Nobel per l’economia nel 2001: «Discutiamo spesso di trovare un equilibrio tra stato e mercato, tra pubblico e privato ma dobbiamo prendere in considerazione anche altri fattori: negli Usa i college che hanno più successo sono quelli che si basano sulla collaborazione con le Fondazione e durante la crisi del 2008 le uniche banche che continuavano a funzionare erano le banche cooperative. Questo dimostra che dobbiamo andare oltre la divisone fra pubblico e privato e coinvolgere la società civile ed è più semplice partire dal livello locale, dove ci sono le maggiori opportunità e le maggiori speranze. L’obiettivo dell’istruzione oggi non è riversare conoscenze negli individui, con internet abbiamo accesso alle informazioni: quello che serve è imparare a distinguere tra ciò che è vero e ciò che non lo è. Lo abbiamo visto negli Stati Uniti, lo avete visto anche in Italia con i no vax e con altre teorie cospirazioniste: l’obiettivo dell’istruzione nel ventunesimo secolo è insegnare a distinguere ciò che è vero da ciò che è falso», ha detto Stiglitz.
Reagisce immediatamente, il sindaco di Firenze, Dario Nardella alle parole del premio Nobel: «Il motore per combattere le diseguaglianze è l’innovazione sociale, Stiglitz ci invita a non vedere come ineluttabile la digitalizzazione e a vedere la tecnica come un mezzo e non come fine ultimo. Se lo facciamo possiamo essere degli innovatori sociali e i giovani possono essere protagonisti dell’innovazione sociale, anche nell’indicare le priorità dell’agenda pubblica. Da sindaco ritengo che la dimensione politica e istituzionale per l’innovazione sociale è quella delle città, non degli stati nazionali: le grandi sfide della globalizzazione sono tutte dentro le nostre città».
tutte le foto di questo articolo sono state gentilmente concesse a VITA dall’Ufficio stampa del Festival nazionale dell’Economia civile
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