Cultura
L’evento che rivoluzionò il parto cesareo
Dietro le vicende del parto cesareo moderno si nasconde il nome di Edoardo Porro che nel 1876 cambiò radicalmente la storia della chirurgia ostetrica e i destini di migliaia di donne. Ne parliamo con Paolo Mazzarello, storico della medicina, autore di "E si salvò anche la madre" (Bollati Boringhieri, 2015) che ricostruisce la vicenda di questa scoperta
di Marco Dotti
Sic transit gloria mundi. Ma per alcuni, la gloaria passa troppo in fretta. Chi ricorda, oggi, il nome di Edoardo Porro (1842-1902)? Persino nei trattati di storia della medicina, un rapido cenno al metodo, messo a punto nel 1876 dall'allora primario ostetrico dell'Ospedale San Matteo di Pavia, sembra bastare.
Ma dietro tecniche, metodi, rivoluzioni (e quella del "metodo Porro" fu una vera rivoluzione) ci sono storie, spesso storie minime, capaci però di incidere sul corso di una società ben più profondamente di tante, celebrate scoperte. La vicenda di Porro torna ora alla luce grazie a un attento e appassionante lavoro di Paolo Mazzarello, che insegna storia della medicina all'Università di Pavia, e ha da poco pubblicato un libro molto bello: E si salvò anche la madre (Bollati-Boringhieri, 2015).
Abbiamo incontrato il professor Mazzarello nelle sale del Museo dell'Università di Pavia, tra reperti e documenti di scienziati – tra i ritratti di Volta e Golgi, Spallanzani e, non ultimo, Porro – che hanno segnato secoli di ricerca.
Professor Mazzarello, ci racconta come è nato il suo interesse per Porro?
Paolo Mazzarello: La mia ricerca è nata e sostanzialmente da alcuni oggetti conservati nel Museo per la Storia dell'Università di Pavia che ho diretto per cinque anni. Ogni giorno, entrando nel museo mi imbattevo in alcuni strumenti e nell'utero della prima donna sottoposta a taglio cesareo: Giulia Cavallini.
Gli specialisti e gli ostetrici ricordano che, poco dopo la metà del XIX secolo, un italiano di nome Edoardo Porro aveva realizzato un intervento definito "amputazione utero ovarico cesarea". La mia curiosità parte da quegli oggetti e dal desiderio di capire la storia che dietro vi si nascondeva. Una storia che lega un chirurgo alla sua paziente. Con meraviglia ho scoperto che la storia di Edoardo Porro era molto più importante si quanto fosse mai stata considerata. È vero che quello da lui praticato non è il taglio cesareo definitivo che, poi, si diffuse universalmente, ma è altresì vero – ecco il punto – che con Porro nel 1876 per la prima volta si mise a programma di lavoro – non affindandosi al caso, ma alla scienza – la possibilità non solo di salvare il bambino, ma anche la madre. Un fatto epocale, di cui dobbiamo capire l'importanza.
Per questo possiamo parlare di una vera rivoluzione. Ricordiamo, inoltre, che Porro non era un banale sperimentatore, ma un vero pioniere. Si ammalò di sifilide durante un'operazione e continuò a lavorare in condizioni precarie, fino a che la malattia ebbe la meglio. Questo ci riporta al tempo in cui "innovazione" non era una parola vuota, ma una pratica aperta al rischio…
Paolo Mazzarello: Esattamente. L'intervento eseguito per la prima volta il 21 maggio del 1876 da Edoardo Porro cambiò radicalmente lo scenario. Fu una rivoluzione di tipo chirurgico e ostetrico, ma anche umana. Da qui nasce infatti la possibilità di pensare a nuovi progressi che, ulteriormente, migliorassero le possibilità di sopravvivenza e del bambino e della madre dopo un intervento chirurgico.
Il taglio cesareo, però, risale alla notte dei tempi, se così possiamo dire…
Paolo Mazzarello: Nell'antichità, il taglio cesareo veniva applicato post mortem. Morta la madre, immediatamente si cercava di salvare il bambino. Nel Medioevo, ci furono diversi pronunciamenti delle attività ecclesiastiche e di eminenti teologi che consigliavano o prescrivevano di intervenire immediatamente dopo la morte, per estrarre il bambino e poterlo battezzare evitandogli il limbo. Lo scopo era offrire al bambino la possibilità, tramite battesimo, della salvezza eterna.
In epoca moderna, invece, che cosa accade?
Paolo Mazzarello: In epoca moderna, la storia del taglio cesareo su donna viva parte sostanzialmente dal 1500, quando un francese, François Rousset, pubblica un libro in cui afferma che è possibile operare anche su donna viva, ma senza suturare l'utero.
È stato Rousset a introdurre il termine "cesareo" nel 1581..
Paolo Mazzarello: Nel suo libro, Rousset impronta il termine "cesareo" sia a Caesar, sia a caedere, tagliare. Rousset riteneva che l'utero, grazie alla sua capacità di contrazione, fosse in grado di bloccare l'emorragia e rimarginarsi da sé. Cosa non vera, che ha portato alla morte centinaia o migliaia di donne, anche perché la tecnica descritta da Rousset è stata fonte di ispirazione per almeno tre secoli di pratica chiururgica.
Fino alla metà dell'Ottocento?
Paolo Mazzarello: Fino a quando Edoardo Porro rivoluzionò tutto. Tutti gli interventi su donna viva compiuti fino ad allora portavano la donna al decesso, sostanzialmente per due motivi: da un lato le emorragie post parto, subito dopo il taglio; all'altro, nei rari casi in cui la donna non moriva di emorragia, per le sepsi che partivano proprio dall'utero.
Qualche donna, occasionalmente, sopravviveva, ma non si capiva perché. Questa la situazione che sostanzialmente si presenta a Edoardo Porro quando gli arriva questa donna, Giulia Cavallini, affetta da rachitismo è giunta al termine della sua gravidanza. Nella lunga storia del San Matteo di Pavia – storia che ha più di cinque secoli – non si era mai registrato un caso di donna sopravvissuta a un intervento di parto cesareo. Nel 1876 cambia tutto e si apre una nuova fase. Porro salva la madre e salva il figlio, non affidandosi al caso, ma a un metodo.
Cambia anche dal punto di vista etico…
Paolo Mazzarello: Ricordiamo che nel 1745, un sacerdote palermitano, Francesco Emanuele Cangiamila, aveva dato alle stampe un volume dal titolo Embriologia sacra. Cangiamila diede grande impulso alla diffusione della conoscenza del taglio cesareo post mortem, prescrivendo per i sacerdoti di intervenire direttamente, in mancanza di un medico o di un ostetrico, per salvare il bambino e comunque battezzarlo.
Lo scopo era la salvezza eterna del bambino, ma il lavoro di Cangiamila fu importante per evitare – ad esempio – che con le madri morte venissero sepolti anche i bambini vivi che portavano in grembo. L'Embriologia sacra di Cangiamila venne tradotta in molte lingue e, pur colpendoci per la sua ferma visione teologica, sorprende per la concretezza della trattazione, quasi da manuale chirurgico, con specifiche annotazioni pratiche e consigli su come il chirurgo o chi operava in sua vece dovesse operare.
Poi arrivò Porro e si laicizzò la questione?
Paolo Mazzarello: Come sempre, la storia è complessa. Come è complessa la figura di Porro: si laurea a Pavia nel 1865, immediatamente diventa garibaldino. È cattolico con una fede molto forte, ma combatte contro il potere temporale del Papa. Lo troviamo a Bezzecca, poi a Mentana con Garibaldi, sempre nel tentativo di abbattere il potere pontificio. Un personaggio complesso, conflittuale nelle proprie scelte. Esercita per alcuni anni a Milano, diventa ostetrico e torna a Pavia dove vince la cattedra di ostetricia all'Università, nel 1875.
Dal 1875 si apre uno scenario nuovo, tanto per la vita di Porro quanto per i progressi della medicina…
Paolo Mazzarello: Porro osserva che quando si praticava una chirurgia laparotomica addominale non durante lo stato gravidico (per operare tumori o cisti), se si era veloci e non si infettava troppo l'addome, spessissimo la donna riusciva a sopravvivere. Invece, lo stesso tipo di intervento nella gravidanza invariabilmente portava alla morte. Porro comprende allora che non è, in sé e per sé, l'apertura dell'addome il problema. C'è qualcosa che è legato allo stato gravidico. L'utero diventa la fonte in primo luogo delle emorragie, in secondo luogo delle sepsi. Porro, dopo il suo percorso di osservazioni cliniche, immagina un intervento che possa eliminare tanto le emorragie, quanto l'elemento septico.
L'idea geniale qual è?
Paolo Mazzarello: Porro così la intuisce: apro l'addome, apro poi la parete dell'utero, estraggo il bambino, blocco il collo dell'utero fermando così l'emorragia (perché tutta la vascolarizzazione che arriva all'utero passa di lì), taglio il collo dell'utero e lo rimuovo e per evitare infezioni abbocco il collo dell'utero all'esterno.
La donna, però, diventa sterile…
Paolo Mazzarello: Non è solo il male minore, ma il male necessario per salvare la donna dall'emorragia. È c'è anche una necessità ulteriore: queste donne avevano poi il bacino deformato e non dovevano più rimanere incinta, in caso contrario sarebbero morte. Capisce che Porro ha una visione dell'uomo che non si riduce al tecnicismo cieco…
Le salva due volte, in sostanza, e se consideriamo contesto e tecniche dell'epoca non è cosa da poco…
Paolo Mazzarello: Esattamente. Con un ragionamento a mosaico, Porro ricompone sia la sua storia personale di medico che era intervenuto praticando la laparotomia addominale, sia tutto ciò che nel corso dei secoli la letteratura scientifica aveva prodotto. Una vicenda incredibile, se ci pensiamo.
Per Porro, quindi, la donna non è sacrificabile e la riporta al centro della sua visione e, di conseguenza, della sua pratica…
Paolo Mazzarello: Dopo il suo primo intervento, Porro fa una comunicazione ad un congresso e pubblica un lungo saggio in cui descrive l'evoluzione di quello che diverrà un vero e proprio metodo. Porro viene immediatamente accusato di aver realizzato un "intervento immorale". Immorale perché sterilizza la donna. Sterilizzando la donna, le toglieva la capacità generativa. In linea teorica, una donna avrebbe potuto sopravvivere con un intervento di taglio cesareo classico senza rimozione dell'utero e, quindi, senza sterilizzazione.
Porro era cattolico, non si pose il problema?
Paolo Mazzarello: Certo che se lo pose. Porro però fece una cosa semplice: andò dal vescovo di Pavia, Monsignor Parocchi, figura molto influente e rispettata. Monsignor Parocchi lo stette a sentire e poi si pronunciò, affermando che, in fondo, nelle cappelle romane si sono sempre fatti cantare i castrati. A maggior ragione, affermò il monsignore, possiamo farlo con una donna se si tratta non di preservare un diletto musicale, ma di salvar due vite. La vita della donna e la via del bambino che ha in grembo.
Un ragionamento capzioso che, però, non fa una piega dal suo punto di vista..
Paolo Mazzarello: Con questa argomentazione "comparativa"il problema morale di Porro viene risolto. Non solo per Porro, perché il metodo si diffonde e l'opinione di monsignor Parocchi viene richiamata a preventivo sostegno. È interessante questo fatto, perché il caso-Porro è forse uno dei primi, nella storia della medicina, in cui un progresso apre immediatamente un nuovo problema etico. Questo tipo di schema (un progresso che apre un nuovo problema etico) si riprodurrà infinite volte in seguito. Oggi noi leggiamo in maniera e con diversa sensibilità il caso bioetico di Porro, ma per capirlo a fondo non dobbiamo dare per scontate troppe cose.
Risolti i dubbi, il metodo Porro si diffuse solo in Italia o anche fuori dai confini?
Paolo Mazzarello: Divenne un metodo diffusissimo ovunque a livello mondiale, dal 1876 per vent'anni almeno. Poi si diffuse il metodo moderno che consentiva di salvare l'utero. Tuttora, però, il metodo Porro può essere applicato in casi estremi, quando a seguito di un intervento di parto cesareo, in condizioni difficili o per condizioni non prevedibili, si verifica una emorragia massiva, l'unico modo per fermarla è quello. È chiaro che, in queste condizioni, si aprono questioni medico-legali enormi per il chirurgo, ma date certe condizioni, se si vuole salvare la vita della donna e non c'è altra via, non resta che il metodo Porro. Metodo che,ovviamente, non viene più applicato per il parto cesareo, anche perché le infezioni oramai sono un rischio ridotto grazie agli antisettici e agli antibiotici, ma resta come possibilità tecnica estrema in condizioni di emergenza estrema quando il secondo problema che Porro si era prefisso di risolvere – l'emorragia – non è altrimenti arginabile.
Stranamente, però, il nome di Porro resta nascosto tra le pieghe della storia…
Paolo Mazzarello: Porro attuò una rivoluzione. Una rivoluzione che permise di salvare moltissime donne. Nella lunga storia dell'Ospedale San Matteo di Pavia, quella di Porro è forse la più grossa rivouzione chiururgica mai messa in atto. La più grande innovazione che ha cambiato la chirurgia ostetrica a livello mondiale. E anche la visione di questa chirurgia. La possibilità di salvare la donna non era data così per scontata allora. La storia della medicina ha a che vedere con momenti decisivi, come la vita e la morte, nella vicenda degli uomini. Proprio per questo, la storia della medicina è un accesso privilegiato per comprendere l'umano. È un'esplorazione quasi antropologica nelle storie di esseri umani che si vedono reagire nei momenti oiù duri della propria vicenda.
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