Non profit

L’exit strategy Angelo Ferro: «L’impresa sia comunità, speculare non serve a nessuno»

Parla il presidente degli imprenditori cristiani

di Riccardo Bonacina

Ad Angelo Ferro non piacciono le cose facili. Padovano, classe 1937, è infatti tante cose contemporaneamente, ancor di più da quando è in pensione. Docente universitario, imprenditore di successo, membro del consiglio di amministrazione di Rcs e di Società Cattolica di assicurazioni, è presidente della Fondazione Oic – onlus, Opera Immacolata Concezione, ente che accoglie oltre 2.300 anziani. Dal 2004 è anche presidente dell’Unione cristiana imprenditori e dirigenti e prova a rispondere ad una domanda davvero capitale: cosa significa essere dirigenti e imprenditori cristiani nell’epoca della globalizzazione e negli anni della crisi? Lo fa attraverso convegni, momenti di formazione e un Rapporto – La coscienza imprenditoriale nella costruzione del bene comune – che è stato presentato a Genova e raccoglie, in quasi mille pagine, riflessioni, interviste, schemi di valutazione, esempi positivi di innovazione e storie di responsabilità imprenditoriale.
Il sottotitolo del Rapporto recita: «Abitare l’impresa e la professione con lo sguardo di fede». Ma è davvero possibile?
L’Ucid è un ambito che rende possibile il confronto tra diversi percorsi di impegno di persone che aderiscono a una carta di valori che cerca di orientare i comportamenti economici e le responsabilità che si esercitano provando a rivalutare le attività di impresa umanizzandole.
In che modo?
Troppo spesso anche in ambito cristiano l’impresa è stata vista o come mero motore di ricchezza slegato da meccanismi di redistribuzione oppure solo come ambito e luogo di lavoro dipendente. Si stanno superando queste visioni novecentesche e per fortuna si comincia a guardare all’impresa come ad una comunità operosa di persone. Comunità che crea e che dà sistematicità a questa creazione con efficacia ed efficienza, unendo risorse diverse, capitale e lavoro, anime e corpi.
Veniamo al Rapporto 2010/2011…
Il secondo Rapporto ha quattro parole chiave che sintetizzano la nostra missione: discernere, partecipare, accompagnare e formare. Imprenditori e dirigenti, tanto più se cristiani, devono avere coscienza di quanto oggi gli squilibri siano aumentati e devono trovare strade capaci di coniugare sviluppo e giustizia. C’è così tanto da fare, per esempio capire che il circuito virtuale tra finanza e credito ed economia reale si è rotto, la finanza viaggia per conto suo, perciò dobbiamo riappropriarci della chiave dello sviluppo, inventando meccanismi e iniziative che ci permettano vie nuove. Bisogna innovare per riportare la finanza al suo ruolo strumentale e non più a logiche speculative. Da questo punto di vista, l’investimento simbolico di Ucid nel percorso di quotazione di Vita segnala la necessità di innovazione in questa direzione e sottolinea la vostra strada originale.
Concretamente, noi individui cosa possiamo fare per cambiare?
Nel Rapporto non diamo criteri apodittici o astratti, ma raccogliamo e raccontiamo di esperienze in atto, esempi di strategie aziendali per il bene comune. Raccontiamo la storia di una multinazionale che, avendo sovrabbondanza di spazi, li cede a cooperative dando vita a 70 nuovi posti di lavoro. Le storie di Federico Vizioli, manager, o di Guido Beretta, imprenditore. Le storie di Sandro Grespan, di Carlo Mucignat e di Antonio Maria Bardelli. Decine e decine di esperienze dal basso che dicono che ciascuno può fare qualcosa per cambiare.


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